“NAZIONALISMO
ETNICISTICO E GLOBALIZZAZIONE”
Il
nazionalismo “etnicistico”, à
la russe, eurasista,
non è un’alternativa alla globalizzazione, anzi le due cose vanno
di pari passo.
E l’amicizia fra Putin e Berlusconi è un segno chiaro, come a dire che il dominio più che ventennale delle forze della “globalizzazione” in Occidente, e poi nel mondo, e il risorto nazionalismo nelle sue più camaleontiche becere forme non sono affatto contrari, come invece potrebbe apparire agli osservatori superficiali.
Né si dica della Germania, ché se solo Berlusconi avesse fatto qualche cambiamento nel Secondo Ventennio, alla Germania non sarebbe stato consentito di agire come cavallo di Troia, “cavallo di Troia” che la Germania è stata per l’intera Europa, Europa che ha indebolito da dentro e dall’interno, e dunque ha svolto questo suo ruolo non solo per l’Italia o la Grecia.
Il che non significa per nulla che “la Russia” ed il suo risorto revanscismo nazionalistico – da me individuato già ben 11 anni fa1 – sia “nel giusto”, come troppi oggi, scopertisi improvvisamente “legalisti”, amano pensare.
E l’amicizia fra Putin e Berlusconi è un segno chiaro, come a dire che il dominio più che ventennale delle forze della “globalizzazione” in Occidente, e poi nel mondo, e il risorto nazionalismo nelle sue più camaleontiche becere forme non sono affatto contrari, come invece potrebbe apparire agli osservatori superficiali.
Né si dica della Germania, ché se solo Berlusconi avesse fatto qualche cambiamento nel Secondo Ventennio, alla Germania non sarebbe stato consentito di agire come cavallo di Troia, “cavallo di Troia” che la Germania è stata per l’intera Europa, Europa che ha indebolito da dentro e dall’interno, e dunque ha svolto questo suo ruolo non solo per l’Italia o la Grecia.
Il che non significa per nulla che “la Russia” ed il suo risorto revanscismo nazionalistico – da me individuato già ben 11 anni fa1 – sia “nel giusto”, come troppi oggi, scopertisi improvvisamente “legalisti”, amano pensare.
Questo
mondo si è retto sull’Occidente globalista mente i “Bric” (à
brac) si
nazionalizzavano e, con l’aiuto delle forze religiose, prendevano
la via del nazionalismo “etnicistico”, “trono ed altare” in
salsa diversa, un po’ “à
l’iranienne” ma
molto meno violentemente: negli anni Settanta la situazione non era
ancora matura per un pieno “ritorno al passato”, una
“restaurazione” come si dice in politica, solo che il vero
“Ritorno” è ben altra cosa: ma si deve aver vista lunga per
capirlo, e star poco appresso alle tonnellate di parole che
svolazzano, tanto più imperiose quanto più impotenti, per il mondo
del “segui la tua passioncella”.
Insomma, in due parole: senza la globalizzazione il nazionalismo “etnicista” non sarebbe apparso come una soluzione all’evidente dissoluzione cui ha portato la globalizzazione stessa. Se, peraltro, la Russia crollasse o ricattasse economicamente, se lo scopo fosse quello, Obama intereverrebbe bloccando le Borse - e si passerebbe alla parità aurea - è un piano già scritto2.
Insomma, in due parole: senza la globalizzazione il nazionalismo “etnicista” non sarebbe apparso come una soluzione all’evidente dissoluzione cui ha portato la globalizzazione stessa. Se, peraltro, la Russia crollasse o ricattasse economicamente, se lo scopo fosse quello, Obama intereverrebbe bloccando le Borse - e si passerebbe alla parità aurea - è un piano già scritto2.
Allora
il “Che fare” (Cto
deljat’) rimane
importante, ma passa per un “mythos”.
Il “mythos”3
non può essere altro che quello che sa porre insieme delle
differenze4.
Quindi non si passa dallo stato-nazione in crisi a strutture
sovranazionali tranne che di tipo economico. Il nodo è oggi che
pienamente internazionali sono le
grandi concentrazioni finanziarie.
Esse, di fatto, sono le sole internazionali oggi, dunque godono di un vantaggio strategico fondamentale, e, per quanto il loro dominio sia necessariamente dissolvente, il vantaggio non per questo sparisce, perché si manifesta sul campo, non nelle belle teorie. Non nei desideri.
Da un lato un sol gruppo è internazionalista ed internazionalizzato, e dall’altro tanti - per non dir tutti - sono chiusi nei loro interessi e tentano di affermarsi nel sordo, glaciale mercato globale.
Esse, di fatto, sono le sole internazionali oggi, dunque godono di un vantaggio strategico fondamentale, e, per quanto il loro dominio sia necessariamente dissolvente, il vantaggio non per questo sparisce, perché si manifesta sul campo, non nelle belle teorie. Non nei desideri.
Da un lato un sol gruppo è internazionalista ed internazionalizzato, e dall’altro tanti - per non dir tutti - sono chiusi nei loro interessi e tentano di affermarsi nel sordo, glaciale mercato globale.
Questo
è il meccanismo di pensiero,
che quindi fa inevitabilmente
apparire le varie
forme di nazionalismo - che
non possono che essere in conflitto poiché portatrici d’interessi
contrari - come una
apparente
soluzione alla dissoluzione
in atto, dissoluzione
nata dal fatto che un sol gruppo è internazionalizzato pienamente e
dunque non trova nessun argine alla sua azione.
Quel che quindi accade è che l’unico gruppo che è davvero internazionalista, con il “divide et impera”, pone i vari nazionalismi in conflitto, ben sapendo che nessuno di essi ha la visione sistemica.
Quel che quindi accade è che l’unico gruppo che è davvero internazionalista, con il “divide et impera”, pone i vari nazionalismi in conflitto, ben sapendo che nessuno di essi ha la visione sistemica.
Partiamo,
invece, dalle “regioni
storiche”, non
le costruzioni fasulle
come la “Padania”, che non
esiste, esiste la
regione storica dell’Italia del Nord, questo sì, ma non la
“Padania”. Dalle
regioni storiche allo stato sovranazionale,
le regioni storiche sono inserite in vere
Federazioni, che possono essere le eredi
degli ex-stati
nazionali. Ma non si
passa dallo stato nazionale a quello sovra-nazionale,
salvo in economia;
si passa invece dalle regioni storiche allo stato sovra-nazionale.
Quel che tutti i cosiddetti “autonomisti” non han capito – non possono a causa delle basi del loro “pensiero”, ammesso che ve ne sia – è che una regione storica può trovare il suo posto solo e soltanto in un organismo sovranazionale. Com’era nel Medioevo.
Non esiste il passaggio nazione sovra-nazione, esiste solo il passaggio, dissolvente e discensivo, dalla nazione alle grosse organizzazioni economiche sovranazionali senza volto, ovvero la globalizzazione. Poi questo va applicato al mondo intero.
Quel che tutti i cosiddetti “autonomisti” non han capito – non possono a causa delle basi del loro “pensiero”, ammesso che ve ne sia – è che una regione storica può trovare il suo posto solo e soltanto in un organismo sovranazionale. Com’era nel Medioevo.
Non esiste il passaggio nazione sovra-nazione, esiste solo il passaggio, dissolvente e discensivo, dalla nazione alle grosse organizzazioni economiche sovranazionali senza volto, ovvero la globalizzazione. Poi questo va applicato al mondo intero.
In
tal modo, nazioni troppo grosse come Russia, Usa, Cina, India, Iran,
Germania in Europa, saran divise secondo le loro regioni
storiche costitutive,
in un ambito realmente
federativo manterranno lo stato nazionale, ma saranno
le regioni storiche che eleggeranno i Parlamenti o altre forme che
costituiranno lo stato sovra-nazionale.
In tal modo, si superano divisioni etnico-religiose, come quella che impedisce ad India e Pakistan di unirsi perché lì la vera questione è religiosa.
Chiaro che il Medio Oriente si dovrà interamente ristrutturare e la Russia dovrà in qualche modo cambiare, infatti mantiene lo status quo assieme agli Usa.
Cioè per fare una cosa, ne devi fare un’altra prima, ed anche per fare la prima – quella che dà inizio alla serie di eventi – ne devi porre in moto altri. La cosa è dunque complessa.
In tal modo, si superano divisioni etnico-religiose, come quella che impedisce ad India e Pakistan di unirsi perché lì la vera questione è religiosa.
Chiaro che il Medio Oriente si dovrà interamente ristrutturare e la Russia dovrà in qualche modo cambiare, infatti mantiene lo status quo assieme agli Usa.
Cioè per fare una cosa, ne devi fare un’altra prima, ed anche per fare la prima – quella che dà inizio alla serie di eventi – ne devi porre in moto altri. La cosa è dunque complessa.
Per
concludere: nell’epoca
della globalizzazione la “società”
ha “seguito
le ‘sue’
passioni”
e si è disfatta. Le
forze stesse che hanno guidato la globalizzazione hanno distrutto il
legame sociale in Occidente e sono le stesse che stimolano il
nazionalismo come falsa risposta.
Non vi è una globalizzazione utopica, c’è solo la globalizzazione reale.
Essere contro il nazionalismo imperante implica dover liberarsi dei gruppi di potere che han gestito e generato la globalizzazione. Tra le due cose ci è contiguità diretta.
Il legame sociale è stato distrutto in Occidente più che altrove, con la complicità delle masse5, il cui ruolo usurpato è stato portato avanti da quelle stesse forze che hanno distrutto dall’interno l’Occidente, divenuto indecente, per mezzo della globalizzazione, classica “vittoria di Pirro”, la quale ha aperto le Porte del cosiddetto vincitore.
Non vi è una globalizzazione utopica, c’è solo la globalizzazione reale.
Essere contro il nazionalismo imperante implica dover liberarsi dei gruppi di potere che han gestito e generato la globalizzazione. Tra le due cose ci è contiguità diretta.
Il legame sociale è stato distrutto in Occidente più che altrove, con la complicità delle masse5, il cui ruolo usurpato è stato portato avanti da quelle stesse forze che hanno distrutto dall’interno l’Occidente, divenuto indecente, per mezzo della globalizzazione, classica “vittoria di Pirro”, la quale ha aperto le Porte del cosiddetto vincitore.
NOTE
1 Cfr.
http://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/03/05/il-libretto-nero-il-caffe-30-dicembre-2003-anno-vi-n-48-274/.
Putin ha assicurato all’Occidente una Monaco 1938, ma non per un
paese islamico (anche se, in effetti, questo è già successo), ma
per uno slavo. Chi mai farebbe guerra per l’Ucraina? Soprattutto
quando ci sono interessi economici giganteschi? Eppure, a “naso”
le cose andranno diversamente da ciò che tutti
gli attori e “decisori” in campo credono e pensano.
2 Lo
si legge, come mera “ipotesi” (ma non è detto non sia un
“insider” che lasci trapelare le cose, il che accade più spesso
di quel che non si pensi), in L. Ciarrocca, I
padroni del mondo. Come la cupola della finanza
mondiale decide il destino dei governi e delle popolazioni,
Chiare Lettere edizioni, Milano 2013. Naturalmente l’autore citato
non manca di lasciarsi andare a tutto l’armamentario d’ipotesi e
di proteste cui ci si dà oggi, tutte cose nate da un punto di vista
errato, che pretende di “criticare” e pure di far parte dello
stesso sistema. Il che non
toglie
che la “dritta” sia interessante.
3 Crf.
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2014/03/la-sinistra-divina-baudrillard-ed-il.html.
4 Una
“traccia” - da
non interpretarsi letteralmente,
ma solo un modello
– è quello dell’ Imperium
medioevale, che sapeva porre insieme forme politiche molto
differenti ed autonomie, tenute insieme da un’idea non da una
struttura politico-statale. Direi “Kaisertum
ohne Kaiser”,
Imperium
sine Imperatore,
Empire
without Emperor,
Empire
sans Empéreur,
Impero senza imperatore, così si va contro anche la “destra
rattrappita” ed il suo vieto risibile anti-mito del “capo”, in
Italia sempre un individuo mediocrissimo, che “gode” di quella
bassa sottomissione servile, tipicamente italiana peraltro. Rimane
sempre decisivo
questo: se si è in grado di rispondere alla domanda contenuta
nell’intervista di Marco Capuzzo Dolcetta qui,
http://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2013/09/11/breviario-di-metapolitica-con-un-prologo-su-federico-ii-di-svevia/,
dopo il Prologo
su Federico II di Svevia, di conseguenza – di
conseguenza
– si può pensare ad una “posizione” cosiddetta “politica”
e non polli-ti-ca, si può essere politici senza esser polli. In
ogni caso contrario, si prende posizione su
di una tavolozza già costruita,
e costruita “ad arte” per preservare “certe”
forze ed il loro “globale” dominio. Spiace dirlo ma così è, e
a nulla valgono gli stimoli “all’impegno”, che ci sono perché
i “manipolatori della mente collettiva” ben sanno che sempre di
più han “mangiato la foglia”, come suol dirsi, e cioè, nel
subconscio, noi non
siamo convinti,
nessuno
è davvero
convinto. I conti non tornano, troppo manipolato è il gioco. E
quindi la tendenza è, in assenza di soluzioni proposte, il
chiudersi in se stessi. Ed allora tutta ‘sta manfrina della
partecipazione laddove non c’è posta in gioco. Ed ecco il social
network,
“grossa” grassa invenzione perché vi fosse un simulacro di
partecipazione. Una interessante riflessione su questi temi è in
questo link:
http://www.scribd.com/doc/171819787/Tre-Sfumature-di-Blu-Trafalgar-Square.
5 Cfr.
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/01/enrico-fortuna-leta-delle-masse.html.
Si vedano anche molte cose scritte, anche sulla Germania, da
Fortunia stesso (si tratta di E. Fortunia,
non
di Fortuna, è un refuso dunque nel link appena riportato): ma il
discorso ci porterebbe troppo lontano. Fortunia, infatti, ci parla
della “lotta spirituale” che sta dietro le lotte di “questo
mondo”, ma la cosa implica tutta una visione che non si può né
dire né dare in due parole. Al contrario, qui
chi scrive si pone su di un piano squisitamente pratico.
[@i]
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