LA
“SINISTRA DIVINA” (BAUDRILLARD) ED IL “MITO”
In
relazione all’articolo di A. de Benoist, dove quest’ultimo scrive
una recensione sull’ultimo libro di Michéa1,
ricordo che Michéa ha citato un vecchio libro: J. Baudrillard, La
sinistra divina, Feltrinelli, Milano 1986, edizione orig.
Francia 1985. Ma è incredibile come rimanga viva ancor oggi
la carica polemica di tale agile pamphlet, arte nella quale i
francesi eccellono, e Baudrillard in particolare era un maestro2.
Quel che, a me, “personalmente”, mi lascia esterrefatto è che
son passati (all’anno prossimo) ormai trent’anni, dico trenta
lunghi anni, e pare “come se” questo libro non fosse mai stato
scritto. Questi lunghi trent’anni caratterizzati dall’“indignazione
a giorni alterni”, come qualcuno ha efficacemente scritto, ma
sempre per ragioni polemiche ed immediate, come quasi tutto
oggi: e sulle polemiche a me interessa non zero, ma sottozero
d’entrarci. Dopo che hai vinto in una polemica, cos’è cambiato?
Se non è cambiato nulla, se la situazione rimane statica, la
polemica è stata inutile. Questo libro è molto utile anche per i
tanti “protestatori” dell’ultima ora che, scusatemi, a me
ricordano, tantissimo, la “rivolta senza scopo” di cui
parlò, in illo tempore, lo stesso Evola.
Ed
allora esaminiamo, in breve, questo pamphlet. Vi è una “vis
polemica” in senso buono, non le “incazzature” à
l’italienne, veri “attacchi d’orso” ciechi e distruttivi,
ma la precisa enucleazione, con linguaggio rapido ma sapido,
dei punti deboli della sinistra che si pretende “divina” ed
entrata nel “Gotha” del “sistema”: e già allora, quasi
trent’anni fa! Ma ci rendiamo conto! E poi c’è il passo, detto
en passant, che spiega l’“arcano” della vicenda, il
perenne fallimento della “sinistra” che, come Poulidor, sta
sempre lì lì per vincere, e poi, sotto al traguardo, perde sempre.
La sinistra, sostiene Baudrillard, vuole liberarsi nei termini dei
valori della borghesia, e dunque inevitabilmente fallisce, per una
sua ragione intrinseca. La borghesia sì, al contrario, continua
Baudrillard, instaura una cesura sul piano dei valori, quando
ha sostituito i valori della casta e della nascita con quelli dello
sviluppo e della produzione. Ed allora perché la sinistra ha
oggettivamente avuto una sua fase di successo, seguita dal nulla in
cui versa da più d’un decennio? Perché la sinistra opponeva al
mito dello sviluppo – sì, quello cui oggi tutti rendon
omaggio, pur essendo febbraio, lo sviluppo che tutti vogliono
“rimettere in moto” ma che il “sistema” stesso ha annullato,
ed oggi non è altro se non un simulacro di sviluppo -, la
sinistra opponeva, si diceva, al mito dello sviluppo senza
fine il mito della fine: ed era la “rivoluzione”, fatto
mitico, non storico.
Qui
Baudrillard centrò, senza rendersene conto davvero, e portato
soltanto dalla sua notevole, ma sapida ed intelligente, “vis
polemica”, il nocciolo della situazione, l’essenza del
problema. Senza un “mito”
non si va da nessuna parte! A ben poco portano le “incazzature”,
in nulla si risolvono le critiche della situazione attuale se basate
solo su fattori politici ed economici3.
No, senza un mito fondante non si va da nessuna parte.
E noi viviamo di ed in tali “miti fondanti”, taluni
molto aggressivi e per nulla miti. Quello della razionalità
tecnico-scientifica, che domina il mondo, è anch’esso un mito.
Attenzione: non sto proponendo di abbandonare la razionalità,
ma equiparare ogni forma di razionalità a quella tecno-scientifica
dominante è un mito, una narrazione fondante. Non è una
verità storica. Ma la storia, da sola, non spiega se stessa. La
storia implica e necessita di una meta-storia che dia senso ad essa.
Né voglio pensare che il mito possa essere la realtà tout
court, infatti Jünger sottolineava che il mitico può essere
solo come una eruzione temporanea nella struttura del reticolo
storico e, per di più, nella forma del “puer aeternus”,
piuttosto che in quella dei “padri fondatori”. Accetto, concordo
e sottoscrivo: solo una espressione temporanea del
mitico e in quelle forme da lui dette (il “puer aeternus”,
cioè) può impedire di ricadere nelle aberrazioni del
“ritorno pieno e completo al mitico” che il nazionalsocialismo,
più di altri, tentò, fallendo4.
E tuttavia questa giusta osservazione di Jünger ed il fatto
che un ritorno pieno al mitico sarebbe oggi senza dubbio regressivo,
non toglie il fatto che noi abbiam bisogno della dimensione
mitica per poter operare una opposizione con
un senso. Dunque ristretta tale dimensione, indirizzata verso
solo certi suoi aspetti, però assolutamente necessaria. Il nostro
tempo, schiavizzato dal mito della razionalità tecno-scientifica, è
al tempo stesso il tempo delle fughe nell’irrazionale più becero:
fra i due fenomeni vi è correlazione diretta. Non è
assolutamente un caso che le due cose coesistano.
Oggi
sia il mito della “rivoluzione” sia quello della “razza” sono
sviliti, chimerico richiamarcisi, nonostante le poche forze che
resistono alla “Grande Mutazione” sistemica in atto si richiamino
a tali ferrivecchi. Ma di un mito abbiam bisogno.
Quale? Taluno ha proposto l’“euroasismo” à la Dugin,
che ricordo leggevo una ventina d’anni fa: lo trovo ancora troppo
moderno. Non si esce con forme moderna dalla “fine del mondo
moderno”5,
così come la febbre a trentanove non è una cura della febbre a
quaranta ma solo una sua forma più blanda. Solo un mito che tragga
le sue origini da qualcosa di non moderno ha oggi una possibilità di
realmente incidere sulla e nella situazione. Per
“realmente incidere” non intendo strillare o esprimersi o
parlare: questo ne abbiamo a iosa, ma nulla cambia nella sostanza. E
davvero questa emulsione di parole impotenti è silenzio: non porta
che al nulla in cui già viviamo e siamo.
A la
recherche du mythe perdu.
[@i]
NOTE
1Sul
blog idee/inoltre:
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/01/alain-de-benoist-michea-basta-con-la.html.
3Peraltro
direi che sono venti o trent’anni di “critiche” che in nulla
hanno scalfito il consenso verso un sistema che, come il Saturno del
mito (mo’ ce
vo’), ormai
divora i suoi sottoposti (cfr.
http://it.wikipedia.org/wiki/Saturno_che_divora_i_suoi_figli).
4Su
ciò cfr.
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/02/roberto-franco-giorgio-galli-e-il.html.
Si tratta di quel genere di cose che i nostri cari amici della
“destra rattrappita”, degni compari della “sinistra
auto-divinizzatasi” ed entrata nel “Gotha” delle anti-élite
al governo del mondo, trovano così difficile ed indigesto da
ammettere, forse
perché mette in questione certe loro convinzioni.
Ma mettere in questione delle convinzioni che, alla prova dei fatti,
hanno fallito è la
cosa più sana del mondo.
Purtroppo viviamo il tempo delle parole che, quali nere arpie
svolazzanti, strombazzano ed attraversano il mondo come delle armi e
cioè senza quasi più nessun legame con il significato
delle parole stesse. E dunque i simulacri della “destra storica”
oggi sono usati per sostenere l’esatto contrario di ciò che
quelle parole dovrebbero significare e chi, come Haider, ha tentato
una qualche attualizzazione di certe tematiche fuori dalle solite
retoriche è stato fatto fuori, per lo meno politicamente (qualcuno
anche fisicamente, si dice). Ci si è scordati che le parole devono
il loro valore al loro senso. Non devono il loro valore all’essere
usate strumentalmente, ma noi viviamo in un mondo di simulacri e del
“falso radicale”.
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