Occorre qui l’esser precisi su cosa s’intenda per “simulazione”.
Essa **non vuol dire** “cosa che non ha effetto (su di te)”, perché ne ha, oh se ne ha! Vuol solo dire che trattasi di una costruzione “seconda”, cioè che necessita di un qualcosa si preesistente, al quale si aggiunge, pian piano crescendo, arriva poi a sostituire quel qualcosa sul quale s’ “installava” all’inizio.
Questo vuol dire. Per cui, quando Baudrillard sosteneva che “l’11 Settembre ‘era una simulazione’” non significava che non era successo, ma che l’evento simulato – costruito su dei “device” digitali – avrebbe coperto così tanto l’evento stesso fino al punto in cui “l’evento” era completamente “annullato”, “mangiato” dalla sua riproduzione digitale. Come poi è stato. E dov’è la “realtà”, dunque? Ecco il problema.
Simula e simula, giunge – fatalmente – il punto in cui la simulazione copre completamente, la cosa iniziale, che riproduceva al’inizio. Ecco il “circolo vizioso” che porta all’ “assenza di senso” (“buco nero del senso”, Baudrillard), e ch’è un “delitto perfetto”; e “delitto perfetto” perché?, perché completamente autoreferenziale. Ed “autoreferenziale” significa solo questo: si riferisce a se stesso, espellendo dalla sua logica fondante ogni altra considerazione, che c’è, ch’esiste, ma è “in effettuale”, che significa: privo di effetti. “Ineffettuale” vuol dire: non tocca i meccanismi di funzionamento – “cibernetici” e per nulla “etici” – dello stesso System.
Quelli che hanno messo in moto la Grande Macchina sono i veri “colpevoli” del “delitto perfetto”, e **non** chi crede di poterla gestire – la “Big Machine” – perché non la gestisce affatto: non è in grado di gestire la Macchina. La complessità della Macchina va oltre qualsiasi capacità umana, e la “Megamacchina” si sta sempre più autonomizzando, in “armonia” (termine ironico) con il postulato fondamentale: il funzionamento “cibernetico”. E “cibernetico” (ci vorrebbe la ypsilon, che l’ iper semplificazione linguistica italiana c’impedisce d’usare, ahi noi) deriva dal greco kybernètes, “pilota”, vale a dire: Il “Mega System” si auto pilota, si autoregola, vale a dire che ha un meccanismo di autoregolazione che sta nel “programma” – codificato – fondamentale, “di default”, come dicono gl’informatici. Tutto ciò è già, ora. Semplicemente, popoli, sedicenti governanti, democrazie, filosofie, religioni ecc. ecc., non hanno mai, ma proprio mai, preso atto della realtà. Ed allora, simulazione ha un altro senso: realtà virtuale che si basa sui fantasmi – simulatio et simulacra – di cose passate, la cui esistenza fantasmatica viene prolungata in modo artificiale (peraltro in antico, i “simulacri” erano le immagini degli dèi, sotto forma di statue).
Sono immagini che si agitano e si riferiscono ad altre immagini, l’ “origine” non c’è più, peraltro in perfetta conclusione della modernità, che nasce dal rifiuto dell’ origine del potere, del potere politico, attenzione: la modernità nasce dalla politica, come crisi del modello medioevale, solo dopo, pian piano, si estende ad altri àmbiti, soprattutto con l’emergere della borghesie, sempre più forti.
Ma la borghesia non sarebbe potuta emergere se non vi fosse stato uno spazio: senza spazio – “liberatosi”[1] – non avrebbe potuto occuparlo.
In una parola: le cose sono andate all’opposto di come la pensano le interpretazioni più note.
La “realtà” moderna, essendo virtuale, perdura solo come simulacro. Un tal esito non è casuale, in realtà. Non solo, un esito siffatto – della vicenda moderna – porta, fatalmente, alla “Grande Parodia”, perché il “falso” (essenziale, non accidentale) fa parte in maniera strutturale del sistema di oggi. Quest’ultimo, poi, essendo instabile, deve portare ad altro, sennò collassa.
Non conosco persona che, vedendo un’immagine sul suo cellulare, si renda conto che è una simulazione – un’immagine, costruita “artatamente” (ad “arte”, ma in greco antico “tecnica”[2] ed “arte” nel senso di artigianato, erano designati con la stessa parola: “tèchne”) –, non un’immagine “vera” (fermo restando che un’immagine, secondo alcuni, è già una realtà staccata dall’oggetto che “rappresenta”, vero: ma è ancora “referentesi” all’oggetto, quando diventa la simulazione della rappresentazione la cosa prende una svolta notevole; non solo, ma la simulazione della rappresentazione simula se stessa virtualmente in un numero indefinito di copie, che non chiamerei più riproduzione bensì “replicazioni”, eh sì, come i virus …).
Ci sarebbe molto altro da dire, ma ci si ferma qui, lo scopo essendo soltanto quello di chiarire che il fatto che i simulacri siano “falsi” non vuol dire ch’essi “non hanno effetto”; i simulacri non son “falsi” in tal senso: sono falsi in tutt’altro senso, dunque. Un sistema “falso”, in tal senso, si diffonde come “vero”, ma il punto si è che tal sistema non è in grado di poter distinguere un comportamento simulato da uno “vero”, come s’è detto: reagisce sempre allo stesso modo …[3]
Andrea A. Ianniello
[1] In realtà, fu collasso interno ai modelli medioevali. Perché, per come, sarebbe interessantissimo dibatterlo, in particolare in questo blog, ma ci porterebbe troppo lontano.
[2] Potenza della tecnica? O grande impotenza, pur nella potenza? Certo, la tecnica applicata alla medicina può produrti un vaccino in un anno solo, può combattere il virus – il Sars-Cov2 che produce il Covid-19 – ma non può arrestarne la circolazione, né controllarlo, cosa che puoi fare con dei mezzi “medioevali” (quarantena eccetera) con tutt’al più mezzi moderni, la mascherina della fine del XIX e dell’inizio del XX.
Può dunque combattere il virus, ma non arrestarne la circolazione. Non è un segno fra i più preclari?? Domanda retorica …
Quindi grande potenza, sì, il vaccino funziona, punto, non c’è dubbio, ma potenza nell’ **impotenza**, una potenza – quella della tecnica – che non aiuta le società, ed anche questo è molto interessante da notarsi, ma sa solo aiutare se stessa nel replicarsi. Il problema della tecnica sono i suoi fini, la sua natura, la sua sostanza, ciò ch’essa **è**, non i suoi mezzi.
[3] Di tal tema s’è detto in un post precedente, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2021/01/il-digitale-in-realta-e-lo-scacco-alla.html,
la citazione di cui alla nota n°1 a pie’ pag., che vuol dire che la citazione sta nel corpo del post e la sua “origine” – la sua fonte – sta nella nota n°1 a pie’ pag.
Come mai la modernità è ossessionata dalla “fonte” quando rifiuta l’origine? Perché non conosce la sua “origine” – ch’è una negazione – ed dunque deve “compensare” nel senso della “supercompensazione” … Di qui la “fixe” della “fonte”, come se potesse davvero esistere il “documentochetuttospiega” … La fonte non è l’origine, l’origine non è mai in un appoggio meramente “materiale”, mi scuso per l’uso di tale parole, ormai al limite dell’osceno. Dunque la fonte vorrebbe compensare il fatto che si rifiuta l’origine, l’interrogativo su di essa, molto ingombrante, fastidioso e che lascia poche opportunità di soluzione. Ma, purtroppo, l’esistenza, anche certissima, di una fonte non compensa l’assenza d’origine. Questo è quanto.
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