martedì 8 marzo 2016

Body (“Bodhi”) Hard - Beau Deer Yard -



A parte considerazioni - “stratosferiche”, oggi, sulla “metastoria” - quel che si nota è che anche chi fa professione di “tradizionalismo” (e spesso non è altro che conservatorismo ottuso, quel “tradizionalismo” criticato dallo stesso Guénon illo tempore, “in tempi non sospetti”, si direbbe oggi), anche chi fa professione di tali cose non ha manco lontanamente digerito la stessa critica, molto radicale, molto più radicale di tutte quelle che han libero corso al giorno d’oggi, che si faceva a cavallo tra i Settanta, gli Ottanta ed i Novanta del secolo scorso. 

Vi son pagine quasi preveggenti in Baudrillard, riguardo alla perdita di finalità che caratterizza tutti i fenomeni della fine del sistema capitalistico. Non solo nel Della seduzione, ma pure ne Lo specchio della produzione, che applica il metodo del libro di G. Duby, Lo specchio del feudalesimo, al sistema capitalistico. 
Già allora parlava della “critica dell’economia politica del segno”, il passaggio dalla produzione “materiale” - con la nota a margine che tale produzione “materiale”, per Marx, non era per nulla “naturale”, non era una “legge di natura”, come afferma il capitalismo invece - a quella dei segni, e, dunque, dei codici. Si era proprio all’inizio dell’applicazione massiccia dell’informatica alla società ed all’economia, il “vetero” marxismo imperava, ottusamente non capendo qual cambiamento stesse prendendo forma, un cambiamento radicale ed irreversibile
La retorica neoliberista prendeva sempre più piede, criticata dal marxismo residuale in termini che non “mordevano” la situazione e quindi rimanevano lettera morta, come poi s’è visto, mentre la retorica neoliberista interpretava quei cambiamenti in termini autocelebrativi e narcisistici, dando inizio a quel narcisismo della “libertà” che avrebbe impestato il globo. Poco male, poiché la “dottrina” di costoro si riduceva, in poche parole, a dire che “va tutto bene”; ben diversa la posizione dei critici, reali o presunti che fossero, che son costretti a capir molto meglio il sistema in cui vivono perché non lo condividono, in primo luogo, e, in secondo luogo, ne cercano gli eventuali punti deboli. 
Si arrivò, così, in quel vuoto, ad un’epoca molto particolare, che inizia dalla seconda metà degli Anni Settanta e termina nella prima metà degli Anni Novanta del secolo scorso, ad un momento in cui divenne possibile una critica radicale. Per esempio, lo stesso Cacciari, come da me ricordato da qualche parte, della fine Anni Settanta - Anni Ottanta (parte di essi) era molto più radicale di oggi. 

I frammenti di “critica marxista” o ex-tali o simpatizzanti o “ex-simpatizzanti”, delusi dal marxismo, ma non ancora passati all’ubbia ed alla chimera dellariforma interna” al sistema capitalistico stesso, dovevano cercare forme “alternative” di critica, prima che la regina nera facesse la mossa finale. La fase di tale critica, la “data” d’inizio, la farei corrispondere alla pubblicazione del Club di Roma su I limiti dello sviluppo (1972), e alla tematica del “Nuovo Medioevo”, che divenne popolare, e che talvolta ritorna di moda - magari anche sotto fora di moda del “Medioevo”, avendo in tal senso contribuito alla fortuna de Il Nome della Rosa, di U. Eco, recentemente scomparso, o alla popolarità di Tolkien. Non si tratta per nulla di una novità, come si precisava in un passato post: “Nuovo Medioevo”?? Tutt’altro che nuovo... (http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/03/nuovo-medioevo-tuttaltro-che-nuovo.html). 

Se si osserva l’aggiornamento “trent’anni dopo” di quello scritto, che in quel momento fece sensazione, ci si convincerà - “al di là di ogni ragionevole dubbio” - di quanto ridicolmente non-radicali siano divenute le “critiche” dei e nei nostri tempi. Ma citerei, per esempio, C. Formenti, La fine del valore d’uso, che pone termine all’annosa discussione sul valore d’uso - qualitativo - e valore di scambio - quantitativo, su cui si basa il capitalismo. Tali critiche vennero recepite da letterati (a), come Calasso, ne La rovina di Kasch, su cui vi è stato un recente post in questo blog, La Rovina del “cash” (http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/12/la-rovina-del-cash.html). Ma, per quel che riguarda i cosiddetti “addetti ai lavori”, niente da fare, nisba, nada. Rocciosamente convinti della “verità” dell’economia. 
Ora dopo tanto tempo lor signori si “accorgono” che l’economia è di “bit”, e, poco prima, cartacea, una costruzione che, a sentir loro, “rovinerebbe” la “buona” economia della “produzione”. 
Tutte parole al vento, se non si capiscono due cose due: 1) che la relazione della produzione che pone al centro il solo valore di scambio e relega il valore d’uso ai margini è una costruzione sociale, vale a dire che in natura non esiste, non è “reale” come una roccia o il mare; 2) quando si passa sempre di più dal grado di costruzione ancora con referente materiale - referente materiale - ad uno in cui si l’autoreferenza totale si ha questa fase di completa simulazione, di “falso radicale”, come lo chiamo, che non è un falso che faccia riferimento ad un “vero” ma un falso che faccia riferimento a se stesso. L’autoreferenzialità, infatti, non è una catena logica di proposizioni del tipo A > B > C > D … finché o c’è un termine, oppure si ha inconsistenza logica, ed è invece: A > B > A: il loop. Attenti al “loop”!! 
Ma, di nuovo, su questi temi si deve rimandare ad un altro post in questo blog: APPENDICE AL POST PRECEDENTE - per chi volesse approfondire - (http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/09/appendice-al-post-precedente-per-chi.html).

Proseguendo il discorso sui simulacri - e ricordandoci che l’economia del segno è un simulacro -, ne Lo scambio simbolico e la morte, Baudrillard già parlava della fine dellavoro” - che si sarebbe schiacciato nella categoria di lavoro “servizio” e non in quella di lavoro “produttivo” - e dell’economia politica “come modello di simulazione” (J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1979, p. 44, corsivo in originale), e sviluppava la sua idea di economia-segno come “simulacro”, e giungeva così a distinguere tre “ordini” di “simulacro”: 
“Tre ordini di simulacro si son succeduti dopo il Rinascimento, parallelamente al mutamento della legge del valore:
-       La contraffazione è lo schema dominante dell’epoca ‘classica’, dal Rinascimento alla rivoluzione industriale.
-       La produzione è lo schema dominante dell’epoca industriale.
-       La simulazione è lo schema dominante della fase attuale retta dal codice.
Il simulacro del primo ordine specula sulla legge naturale del valore, quello di secondo ordine sulla legge mercantile del valore, quello di terzo ordine sulla legge strutturale del valore” (ivi, p. 61, corsivi in originale). 
In quest’ultima fase, in cui siamo da molto tempo ormai, il segno ed il suo referente son completamente lontani, ecco perché oggi mille segni svolazzano caoticamente ma non si riferiscono ad alcunché di esterno a loro stessi, ecco che oggi si può essere A e non-A con altrettanta facilità: è che i segni non hanno più referenti. Questa seconda fase porta al suo termine naturale quel distacco fra segno e significato che s’inaugurava nel Rinascimento, ma lo fa con una radicalità che, a distanza di tanti anni, non si è mica percepita o ben capita, per cui vecchie cose svolazzano nell’opinione ciarliera, ma son sempre altri segni nel mondo dove segno e significato son divorziati. Per esempio, la fase industriale conservava un “referente materiale”, che oggi non c’è più. Anche cose “politico-economiche”, come i “pareggi di bilancio” a livello globale, sono staccati dall’effettiva realtà, ma è solo un esempio. L’economia è un gigantesco video game che fa vittime “vere”. Gli effetti di questo “sistema di simulazione di massa” son ben “reali” nelle vite di chi è ad esso sottoposto. Questo si può capire solo rifacendosi al discorso del già citato post (http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/09/appendice-al-post-precedente-per-chi.html). 

Si tratta dello scacco che il sistema industriale ha ricevuto a fronte dell’ “imperativo categorico” sistemico. Il sistema industriale già era basato su simulacri non “naturali”, il rapporto della “merce” nasceva da un’interazione sociale (Marx), ma, comunque, rimaneva un “referente materiale”, che si è tolto.

Oggi questo gigantesco sistema “succhia” la Terra, questo è. Ed è un simulacro, non si basa su realtà, ma su relazioni “segniche” di cui l’elettronica si fa portatrice. Tali segni si basano su codici fissi, che, ovviamente, con la “natura” non hanno niente a che partire anche se l’ “anti-metafisica” della scienza moderna sostiene che sta portando in luce le “leggi” della natura, in altre parole ci sta dicendo che cosa la natura “realmente” sia. 
Certo, si prende possesso di certi “meccanismi” di “funzionamento naturale e tal sistema profitta di determinate forze naturali, ma non si sa che cosa “realmente” siano tali forze, non solo, ma gli effetti che si generano con il loro uso son solo molto parzialmente noti.
Di “naturale”, qui, non c’è il bel resto di nulla. Son semplicemente forze naturali “dirottate” in altre direzioni, con finalità diverse da quelle loro proprie.
Per tornare a noi, Baudrillard non solo prevedeva la fine del lavoro “produttivo”, ma pure il fatto che il corpo sarebbe divenuto un sistemica di manipolazioni segniche, e dunque l’alterazione della scelta del genere sessuale, la manipolazione del corpo con varie tecniche eccetera, eccetera. Tutto realizzatosi puntualmente

Che fare (Cto deljat’) dunque. 
A fronte di una trasformazione avvenuta, e sulla quale vi sarebbe molto da dire, pezzo per pezzo, già in quel tempo, ma è tornato in questa fase di “critica” NON RADICALE a iosa, si pensava ad una critica in nome della fase precedente, del “buon tempo antico” - che non può non essere se non l’epoca della “produzione” e della centralità della borghesia produttrice, epoca che il sistema stesso ha distrutto!!, e dunque un tentativo destinato alla sconfitta, e chi cercava altre vie, come lo stesso Baudrillard, ma non riuscendoci (b). 
Spiego che cosa c’entra tutto ciò con le tematiche “filosofico-spirituali”. In primis, è un grosso errore vedere le tematiche “sociali” come completamente separate da quelle “filosofico-spirituali”. Ma, oltre a questo diffuso pregiudizio, vi era un motivo più importante per interessarsi di questo genere di tematiche. In secundis, infatti, Guénon, ne Il Regno della Quantità, sviluppa tutto un discorso per spiegare quella che lui chiamava la “deviazione moderna” distinguendo sostanzialmente due fasi della modernità: “una prima fase dell’epoca moderna”, come la chiamava lui, caratterizzata dalla “solidificazione”: si costruivano strutture sociali sempre più “compatte”, ci si chiudeva sempre di più ad influssi “sottili”, insomma quella fase il cui culmine è stato il “materialismo ottocentesco” della seconda parte del XIX e dell’inizio del XX secolo. Insomma, quel che i “critici” del mondo moderno han sempre biasimato a riguardo della modernità stessa, ma che, già in quel tempo!!, Guénon non solo considerava la fase meno potente della “deviazione”, ma biasimava i “critici” perché avevano scambiato qualche fuoriuscita dal “materialismo” tanto vituperato come superamento dell’iter della modernità e, così facendo, avevano perso di vista il nocciolo del problema. Secondo Guénon, infatti, a questa fase, “tutto sommato meno grave”, avrebbe detto, scandalizzando tanti “tradizionalisti”, de jure, ma ben pochi, de facto (quei pochi che si son presi la briga di leggere attentamente certi suoi passi “semisepolti” qua e là), sarebbe seguita una fase “ben più pericolosa”, perché l’uomo, con la modernità, si è chiuso agli “influssi superiori” ma non si può altrettanto chiudere a quelli “inferiori”, non più, non allo stesso modo almeno. Questa fase lui la chiamava quella della “dissoluzione”, preceduta, però, da quella della “polverizzazione”. Una sola fase in due tempi, si ponga ben attenzione a questo punto …
Ora, se così è, occorreva “misurare” la fase di “polverizzazione”, che, secondo Guénon, è il preludio della vera e propria “dissoluzione” (che lui intendeva in guisa quasi “alchemica”). Misurarla significava capir bene quando e soprattutto perché la fase di “solidificazione” doveva finire. 
Ed ecco Baudrillard ed altri critici del marxismo, ma non di matrice neoliberista, non il narcisismo della “libertà” e l’ “estasi della connettività” e “tutto va bene”; ché, poi, le cose non vanno bene affatto, ma chi si limiti ad osservare questo fatto ed a proporre correttivi senza la consapevolezza di come e perché si sia giunti a questo punto non fa che versare acqua in un bicchiere senza fondo. La “polverizzazione” è l’estrema frammentazione dei nostri tempi, in tutti i campi. 

Anche l’attuale coalizione contro l’Isil/Daèsh, per quanto cosa di “buon senso”, non solo per costruirla c’è voluto la “mano di nostro Signore”, ma funziona pure in un modo farraginoso assai, per cui il pericolo Isil/Daèsh si è sviluppata ben oltre quanto sarebbe stato possibile in altra situazione. Si veda tutto ciò a paragone con altre situazione di “emergenza mondiale”: che compattezza delle coalizioni! I leader, nel bene come nel male eh, ma effettivamente “leader”, cioè alla guida di gruppi e che vedevano in quei momenti aggregativi, forse, l’occasione di una vita per distinguersi. Che differenza con le nullità umane che guidano il mondo di oggi, con l’inconsistenza e la mediocrità dei “leader” attuali!  

NB. Come si sa, Guénon, dopo e “in parallelo” alla fase della “polverizzazione”, prevedeva quella della piena “dissoluzione”, che lui così giustificava: la polverizzazione, per quanto massima, “lasciava residui” e quindi non era bastevole alla dissolutio vera e propria, ergo si necessitava l’intervento di “qualcosa” che venisse fuori dall’orizzonte, “alla fin fine abbastanza limitato”, del mondo moderno.
Ma qui andiamo davvero fuori da certi limiti moderni e post moderni, anche per il mondo attuale dove i segni si permutano “liberamente” indipendentemente dai loro significati, andiamo fuori da quel cerchio che rinserra la mente moderna, come si dice che tal cerchio, da “suggestione post ipnotica”, faccia a certi yezidi (secondo Gurdjieff, in Incontri con uomini straordinari, parte iniziale).  

        
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NOTE
 
(a)          Chissà perché i letterati e poeti spesso arrivano prima a ciò cui giungono gli “addetti ai lavori” in tutt’altro che incolpevole ritardo e quando non serve più, perché ormai quei cambiamenti son passati e si è in una nuova fase …
Vi è questa pericolosa tendenza a - come amo affermare - “combattere la battaglia del giorno prima” …
(b)           Probabilmente qualche spunto, al riguardo del mescolare quel “caos segnico” in cui viviamo in un senso che il sistema stesso non può gestire - che poi è l’unica cosa seria da farsi -, qualche spunto vi è nel sottocapitolo La morte a Samarcanda, in J. Baudrillard, Della seduzione, Cappelli, Bologna 1980, p. 101 e sgg. Ma siamo rimasti nell’ “impotenza della sfida”, di cui si parla nella Postfazione (di P. Lalli) al libro appena citato.



RIFERIMENTI

APPENDICE AL POST PRECEDENTE - per chi volesse approfondire -

La Rovina del “cash”
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/12/la-rovina-del-cash.html 

[2 aprile 2018: posto il collegamento diretto dei due link, cosa che, all’epoca del presente post, non usavo fare)






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