sabato 30 novembre 2013

“Un interessante libretto”


Un interessante libretto”

Ho letto con interesse il libro del Sac. G. Battista Proja, Costantino il Grande. Imperatore romano (280 circa - 337), Basilica Lateranense, Roma 2013, anche se non aggiunge dati nuovi. Tra i suoi punti di forza senza dubbio vi sono le immagini, che lo corredano molto utilmente, ed anche le citazioni da lettere dello stesso Costantino.
Detto questo, rimane sostanzialmente scarso l’approfondimento critico delle fonti, che sono prese letteralmente, senza una previa riflessione sulla loro attendibilità, o una riflessione critica sul loro significato. Per esempio le lettere: appartengono ad epoche differenti e riflettono fasi differenti dello stesso Costantino.

Correttamente (a p. 16, e sgg.) si chiama l’Editto di Costantino un “Editto” fra virgolette poiché non fu Editto, sarebbe più corretto chiamarlo il “Rescritto” di Costantino e Licinio. Sugli eventi di Ponte Milvio (p. 15) si suppone che Costantino fosse cristiano prima della Battaglia di Saxa Rubra, il che è, quanto meno, azzardato, seguendosi dei dati della pietà tradizionale, che cioè Costantino fosse già stato cristianizzato dalla madre, e seguendo Eusebio, che scrive molti anni dopo quegli eventi stessi.

Alle pp. 21-22 si riporta una Lettera di Costantino a papa Milziade, dove Costantino riprova le divisioni all’interno della Chiesa, che lui avrebbe voluto unita. Ma questa, come altre lettere, non denotano una esatta comprensione della posta in gioco, e, più che altro, sottolineano la preoccupazione che sempre Costantino ebbe, di cercare l’unità nella e della Chiesa. Per Costantino, in sostanza, la Chiesa sarebbe dovuto essere un corpo unito che riunificava, o contribuiva fortemente, a riunificare un Impero diviso. Per Costantino, donatisti e cattolici dovevano cercare una conciliazione in qualche modo: il che contrasta con l’attribuire a Costantino una precoce conoscenza del Cristianesimo, del quale e col quale senza dubbio ebbe familiarità ma che solo nel corso del tempo cominciò a conoscere davvero.

Alla p. 27 si dice: “Alcuni studiosi circa la religione di Costantino hanno avanzato l’ipotesi che egli fosse seguace della divinità solare (Sol Invictus) spesso abbinato con il culto di Mitra. Ma tale opinione non ha fondamento storico poiché fondata solo su una medaglia del IV secolo nella quale l’Imperatore è raffigurato accanto alla divinità solare quale augurio di prosperità”; segue sotto, nella stessa pagina, l’immagine della moneta, “Medaglia aurea di Costatino”. Ma il problema è che ci sta la moneta: il suo solo esserci dimostra che il processo di avvicinamento di Costantino al Cristianesimo fu, appunto, un processo, e lungo, e non un “momento definito nel tempo”. Venendo alla sostanza del problema, non dobbiamo fare di un imperatore del IV secolo, un’epoca di passaggio, un imperatore già medioevale. Inevitabile che il passato proiettasse nel IV secolo una mentalità successiva, ma, se lo facciamo noi oggi, non compiamo una cosa storicamente valida, per molti motivi, non ultimo quello che abbiamo molte più informazioni su quell’epoca. Il IV sec., infatti, se non fu più certamente un’epoca pienamente “pagana” sarebbe però errato definirla già pienamente cristiana. Avvenne una svolta, la “svolta costantiniana” appunto, a una svolta non è il cammino che dopo sarà intrapreso: attribuire al momento della svolta il cammino che verrà inevitabilmente solo dopo è una forzatura. Chiaramente, Costantino non fu nemmeno un politico del XIX secolo, come sembrava pensare Burckhardt: fra questi due estremi probabilmente si ritrova il cammino meno lontano dalla sensibilità e dai problemi dell’epoca in cui Costantino effettivamente visse.

Quanto alla vicinanza di Costantino alla religione mitraica, probabilmente non vi fu: la cosa in generale più probabile è che il padre lo fosse, poiché il Mitraismo era molto diffuso nell’esercito, e Costantino – lo riconosce anche l’autore del libro (cfr., pp. 49-50, in un capitoletto significativamente intitolato “Costantino stratega militare”) - fu davvero un grande condottiero, su questo vi è accordo fra tutti gli studiosi. Va sempre rimarcato che l’esercito di Costantino era in gran parte composto di pagani, poiché lui proveniva, col suo esercito, dall’ovest, dalle Gallie, dove il Cristianesimo era meno diffuso, rispetto alla parte orientale dell’Impero, laddove il Cristianesimo, invece, aveva il maggior numero d’aderenti e seguaci in quell’epoca.

La questione del Concilio di Nicea, che Costantino indisse allo scopo precisamente di far ritrovare alla Chiesa la sua unità, ormai periclitante a causa delle polemiche che circondavano le posizioni di Ario, dimostra nuovamente che l’essenza delle questioni di fede sfuggivano a Costantino, per lo meno in quel momento. Quel Concilio vide la maggioranza cattolica compattarsi attorno alle formule suggerite da Osio di Cordova, il consigliere imperiale personale di Costantino, al quale va il merito, oggettivamente, di aver propiziato la conclusione unitaria de Concilio. A Costantino possiamo conferire solo il merito di aver creduto in Osio. Ma perché Costantino si affidava così completamente a lui? Forse perché gli sfuggiva, per lo meno in quel momento, la questione davvero essenziale che era oggetto di acceso dibattito? 
 
La cosa è così vera che l’autore del libretto lo ammette, sebbene con molta cautela. “Costantino probabilmente non riuscì a recepire in pieno la definizione nicena sulla divinità di risto. La sua profonda pietà ed entusiasmo per il Salvatore forse gli faceva superare le divergenze essenziali della Fede. Inoltre influivano sul suo spirito le continue ed aspre lotte fra cattolici ed ariani. Cosa inoltre abominevole per lui che voleva un impero con solida unità. La sua azione non fu teologica, ma di pacificazione, tanto più che egli riteneva la questione come cosa secondaria [corsivi miei]. Nella lettera ad Alessandro e Ario riconosce, afferma, che le questioni trattate sono ‘...Dogmi così grandi e difficili...per via della nostra stessa natura sia a causa di una mediocre intelligenza’. Nonostante però questa consapevole limitatezza dell’umana intelligenza di fronte alla Essenza di Dio poi, contraddicendosi, afferma: ‘...litigate tra voi su questioni meschine e di poco conto...contesa verbale banale...disputa meschina...fin troppo irrilevante...di poca importanza...contesa ingiusta e rovinosa...’. perciò esorta: ‘...con consapevolezza dalle tentazioni diaboliche. Il nostro sommo Dio, il salvatore di tutti, ha diffuso la luce all’intero genere umano’” (ibid., p. 30). Ora, queste non sono parole di chi ha ben chiara la posta in gioco, né si può pensare che fosse davvero cristiano – in quel momento – chi le dicesse. Possiamo parlare, a riguardo di Costantino, di un processo di avvicinamento al Cristianesimo, non di una “conversione” precisa in un momento, al punto che, al momento di Nicea, Costantino non aveva ancora ben chiaro il punto decisivo e dirimente. Infatti, senza Nicea il Cristianesimo non sarebbe poi tanto lontano dall’Islàm, per il quale Cristo Gesù è “la migliore delle creature” e tuttavia creatura mentre a Nicea si pongono le basi del proprium distintivo del Cristianesimo rispetto a tutte le altre fedi del mondo. Si trattò a Nicea, allora, della vittoria del partito tutto sommato maggioritario fra i vescovi, quello cattolico, che trovò in Osio da Cordova il suo esponente più ascoltato dall’imperatore. 
 
Che a Costantino questa questione dell’arianesimo non fosse molto chiara, e non per una mera questione d’intelligenza, ma, piuttosto, a causa di una sua mentalità che aveva delle basi differenti, risulta proprio dagli eventi finali della vita di Costantino, ovvero il suo battesimo, che fu indiscutibilmente cristiano, ma che avvenne a Nicomedia e fu amministrato dal vescovo della città, Eusebio (di Nicomedia, ibid., p. 45, da non confondere con Eusebio di Cesarea). Ora, dice lo stesso autore: “Eusebio di Nicomedia era quasi ariano, favorevole ad Ario. Era stato educatore dei figli di Costantino ed era da questi molto stimato ed ascoltato” (p. 30). Al punto tale che, secondo taluni, Eusebio di Nicomedia sostituì Osio, almeno in certa misura, nel favore imperiale.

Di nuovo, tutto questo non depone certo a favore di una piena e completa “cristianizzazione” di Costantino, tutt’al più possiamo parlare di un progressivo avvicinamento alla fede cristiana, ma senza, però, una profonda comprensione delle sue basi dogmatiche.

Per concludere: Costantino si avvicinò al Cristianesimo in un momento difficile della sua vita, gli eventi di Ponte Milvio. Egli aveva comunque dei problemi con la religiosità ufficiale romana, si veda il suo contrasto con l’aruspicina che invece favoriva il suo rivale Massenzio; e, senza dubbio, aveva “orecchiato” qualcosa del Cristianesimo da sua madre. Ma che fosse cristiano prima del Ponte Milvio è semplicemente fuori questione, pensarlo è accettare la leggenda, molto più tarda, dell’incontro di papa Vigilio con Costantino sul Monte Soratte, che avrebbe fatto sì che Costantino stesso fosse già cristiano appena prima della battaglia di Saxa Rubra. Frutto di tale incontro, sarebbe stata la famosa Donazione di Costantino, che si essere un falso. Scopo della leggenda era per l’appunto giustificare la Donazione. Per Costantino possiamo parlare tutt’al più di un “progressivo avvicinamento”, ma il Costantino degli ultimi anni non è certo quello del 312-313, e non possiamo proiettare il Costantino tardo su quello dei noti eventi di Ponte Milvio. 
 
Scopo di Costantino era piuttosto quello di sostenere e rafforzare l’unità dell’Impero, e lui, che ben conosceva il Cristianesimo non certo “dogmaticamente”, ma come un corpo ben organizzato e tendenzialmente unitario, credeva che si potesse avere una sorta di alleanza con lo stesso scopo in vista. Questo non lo trasforma ipso facto in cristiano e soprattutto non certo nel 312. Poi, chiaramente, iniziò un processo, ma processo e non un momento specifico, di avvicinamento al Cristianesimo, che si concluse col Battesimo, ma, di nuovo, senza che questo possa dirsi essere una comprensione effettiva e piena del Dogma centrale del Cristianesimo. Con i dati attualmente a disposizione, non è possibile spingersi oltre questo. 
 

5 commenti:

  1. Interessante libro che mi è giunto: T. GNOLI, “Le guerre di Giuliano imperatore”, il Mulino editrice, Bologna 2015, studio ben fatto e dalla vasta Bibliografia, ma con il difetto proprio alla grandissima parte dei libri di storia - e **non solo**!! - di oggi: tanto la parte “tecnica” e l’apparato critico son ben fatti, quanto è debole la parte propositiva e d’orientamento generale.
    Sembra una caratterstica dei “nostri” sin troppo “famosi” tempi ...

    Quasi si avesse timore di proporre quadri di riferimento più generali ...

    Qualcosa l’autore tenta nelle Conclusioni, ma di assai debole.

    Per la biografia di Giuliano imperatore, Gnoli rimanda alla classica biografia di J. Bidez, pubblicata in Italia da Il Cerchio, e cioè da un editore sin troppo “schierato” ...
    La questione “Giuliano imperatore” è, purtroppo, divenuta fortemente ideologica dal classico di Gibbon “Rise and Fall of The Roman Empire”, se non anche da prima, ma molto meno all’epoca in cui avvenne. O, per dir meglio, la polemica ideologica posteriore è profondamente differente dalla polemica ideologica, pur presente, dell’epoca in cui visse Giuliano e di quella imemdiatamente a lui seguente.

    La storia **non è** una mera applicazione di dati ideologici agli eventi, questo è un errore tanto grave quanto diffuso.
    Ma pure l’errore opposto lo è: affogarsi in questioni particolari e non tentare nemmeno di proporre qualcosa di più generale, per timori di varia natura.

    La storia nasce dalla Cronoaca, ma non è mera cronaca.

    Quando noi mettiamo alla prova dei quadri generali **in circostanze particolari**, in realtà stiamo “testando” questi quadri generali, e questo è interessante.

    Ma, nella nostra “epoca dell’incertezza **radicale**”, questo non può esser fatto: mette in questione un nodo psicologico ben forte e “parla di corda in casa dell’impiccato”, per così dire ...




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  2. Seppur relativo all’esercito del VI sec., dunque di epoca giustinianea, è comunque interessante, su questi temi di storia militare, questo link:

    http://www.imperobizantino.it/lesercito-romano-nel-vi-secolo-d-c/.

    Per quanto sia in uso considerare l’epoca di Giustianino come Impero “bizantino”, questo non è corretto: forse ancora per poco tempo, rimaneva, tuttavia, Impero **Romano** d’Oriente.

    D’Oriente però ancora Romano.




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  3. Sempre su Costantino, vi è un link interessante:

    https://www.academia.edu/3748048/Costantino_e_i_re_della_prima_Et%C3%A0_moderna_1493-1705_._Imperatore_cristiano_o_re_sacerdote.


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  4. Per quel che riguarda, invece, l’esercito da Augusto a Costantino, cfr. A. EICH “L’età dei Cesari. Le legioni e l’Impero”, Einaudi editore, Torino 2015.

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  5. Sempre un altro interessante libretto, stavolta, di nuovo, su Costantino: F. BONUCCELLI, “Costantino il Grande. Conversando con Costatino”, Mermaid editore, Viareggio (LU) 2010.
    Qui l’idea è quella di una conversazione con Costantino, dove quest’ultimo risponde alle domande dell’autore, un’idea particolare, dove Costantino stesso risponde delle sue scelte.



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