domenica 29 novembre 2020

Ripubblicazioni, 2

 

Spacchetto in tre parti un precedente post.

 

Prima Parte

 

 

martedì 24 novembre 2020

Detti utili (in due sezioni, 1 e 2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.

 



“Qualsiasi tentativo di escludere l’ ‘irrazionale’ è irrazionale. Qualsiasi strategia […] totalmente ‘razionale’ è supremamente irrazionale” (J. Cage, Silenzio, Feltrinelli 1971, p. 37).

 

 


“Le dittature controllano la gente con la violenza o con la minaccia della violenza per limitarne le capacità di azione. Le moderne democrazie controllano la gente attraverso una propaganda sofisticata, manipolando il pensiero. Il titolo di un libro di Noam Chomsky, La fabbrica del consenso, lo riassume bene. Ci preoccupiamo per le armi di distruzione di massa ma dovremmo essere altrettanto preoccupati per le armi d’illusione di massa (o per le armi di distrazione di massa), più insidiose e più difficili da scoprire” (D. R. Loy, Denaro, sesso, guerra, Karma, Ubaldini 2009, p. 115). “In passato si poteva ignorare la pubblicità, ma la recinzione dei territori cognitivi comuni significa che le pubblicità sono ovunque rivolgiamo la nostra attenzione. A meno di non stare meditando in una grotta sull’ Himalaya, dobbiamo elaborare migliaia di messaggi pubblicitari ogni giorno” (ibid., p. 114). In tempi d’ “infodemia”, ciò si è mostrato nella piena sua potenza, il peggior virus.

 

 

 


“Charles Malik, un brillante statista libanese, in occasione di un discorso al Dartmouth College nel 1951, disse: ‘Le sfide che il mondo occidentale deve affrontare sono essenzialmente tre: la sfida del comunismo, quella dell’ascesa dell’Asia e quella dei fattori interni di disgregazione’. La prima sfida è stata affrontata. La seconda incalza ora l’Occidente, e in particolare l’America” (R. Halloran, in “So Levante”, Quaderno de “L’Internazionale”, 1996, p. 19, grassetto mio). Si osservino le date riportate: 1951 e 1996, sono temi vecchi Direi che la differenza tra dieci-undic’anni fa [2007 … !!] ed oggi  questa: i “fattori interni di disgregazione” sono esplosi. Ora, rispetto a tutto ciò, nessuna classe dirigente è attrezzata perché tali problemi son globali, mondiali e nessuna classe dirigente “nazionale” può affrontarli da soli. C’è un’impasse di base, non c’è una vera soluzione a tali problemi. Non solo, ma la fine del comunismo, per ironia della storia, ha dato inizio alla precipitazione della crisi globale. […] La storia, che credevate dalla vostra parte, non ha gradito l’omaggio. Era già giugno. Voglio dire: era qualcosa di già datato e fuori tempo. “Come ogni movimento politico di massa, la Rivoluzione culturale ha prodotto i suoi manifesti di propaganda. Anche i Boxer del 1900 avevano manifesti di questo tipo: erano anche loro postmoderni?” (China News Analysis, in ibid., p. 101).

 

 

 “Forse è più facile cominciare col dire cosa non è la democrazia in Asia. Non è sicuramente il trapianto di una serie di valori nati dall’esperienza storica europea e modellati sul concetto euroamericano di come dovrebbe essere una società ideale. […] Non esiste una definizione universale del concetto di democrazia, nonostante i suoi campioni euro-americani insistano nel sostenere il contrario. Un appello ai doveri nei confronti dei proprio antenati sarebbe accolto con perplessità alla Camera dei comuni britannica. E altrettanto incomprensibile per un vero democratico cinese risulterebbe la pretesa che i diritti inalienabili dell’individuo avessero la precedenza sul bene comune. […] L’esempio più evidente di tale sciovinismo intellettuale è quello di far coincidere la democrazia con le elezioni. In ogni società, il modo in cui vengono scelti i suoi rappresentanti è fondamentale per la democrazia, ma mentre in Europa e nell’America del Nord esso la definisce, in Asia ha solo un valore parziale. Non è necessario dare tante spiegazioni per giustificare quest’affermazione così contraria al modo di vedere le cose euro-americano” (Asiaweek, in ibid., p. 52).

“Ma ammettiamo il loro punto di vista. Accenniamo per il momento l’idea che delle elezioni libere e corrette siano l’unico discriminante della democrazia. Accettiamo che il modello del voto individuale sia l’unico valido […] e che tutti coloro che […] aspirano alla democrazia dovrebbero studiare come queste cose vengono fatte nella cultura che per prima ha scoperto il segreto. Nasce però immediatamente un’altra questione: che cosa significa elezioni ‘corrette’?” (ibid., p. 54). Il caso Italia dimostra come un sistema elettorale possa essere alterato al punto di non consentire nessun’altra scelta da parte dell’elettore se non dire sì. Che, poi, gli “Itagliani” abbiano accettato, è altro discorso, ma senza
dubbio rimane il punto decisivo.

 

 

 

@i

 

 

 

 

PS.

 

I ‘… fattori interni di disgregazione’, li vediamo al loro massimo potere oggi, proprio nel presente Occidente …


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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