“Un
interessante libretto”
Ho
letto con interesse il libro del Sac. G. Battista Proja, Costantino
il Grande. Imperatore romano (280 circa - 337),
Basilica Lateranense, Roma 2013, anche se non aggiunge dati nuovi.
Tra i suoi punti di forza senza dubbio vi sono le immagini, che lo
corredano molto utilmente, ed anche le citazioni da lettere dello
stesso Costantino.
Detto
questo, rimane sostanzialmente scarso l’approfondimento critico
delle fonti, che sono prese letteralmente, senza una previa
riflessione sulla loro attendibilità, o una riflessione critica sul
loro significato. Per esempio le lettere: appartengono ad epoche
differenti e riflettono fasi
differenti dello stesso Costantino.
Correttamente
(a p. 16, e sgg.) si chiama l’Editto di Costantino un “Editto”
fra virgolette poiché non fu Editto, sarebbe più corretto chiamarlo
il “Rescritto” di Costantino e Licinio. Sugli eventi di Ponte
Milvio (p. 15) si suppone che Costantino fosse cristiano prima della
Battaglia di Saxa Rubra, il che è, quanto meno, azzardato,
seguendosi dei dati della pietà tradizionale, che cioè Costantino
fosse già stato cristianizzato dalla madre, e seguendo Eusebio, che
scrive molti anni dopo quegli eventi stessi.
Alle
pp. 21-22 si riporta una Lettera di Costantino a papa Milziade, dove
Costantino riprova le divisioni all’interno della Chiesa, che lui
avrebbe voluto unita. Ma questa, come altre lettere, non denotano una
esatta comprensione della posta in gioco, e, più che altro,
sottolineano la preoccupazione che sempre Costantino ebbe, di cercare
l’unità nella e della Chiesa. Per Costantino, in sostanza, la
Chiesa sarebbe dovuto essere un corpo unito che riunificava, o
contribuiva fortemente, a riunificare un Impero diviso. Per
Costantino, donatisti e cattolici dovevano cercare una conciliazione
in qualche modo: il che contrasta con l’attribuire a Costantino una
precoce conoscenza del Cristianesimo, del quale e col quale senza
dubbio ebbe familiarità ma che solo nel corso del tempo cominciò a
conoscere davvero.
Alla
p. 27 si dice: “Alcuni studiosi circa la religione di Costantino
hanno avanzato l’ipotesi che egli fosse seguace della divinità
solare (Sol Invictus) spesso abbinato con il culto di Mitra. Ma tale
opinione non ha fondamento storico poiché fondata solo su una
medaglia del IV secolo nella quale l’Imperatore è raffigurato
accanto alla divinità solare quale augurio di prosperità”; segue
sotto, nella stessa pagina, l’immagine della moneta, “Medaglia
aurea di Costatino”.
Ma il problema è che ci sta la moneta: il suo solo esserci dimostra
che il processo di avvicinamento di Costantino al Cristianesimo fu,
appunto, un processo,
e lungo, e non un “momento definito nel tempo”. Venendo alla
sostanza del problema, non dobbiamo fare di un imperatore del IV
secolo, un’epoca di passaggio, un imperatore già medioevale.
Inevitabile che il passato proiettasse nel IV secolo una mentalità
successiva, ma, se lo facciamo noi oggi, non compiamo una cosa
storicamente valida, per molti motivi, non ultimo quello che abbiamo
molte più informazioni su quell’epoca. Il IV sec., infatti, se non
fu più certamente un’epoca pienamente “pagana” sarebbe però
errato definirla già pienamente cristiana. Avvenne una svolta, la
“svolta costantiniana” appunto, a una svolta non è il cammino
che dopo sarà
intrapreso: attribuire al momento della svolta il cammino che verrà
inevitabilmente solo dopo è una forzatura. Chiaramente, Costantino
non fu nemmeno un politico del XIX secolo, come sembrava pensare
Burckhardt: fra questi due estremi probabilmente si ritrova il
cammino meno lontano dalla sensibilità e dai problemi dell’epoca
in cui Costantino effettivamente visse.
Quanto
alla vicinanza di Costantino alla religione mitraica, probabilmente
non vi fu: la cosa in generale più probabile è che il padre lo
fosse, poiché il Mitraismo era molto diffuso nell’esercito, e
Costantino – lo riconosce anche l’autore del libro (cfr., pp.
49-50, in un capitoletto significativamente intitolato “Costantino
stratega militare”) - fu davvero un grande
condottiero, su questo vi è accordo fra tutti gli studiosi. Va
sempre rimarcato che l’esercito di Costantino era in gran parte
composto di pagani, poiché lui proveniva, col suo esercito,
dall’ovest, dalle Gallie, dove il Cristianesimo era meno diffuso,
rispetto alla parte orientale dell’Impero, laddove il
Cristianesimo, invece, aveva il maggior numero d’aderenti e seguaci
in quell’epoca.
La
questione del Concilio di Nicea, che Costantino indisse allo scopo
precisamente di far ritrovare alla Chiesa la sua unità, ormai
periclitante a causa delle polemiche che circondavano le posizioni di
Ario, dimostra nuovamente che l’essenza delle questioni di fede
sfuggivano a Costantino, per lo meno in quel momento. Quel Concilio
vide la maggioranza cattolica compattarsi attorno alle formule
suggerite da Osio di Cordova, il consigliere imperiale personale di
Costantino, al quale va il merito, oggettivamente, di aver propiziato
la conclusione unitaria de Concilio. A Costantino possiamo conferire
solo il merito di aver creduto in Osio. Ma perché Costantino si
affidava così completamente a lui? Forse perché gli sfuggiva, per
lo meno in quel momento, la questione davvero essenziale che era
oggetto di acceso dibattito?
La
cosa è così vera che l’autore del libretto lo ammette, sebbene
con molta cautela. “Costantino probabilmente non riuscì a recepire
in pieno la definizione nicena sulla divinità di risto. La sua
profonda pietà ed entusiasmo per il Salvatore forse gli faceva
superare le divergenze essenziali della Fede. Inoltre influivano sul
suo spirito le continue ed aspre lotte fra cattolici ed ariani. Cosa
inoltre abominevole per lui che voleva un impero con solida unità.
La sua azione non fu teologica, ma di pacificazione, tanto
più che egli riteneva la questione come cosa secondaria
[corsivi miei]. Nella lettera ad Alessandro e Ario riconosce,
afferma, che le questioni trattate sono ‘...Dogmi così grandi e
difficili...per via della nostra stessa natura sia a causa di una
mediocre intelligenza’. Nonostante però questa consapevole
limitatezza dell’umana intelligenza di fronte alla Essenza di Dio
poi, contraddicendosi, afferma: ‘...litigate tra voi su questioni
meschine e di poco conto...contesa verbale banale...disputa
meschina...fin troppo irrilevante...di poca importanza...contesa
ingiusta e rovinosa...’. perciò esorta: ‘...con consapevolezza
dalle tentazioni diaboliche. Il nostro sommo Dio, il salvatore di
tutti, ha diffuso la luce all’intero genere umano’” (ibid., p.
30). Ora, queste non sono parole di chi ha ben chiara la posta in
gioco, né si può pensare che fosse davvero cristiano – in quel
momento – chi le dicesse. Possiamo parlare, a riguardo di
Costantino, di un processo
di avvicinamento al
Cristianesimo, non di una “conversione” precisa in un momento, al
punto che, al momento di Nicea, Costantino non aveva ancora ben
chiaro il punto decisivo e dirimente. Infatti, senza Nicea il
Cristianesimo non sarebbe poi tanto lontano dall’Islàm, per il
quale Cristo Gesù è “la migliore delle creature” e tuttavia
creatura mentre a Nicea si pongono le basi del proprium
distintivo del Cristianesimo rispetto a tutte le altre fedi del
mondo. Si trattò a Nicea, allora, della vittoria del partito tutto
sommato maggioritario fra i vescovi, quello cattolico, che trovò in
Osio da Cordova il suo esponente più ascoltato dall’imperatore.
Che
a Costantino questa questione dell’arianesimo non fosse molto
chiara, e non per una mera questione d’intelligenza, ma, piuttosto,
a causa di una sua mentalità che aveva delle basi differenti,
risulta proprio dagli eventi finali della vita di Costantino, ovvero
il suo battesimo, che fu indiscutibilmente cristiano, ma che avvenne
a Nicomedia e fu amministrato dal vescovo della città, Eusebio (di
Nicomedia, ibid., p. 45, da non confondere con Eusebio di Cesarea).
Ora, dice lo stesso autore: “Eusebio di Nicomedia era quasi ariano,
favorevole ad Ario. Era stato educatore dei figli di Costantino ed
era da questi molto stimato ed ascoltato” (p. 30). Al punto tale
che, secondo taluni, Eusebio di Nicomedia sostituì Osio, almeno in
certa misura, nel favore imperiale.
Di
nuovo, tutto questo non depone certo a favore di una piena e completa
“cristianizzazione” di Costantino, tutt’al più possiamo
parlare di un progressivo avvicinamento alla fede cristiana, ma
senza, però, una profonda comprensione delle sue basi dogmatiche.
Per
concludere: Costantino si avvicinò al Cristianesimo in un momento
difficile della sua vita, gli eventi di Ponte Milvio. Egli aveva
comunque dei problemi con la religiosità ufficiale romana, si veda
il suo contrasto con l’aruspicina che invece favoriva il suo rivale
Massenzio; e, senza dubbio, aveva “orecchiato” qualcosa del
Cristianesimo da sua madre. Ma che fosse cristiano prima del Ponte
Milvio è semplicemente fuori questione, pensarlo è accettare la
leggenda, molto più tarda, dell’incontro di papa Vigilio con
Costantino sul Monte Soratte, che avrebbe fatto sì che Costantino
stesso fosse già cristiano appena prima della battaglia di Saxa
Rubra. Frutto di tale incontro, sarebbe stata la famosa Donazione di
Costantino, che si essere un falso. Scopo della leggenda era per
l’appunto giustificare la Donazione. Per Costantino possiamo
parlare tutt’al più di un “progressivo avvicinamento”, ma il
Costantino degli ultimi anni non è certo quello del 312-313, e non
possiamo proiettare il Costantino tardo su quello dei noti eventi di
Ponte Milvio.
Scopo
di Costantino era piuttosto quello di sostenere e rafforzare l’unità
dell’Impero, e lui,
che ben conosceva il Cristianesimo non certo “dogmaticamente”, ma
come un corpo ben organizzato e tendenzialmente unitario, credeva che
si potesse avere una sorta di alleanza con lo stesso scopo in vista.
Questo non lo trasforma ipso facto
in cristiano e soprattutto non certo nel 312. Poi, chiaramente,
iniziò un processo, ma processo
e non un momento
specifico, di avvicinamento al Cristianesimo, che si concluse col
Battesimo, ma, di nuovo, senza che questo possa dirsi essere una
comprensione effettiva e piena del Dogma centrale del Cristianesimo.
Con i dati attualmente a disposizione, non è possibile spingersi
oltre questo.
Interessante libro che mi è giunto: T. GNOLI, “Le guerre di Giuliano imperatore”, il Mulino editrice, Bologna 2015, studio ben fatto e dalla vasta Bibliografia, ma con il difetto proprio alla grandissima parte dei libri di storia - e **non solo**!! - di oggi: tanto la parte “tecnica” e l’apparato critico son ben fatti, quanto è debole la parte propositiva e d’orientamento generale.
RispondiEliminaSembra una caratterstica dei “nostri” sin troppo “famosi” tempi ...
Quasi si avesse timore di proporre quadri di riferimento più generali ...
Qualcosa l’autore tenta nelle Conclusioni, ma di assai debole.
Per la biografia di Giuliano imperatore, Gnoli rimanda alla classica biografia di J. Bidez, pubblicata in Italia da Il Cerchio, e cioè da un editore sin troppo “schierato” ...
La questione “Giuliano imperatore” è, purtroppo, divenuta fortemente ideologica dal classico di Gibbon “Rise and Fall of The Roman Empire”, se non anche da prima, ma molto meno all’epoca in cui avvenne. O, per dir meglio, la polemica ideologica posteriore è profondamente differente dalla polemica ideologica, pur presente, dell’epoca in cui visse Giuliano e di quella imemdiatamente a lui seguente.
La storia **non è** una mera applicazione di dati ideologici agli eventi, questo è un errore tanto grave quanto diffuso.
Ma pure l’errore opposto lo è: affogarsi in questioni particolari e non tentare nemmeno di proporre qualcosa di più generale, per timori di varia natura.
La storia nasce dalla Cronoaca, ma non è mera cronaca.
Quando noi mettiamo alla prova dei quadri generali **in circostanze particolari**, in realtà stiamo “testando” questi quadri generali, e questo è interessante.
Ma, nella nostra “epoca dell’incertezza **radicale**”, questo non può esser fatto: mette in questione un nodo psicologico ben forte e “parla di corda in casa dell’impiccato”, per così dire ...
Seppur relativo all’esercito del VI sec., dunque di epoca giustinianea, è comunque interessante, su questi temi di storia militare, questo link:
RispondiEliminahttp://www.imperobizantino.it/lesercito-romano-nel-vi-secolo-d-c/.
Per quanto sia in uso considerare l’epoca di Giustianino come Impero “bizantino”, questo non è corretto: forse ancora per poco tempo, rimaneva, tuttavia, Impero **Romano** d’Oriente.
D’Oriente però ancora Romano.
Sempre su Costantino, vi è un link interessante:
RispondiEliminahttps://www.academia.edu/3748048/Costantino_e_i_re_della_prima_Et%C3%A0_moderna_1493-1705_._Imperatore_cristiano_o_re_sacerdote.
RispondiEliminaPer quel che riguarda, invece, l’esercito da Augusto a Costantino, cfr. A. EICH “L’età dei Cesari. Le legioni e l’Impero”, Einaudi editore, Torino 2015.
Sempre un altro interessante libretto, stavolta, di nuovo, su Costantino: F. BONUCCELLI, “Costantino il Grande. Conversando con Costatino”, Mermaid editore, Viareggio (LU) 2010.
RispondiEliminaQui l’idea è quella di una conversazione con Costantino, dove quest’ultimo risponde alle domande dell’autore, un’idea particolare, dove Costantino stesso risponde delle sue scelte.