“Dirò
subito che la religione dei Cafiri è poco conosciuta. Probabilmente
si trova in uno stato di degradazione, di disfacimento finale, e si
presenta quindi come una realtà non solo complessa, ma confusa.
Nella nostra breve visita ho avuto l’impressione che i Cafiri
stessi abbiano perso in gran parte ormai il contatto con le forze
spirituali della loro fede, ripiegandosi sugli elementi d’un
superstizioso magismo contadino e pastorale. Nel quadro nebuloso di
babuk, shawan, fate, demoni santi, vaghe potenze
affacciate dagli orli del nulla, vi sono tuttavia, almeno nella Valle
di Bamboret, due personalità divine che godono d’un particolare
risalto: Mahandeo e Jestak. Mahandeo ha carattere nettamente virile e
guerriero, è il protettore della stirpe, del villaggio, della terra
cafira, della caccia, delle greggi […]. Jestak invece ha
personalità femminile, e presiede a tutto ciò che riguarda
l’abitazione, la famiglia, gli eventi biologici della vita
individuale: la gravidanza, la nascita, i bambini, la casa, l’amore,
il matrimonio, la malattia e, infine, la morte” (F. Maraini, Gli
Ultimi pagani, Red edizioni, Como 1997, ibid., p. 148).
“Atto
fondamentale del culto è il sacrificio d’animali domestici. Un
tempo, nelle occasioni solenni, s’immolavano decine e decine di
buoi; le feste allora erano spaventose ecatombi. Oggi, al massimo si
sgozzano alcune povere capre. Per compiere un sacrificio viene acceso
prima di tutto un fuoco dinnanzi al luogo dove risiede la divinità.
Sulle fiamme bruciano alcuni rami del sacro ginepro […]. poi
l’animale viene sgozzato e il suo sangue viene gettato sull’ara,
spesso insieme al latte o al caglio. […] Ogni cerimonia religiosa
importante viene solennizzata con danze e con canti ritmati al
battito di tamburo. Come abbiamo visto, vi son due grandi feste
annuali: il Chowmas, che ha luogo al solstizio d’inverno,
poco prima di Natale, e il Jyoshi che si svolge per tre giorni
in primavera, alla metà di maggio. […] Un’idea importantissima,
che appare in tutte le manifestazioni della religione cafira, è
quella di purità rituale. Ho già ricordato gli importanti tabù che
riguardano uno spazio della cucina […]. la casa cafira, e i suoi
immediati dintorni, sono cosparsi di questi tabù, come i nostri
centri cittadini sono cosparsi di sensi unici, soste vietate e
circolazioni rotatorie. Vi sono luoghi puri e luoghi impuri, come vi
sono persone in stato di purità e altre in stato d’impurità
rituale. Ogni contatto tra i due regimi costituisce infrazione,
spesso vero peccato, e richiede sacrifici, talvolta assai costosi,
perché venga ristabilito l’ordine sacro” (ibid., pp. 149-150).
Suona
familiare a qualcosa...
“The way that you wander is the way that you choose. /
the day
that you tarry is the day that you lose. /
Sunshine or thunder, a man
will always wonder
where the fair wind blows...
where the fair wind
blows.”
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