“lo stato d’emergenza
«La sorpresa è l’essenza stessa della guerra»
Sun Tse”.
P. VIRILIO, Velocità e politica. Saggio di dromologia, Multhipla Edizioni, Milano 1981 (1 9 8 1 !! …), p. 105, corsivi e grassetti nell’originale. (*)
“Guardate la moneta. L’inflazione è crisi, d’accordo. Ma c’è un’altra cosa, ben più inquietante […]. e’ la massa di monete fluttuanti che circonda la terra con il suo girotondo orbitale. L’unico autentico satellite artificiale: la moneta divenuta artefatto puro, di una mobilità sbalorditiva […]. La disoccupazione, d’accordo. Ma è noto che anch’essa ha cambiato significato. Non è più una strategia del capitale (l’esercito di riserva), viceversa non è più un fattore critico nel gioco dei rapporti sociali – altrimenti, poiché il livello di guardia è stato superato da molto tempo, avrebbe dovuto dar luogo a sconvolgimenti inauditi [questo fu scritto nel lontano 1983 … che dire oggi??]. Che cos’è oggi? Anch’essa una specie di satellite artificiale, un satellite d’inerzia, una massa carica d’elettricità neppure negativa [l’elettricità negativa era il vecchio mondo dei contrasti sociali, terminato pian piano a partire dagli ultimi suoi fuochi negli anni Settanta del secolo scorso], di elettricità statica, una frazione sempre più grande della società che si congela [esattamente, quel ch’è accaduta in seguito alla ristrutturazione sistemica cominciata a partire dalla fine degli anni Settanta e che negli anni Ottanta del secolo scorso già era ben visibile, seppur ancora in nuce], che si ferma per inerzia, e, al limite diventa un oggetto di museo nella fabbriche-simulacro tedesche [diciamo che tutta la società è oggi una sorta di simulacro che si replica per inerzia]. […] Dietro l’esasperazione del movimento, qualcosa cosa […] in ciascuno di noi rallenta, rallenta fino a cancellarsi dalla circolazione [ed ecco quei fenomeni, sempre crescenti, di gente che non va più al lavoro, tanti si licenziano anche senza speranza di un miglioramento economico, e tanti fenomeni che Baudrillard, che aveva uno sguardo “lungo” sui movimenti profondi della società, chiamava “implosione”, solo era l’ “implosione ‘dolce’”, cui lui alla fin fine non credeva che solo in piccola parte: per lui ci sarebbe stata una crisi più grossa; in ogni caso: un sacco di gente si sta cancellando dalla circolazione, sociale o digitale che sia, due cose sempre più vicine al collasso reciproco dei due poli, e quando accadrà tal collasso si avrà l’ “implosione” definitiva]. E’ avvenuto un capovolgimento [tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta!, si badi bene, **NON** la pandemia, che ha SOLO accelerato!] […]. «Inerzia polare» dice molto bene Paul Virilio”.
J. BAUDRILLARD, “Dalla crescita all’escrescenza”, L’Illustrazione italiana, anno III, n.12, agosto-settembre 1983, p. 15, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre. (**)
Quest’inerzia è divenuta ENORME anche mercé la pandemia. E a COSA essa può portare? A ciò che alcuni chiamano “democrazia autoritaria”?
Non dimentichiamo il quadro schizzato dai due passi qui su citati. Infatti, solo se poniamo certe cose in un quadro più vasto prendon senso.
In caso contrario, si rimane a delle osservazioni “dal fiato corto”, che possono solo esaurirsi nei tempi minimi della “politica” contemporanea, che non può essere che così – chi dice diversamente, sogna – ma, per favore, non si pretenda che una politica così ristretta “risolva” qualcosa di strutturale: le due cose fanno a cazzotti.
Veniamo alla recente intervista di M. Damilano – in forma scritta, ottima la scelta della forma scritta – a M. Cacciari su “L’Espresso” n.3 del 16 gennaio 2022, ed intitolata: “Se l’eccezione diventa regola”, pp. 15-21. Il sottotitolo recita: «Siamo ancora dentro la Costituzione? Andiamo verso la “democrazia autoritaria”? Ci sono alternative? Confronto con il filosofo critico sulle scelte del governo», ivi, p. 15.
Damilano scrive: “Molti sono i punti di dissenso, ma non si può prescindere da un confronto con la voce di Cacciari”, ivi, p. 16. Il dissenso con Cacciari lo si coltiva su questo blog e da tempo, ma credo per delle ragioni molto differenti da quelle di Damilano, e dello stesso Cacciari, poiché poi, alla fine, si giunge sempre a “che cosa può fare” la “sinistra”. Non reputo le categorie “destra” e “sinistra” se non delle indicazioni generali ed inoltre reputo che il quadro attuale sia divenuto tale per causa del “meltdown” – la fusione del nocciolo in un reattore nucleare – della “sinistra” cosiddetta, mentre le “destre” sono ben vive, le “sinistre” sono un “centro” o un “centro sinistra” tutt’al più. Questo per un cambiamento di sostanza del quadro sociale, direi anche umano, quasi antropologico, insomma generale. Pertanto, tutta la parte finale dell’intervista, dedicata cioè ad eventuali “alternative”, non la trovo interessante, concentrandomi più sulla natura dell’analisi della situazione. Allo stesso modo, discutere del momento epidemico attuale, che pur presenta degli oggettivi miglioramenti, non è interessante nell’ottica di questo blog, laddove qui c’interessano i movimenti più cospicui, quelli sostanziali, che spesso son occultati dai mille piccoli fatti del giorno. Certo, è vero che i coronavirus tendono, in linea generale, ad adattarsi al cosiddetto “ospite”, che parassitano, e tendono a non ucciderlo per garantirsi la possibilità di replica. Ora, un tal adattamento richiede comunque dei tempi, tempi che decide il virus: questa è la “Grande Falla” nel mondo della tecnica. Quest’ultima funziona, lo stesso Cacciari riconosce che i vaccini funzionano, e via dicendo, solo che il mondo della tecnica vive di previsioni, e il virus tende a farle saltare: questo è “il” punto. La tecnica non perde d’efficacia, ma di capacità predittiva: e cioè s’intacca una delle colonne portanti del mondo della tecnica. E, poiché ci siamo, diciamo qualcosina pure sulla natura della scienza tecnica di oggi: essa non può dare certezze per definizione. Essa è di natura probabilistica, per sua stessa natura. Pertanto, che i “tradizionalisti” attardatisi nel XIX secolo continuino con critiche fatte a modelli trapassati non fa ridere: fa solo piangere. La scienza-tecnica di oggi se ne frega della “certezza cartesiana”, men che meno del positivismo del XIX sec., ma risponde alla crisi che la investì – tempo passato (e ricordo qui lo Husserl de La crisi delle scienze europee) –, risponde alla crisi (PASSATA, va RIPETUTO) con la probabilità.
E cioè la scienza-tecnica di oggi, per quanto si dia da fare ad espandersi, non è in grado – per sue ragioni strutturali – di eliminare il “fattore rischio”, che comprime sempre più, certo, ma non elimina mai: Achille non raggiungerà mai la tartaruga, pur se ad essa si avvicina sempre di più. Intanto, però, il mondo com’è oggi ti forza proprio a fare previsioni, perché gl’investimenti li fai sulle aspettative, NON sulle certezze, per cui hai necessità di SICUREZZA. Ma la tecnica NON può dartela!, può SOLO e soltanto comprimere il fattore rischio. Come si vede, dunque, la ricerca dell’assenza di rischio porta fatalmente oltre – al di sotto, per la verità (chi ha orecchie per intendere, intenda) – al di sotto del mondo della tecnica stessa.
Infatti l’umanità chiede certezze alla scienza e quest’ultima non può risponderle: le risponde solo in termini di probabilità.
Pertanto il rischio (“la civiltà del rischio”, ma una “civiltà” fino a qual coefficiente di rischio può sussistere?) è ineliminabile. La sicurezza totale NON ESISTE, anzi, la tecnica si aggiunge come un ulteriore fattore di rischio quando un ritrovato positivo viene controbilanciato da un altro ritrovato, stavolta negativo. E questo fatto è la norma nel mondo della tecnica, la tecnica è una “spada a doppio taglio” per sua stessa natura, che non si può cambiare, lo diceva già R. Bacone ai suoi tempi: quindi nessuna novità. Semplicemente si tratta di una domanda posta ad un qualcosa che non può rispondere a tale domanda.
La ricerca di “certezze” – che a livello sociale prende la forma di ricerca di sicurezza! – è, dunque, destinata solo ad accrescersi ed a fuoriuscire dall’ambito limitato del mondo della tecnica e del “tecnottimismo” che, tutto sommato, è “sposato” dai residui di “sinistra” cosiddetta. Un altro dei loro continui errori, nati da una mancanza di comprensione profonda della società e dei suoi bisogni.
Detto tutto ciò, veniamo quindi alla parte interessante di detta intervista: quella sulla deriva dei sistemi democratici, e se una “democrazia (grosso modo) autoritaria” sia ciò che c’è a breve. Inoltre, la questione dello “stato d’emergenza”, e quanto v’è ricollegato. Questi due sono, in effetti, gli assi portanti dell’intera intervista.
Il tono di Cacciari rimane comunque quello della critica ai governi (quello italiano nello specifico), cosa che non condivido non nelle singole osservazioni, che possono essere vere, ed è sicuro che erano, sono e saranno impreparati, ma tutti i governi, pur reagendo diversamente, quindi non può esistere quella “regia globale” di cui favoleggiano i “complottisti” – il che a sua volta NON vuol dire che non vi sia alcun complotto, solo che è MOLTO diverso dalle versioni parodistiche che ne danno costoro –, pur reagendo diversamente, hanno preso alcuni provvedimenti efficaci ed altri che non lo sono stati. Tutti, chi più, chi meno. Dunque, sebbene alcune critiche siano più che giuste, ci sta sempre dietro l’idea che “le cose potevano andare altrimenti”, cosa tutta da dimostrare, petizione di principio, che attesta solo la mancanza di consenso – ed è “il” punto vero – rispetto alle decisioni degli ultimi governi. Il problema è appunto, allora, quello del consenso: questo è “il” problema.
Ma questo crollo del consenso l’ abbiamo visto in tutto l’occidente contemporaneo, e consiste qui la differenza vera e reale con “l’età del consenso” della quale si parlava su questo blog solo pochissimi anni fa! Che cambiamento epocale! Ecco che l’abbiam vissuto “in tempo – davvero – reale”, ma quanti l’han capito? That’s history, baby: che tu subisci un cambiamento e non ne capisci niente, continuando ad analizzarlo con categorie che già non sono più valide. Questo, nella storia, è la norma (non quella di Bellini, chiaro).
Oggi TUTTI i governi – comprese le istituzioni sovranazionali, peraltro assai deboli – sanno, al di là di ogni ragionevole dubbio, che non godono più del consenso incondizionato del quale godevano sino a poco tempo fa. Hai detto poco! E’ un cambiamento sistemico decisivo. Chi volesse far saltare il vecchio sistema – e sostituirvici, e sostituirsi AD ESSO! (entrando nei suoi “gangli vitali”, chiaro) –, per la prima volta, e da tanto ma tanto ma tanto e tanto tempo, ha un’atmosfera sociale favorevole. Hai detto poco! E’ cambiato lo scenario …
Per tornare al punto, dunque, la via di – relativa – uscita (dunque non la risoluzione, ma la mera reazione) sarà quel che Cacciari chiama la “democrazia autoritaria”? Siamo giunti al punto, signori. Cosettina? Ma certo, le cose decisive, le cose davvero essenziali non si vedono mai, non si vedono mai nemmeno arrivare … Tutto questo – che NON È certo l’ “origine” del “piano” (chiamiamo le cose col loro vero nome?, non “complotto” – “robba” carbonara – ma “piano”, che dura decenni, se non secoli, ed dunque richiede qualcosa che va oltre l’umano, gli uomini arrivano a capire, al massimo e con difficoltà, un po’ qualche complottino “sprint”, pocket conspiracy …) –, tutto questo in due anni, cosa che doveva dunque, compiere una PARTE del PIANO stesso. Ergo: siamo in attesa di una nuova fase, sempre dello stesso “piano”, chiaro.
Vediamo dunque cosa risponde Cacciari alle Damilano domande al riguardo del pericolo della democrazia cosiddetta “autoritaria”, cosa che, come s’è detto qui, ha senso solo nell’ambito di considerazioni assai più vaste.
Prima cosa, Cacciari questione il conducente, chiedendogli se gli si può chiedere se ci sarà la fine dello “stato d’emergenza”, cf. ivi, p. 18. Chiedere si può, certo, attendere una risposta è impossibile, poiché dallo stato d’emergenza non si uscirà mai perché ci siamo entrati – senza che fosse visto arrivare, ventun anni fa, dal punto di vista cosiddetto “politico”, e dal punto di vista economico e tecnico, dagli anni Ottanta, da quando l’emergenza è divenuta l’ UNICO principio di realtà in un sistema di AUTOREFERENZIALE, in un sistema la cui finalità è solo replicarsi. Ciò è così da tempo. Per cui, un sistema sempre più “irreale”, ha necessità dell’emergenza per darsi una realtà, sennò la sua totale assenza di una finalità che non sia il suo auto replicarsi emergerebbe prima o poi, e questo ne minerebbe il consenso, che, comunque, si mina pure oggi – si dirà –, e rispondo: è vero, ma vent’anni dopo, si è dato vent’anni di vita: chi è destinato alla ghigliottina vede la carcerazione come libertà. Peraltro, questo periodo inizia nel 2001, quando comincia ad emergere che il “NWO” – che i gonzi continuano a veder nel futuro – non è in grado di assicurare un’ordine internazionale stabile.
Di qui la nascita dei terrorismi, necessari a puntellare il sistema, poi, col fallimento di anche quest’ultimi, si è definitivamente entrati in una fase dove l’emergenza È l’ UNICA realtà, cioè l’ unico modo di poter prendere decisioni.
Questo è un fatto. Questo porta alla “democrazia autoritaria” di cui parla Cacciari, e che Cacciari ACCURATAMENTE DISTINGUE dai “totalitarismi”, quindi lui non ha niente a che spartire coi “complottisti” che praticano la cosiddetta “reductio ad Hitlerum” (peraltro, come dico SEMPRE: chi tanto paventa Hitler è perché NE VORREBBE UNO)? Certamente, nessun dubbio al riguardo.
E la pandemia non ha fatto che dimostrarcelo ogni giorno che passa. Da qui non si torna indietro.
Ma ne parlava Virilio negli anni Ottanta! Ma scherziamo!
Detto questo, potremmo chiamare il momento storico che si vive: “osceno”, nel senso antico = “di cattivo auspicio”, un momento che “porta jella”, detto volgarmente, dove ogni stupido particolare si alza la mattina e dice: “no!”, compresi tutti i “no questo”, “no quello”. Comunque in definitiva: No! Salve come va? No! Ma io penso che …: No! A questo ci ha condotti il dominio della tecnica, chi avesse ancora un po’ di cervello dovrebbe rifletterci, e per davvero.
Ma veniamo al punto in esame: le “democrazie autoritarie” possono essere un modo per riprendere una parte, seppur minima, del potenziale decisionale che la politica inevitabilmente ha PERSO in questi decenni (perché?, perché ancella E dipendente dalla tecnica, completamente dipendente, ecco il perché)?
Qui Cacciari fa un discorso – finalmente – più vasto, lasciando le polemiche su questo o quel provvedimento, polemiche senza gran senso e che, personalmente, m’interessano sottozero, e scrive: “«Ho sempre sostenuto che per comprendere le politiche durante la pandemia è necessario collocarle nell’ onda lunga di trasformazioni radicali dell’assetto dei regimi democratici formatisi nel secondo Dopoguerra. Globalizzazione e rivoluzione tecnico-scientifica hanno mutato irreversibilmente rapporti sociali ed equilibri di potere [esattamente, precisamente, ma Cacciari non ne trae le necessarie deduzioni]»”, ivi, p. 19, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Esattamente così è. Ma dunque, perché fare il discorso di Cacciari, cioè cercare d’ “illuminare” una politica – di fatto – succube di questa deriva, che non ha MAI accettato – e parlo anche delle “destre” stavolta, che si credono immuni dalla malattia (ma perché?, perché invocano il “popolo”, ecco perché: questo simulacro di “referente ‘materiale’” le mantiene in vita), ma sono solo asintomatiche, cioè diffondono il contagio della “malattia mortale” della politica moderna (perché di questo parliamo) –, no ha MAI accettato di RICONOSCERE la sua subalternità alla tecnica? Mai e poi mai! Infatti, se e solo se riconosci questa tua subalternità – che poi È la tua EFFETTIVA realtà – puoi cominciare a poter “farci qualcosa”, in OGNI altro caso “farci qualcosa” è una mera ILLUSIONE, poiché sei – e sempre sarai – subalterno. Punto. Il resto sono solo chiacchiere.
Senza nemmeno distintivo …
Di questo parliamo, da tempo, in questo blog: del cambiamento di PROSPETTIVE, di PARADIGMA, decisivo, ed irreversibile = non si torna indietro allo stato precedente. È IMPOSSIBILE tornare allo stato precedente. Il resto dovrebbe esser silenzio, ma, nel mondo che c’è oggi, il resto è chiacchiere, “infodemia”, un “information overload”, che, in luogo di dar senso, distrugge senso, secondo le intuizioni di Baudrillard sempre della fine degli anni Settanta, cioè l’inizio del “Gran Cambiamento”.
Ma il “Gran Cambiamento” NON È, oggi, ANCORA COMPLETATO: certo, però, si è che noi entriamo in una nuova fase, il che richiederebbe delle altre, ulteriori considerazioni, che ci porterebbero troppo lontano dal “pezzo” in esame qui. La domanda vera, infatti, è: fermo restando che – davvero – la via è irreversibile, al momento, verso le “democrazie autoritarie” (come dice Cacciari), che non sono totalitarismi, ma una cosa particolare, cosa ci attende dopo? Che le “democrazie autoritarie” siano un fallimento è già scritto, lo sono come lo è stato il “NWO”, straordinario successo di marketing, buono per “far film”, per straparlare su youtube ed altre follie contemporanee, ma che è stato un fallimento.
Il “NWO” era una cosa precisa: il progetto del PATRIZIATO, che ha SEMPRE governato, prima di Trump, gli Usa, di estendersi al resto del mondo. Sennonché il resto del mondo – l’Oriente in particolar modo (solo gente che non capisce niente di quei paesi poteva pensare di aver successo, ma si sa gli occidentali son totalmente autoreferenziali, il resto del mondo non esiste, al massimo è una qualche vaga copia malfatta di loro stessi: da ridere) –, il resto del mondo è rimasto freddo rispetto a tal scopo. Allo stesso modo, il REGIME d’ EMERGENZA – perché questo È, in realtà, la “democrazia autoritaria” –, allo stesso modo la “democrazia autoritaria” è un velo per le oligarchie che dominano l’Occidente, le quali oligarchie hanno sentito il loro regime scuotersi, poiché avevano appoggiato il “NWO”, cioè l’ estensione del patriziato Usa al resto del mondo. Han subito il colpo, ed ora “mettono i remi in barca”, accentrando l’aspetto decisionale.
Ma l’ emergenza è, in tal caso, l’ unico modo per poter fare questa trasformazione anche di tipo politico, non solo economico, mantenendo il consenso. Dunque, dall’emergenza non si può più venir fuori, cambierà la forma, per carità, il coronavirus pian piano fa il suo corso, eccetera, ma vi saranno altri modi, altre modalità per poter andare in emergenza = poter decidere. Intanto, per mezzo del “green pass”, tutti siamo stati “acclimatati” (classica strategia da servizi segreti) al fatto che per poter “esercitare” un cosiddetto “diritto” vi debba essere una “precondizione”, una precondizione di natura e forma digitali.
E che il sentiero verso queste forme “democratiche autoritarie” sia nelle cose, su questo Cacciari ha, dunque, ragione. Ma ciò non significa che siano la parola definitiva, pur essendo le vecchie resistenze di “centro sinistra” (non “sinistra” eh) – lo dico per intenderci – perdenti sul campo.
Difatti – anche per effetto sia delle destre interne (sorta di quinta colonna dall’ inizio della pandemia, non può esser certo un caso, tra l’altro ci son due – circa – lobby in lizza nel mondo, già scrivevo nel 2019, ed una di queste due si è fatta ben sentire nella pandemia!) sia dell’influsso delle potenze orientali ritornate sul palcoscenico della storia (e fanno ciò che vogliono LORO, NON quel che gli dice l’ “Occidente” (in “Occidente” vivono nei sogni e non han capito niente: qualsiasi decisione di Putin o di Xi Jinping sarà presa per forze INTERNE a quei CONTESTI, con scarse possibilità d’influsso da parte occidentale: cari occidentali, la “fine del comunismo” ha ancor più ridotto il vostro potenziale d’influenza da quella parti, ed anche questa è una cosa che, nelle loro analisi tutte sbagliate, non si attendevano; tra l’altro, ridursi alle sanzioni = ammettere il fallimento) –, sennonché quel che succede, in realtà, si è che il consenso interno all’Occidente, in luogo di crescere, s’indebolisce …
Questo non se l’aspettavano, di nuovo.
Di conseguenza, non può esser questo – delle “democrazie autoritarie” – lo stadio verso cui andiamo, ma solo una fase di passaggio. Una fase in un processo più vasto …
Vogliamo dirci la verità? Ma sì, diciamocela. E qual è la verità delle cose, allo stato dei fatti? Molto semplice: che le oligarchie al potere, per quanto lotteranno, per quanto resisteranno, stanno esaurendo il loro ciclo, ed avranno la scelta fra l’entrare nel “nuovo corso” o venire in qualche modo, e sempre, attaccate. Ah, chi le attacca non ha problemi di “consenso”, non gliene può fregar di meno: in altri termini, se deve far del male a sé stesso per poter attaccare, come lo scorpione, lo fa senz’alcun problema. In altre parole: sono le varie oligarchie che hanno di più da perderci. In una tale situazione, le “democrazie autoritarie” nel senso di Cacciari (cioè l’estensione delle varie oligarchie che intervengono direttamente in vista della “crisi delle democrazie”, di cui si parlava in un’epoca di nuovo del tutto “casuale”: la fine degli anni Settanta!) non possono essere altro se non uno stadio in vista di “altro”.
Ne vedremo delle “belle”, come suol dirsi, perché il processo de “La Crisi del mondo moderno” (Guénon) non è finito affatto, anche se siamo in vista del termine, poiché una nuova fase si è iniziata.
Andrea A. Ianniello
(*) PS. Come ho scritto (“go scrito”) altrove, non vi è uno stato d’ eccezione nel senso “schmittiano”, quanto d’uno “stato d’emergenza” – peraltro in ATTO da TEMPO – però esteso A TUTTO IL MONDO, SU TUTTO IL GLOBO. In alternativa, proponevo un “misto” – del tutto particolare! – cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2020/01/lo-stato-di-eccezione-globale-c-schmitt.html.
Virilio parlava di “stato d’eccezione ‘globale’” già illo tempore, anche se lui lo legava – com’era costume all’epoca – con il problema nucleare, che poi è stato il suo ERRORE più GRANDE, poiché lo stato d’emergenza ha una sua realtà e necessità interna SYSTEMICA, serve al System per auto REPLICARSI “ad libitum”, se fosse possibile (non lo è, ma è un altro discorso). Su Virilio, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2021/07/la-dromocrazia-p-virilio-ha-vinto-la.html.
(**) “E’ lo stesso scenario della crisi del ‘29. Ci siamo ancora dentro. La breccia aperta da quella crisi non si è più richiusa. Essa rimane l’avvenimento fondamentale del secolo [con conseguenza sino ad oggi, cioè nel XXI secolo]”, ivi, p. 16, in nota a pie’ pagina, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. In realtà: non ne siamo usciti da quello “scenario”, poiché si tratta di un problema strutturale del capitalismo. Dopo il Secondo Conflitto Mondiale si son fatti sforzi enormi per far accedere a vasti settori delle classi medie le “facilitazioni” del sistema capitalistico con lo scopo di evitare la crisi da sovrapproduzione (nella quale ci risiamo un’altra volta, dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 – peraltro anch’essa mascherava una “crisi di sovrapproduzione”, poiché si trattava di elargire credito anche a chi non ne aveva facoltà di riceverlo, per poter mantenere i CONSUMI, sempre lì è “IL” punto). Peraltro noi si è recentemente ripassati nello stesso quadro: sovrapproduzione a fronte di una “gelata economica” che ha raffreddato i consumi, consumi che, peraltro, avevan raggiunto già un plateau e che segnavano l’inizio di un “clima” da “simil ‘29” GIÀ PRIMA dell’esplosione della pandemia: non dimentichiamo questo che non è un dettaglio ininfluente.
Come si “paga” la tanta merce lasciata invenduta, ora? Con l’ aumento della materie prime, che ha una radice strutturale. Ma stiam capendo che questo è un altro “shock” nello style degli anni Settanta del secolo scorso? Certo, in forme diverse, e via dicendo: nulla si ripete uguale. Nulla.
Tuttavia i “nodi” strutturali del sistema – cioè il come funziona – quelli ritornano sempre. E perché? Perché funziona in quel tal modo lì, ecco perché! Ed ecco perché son stucchevoli i piagnistei sulla “diseguaglianza”, come se questo sistema potesse risolverla! Da ridere … I più realisti dicono: metter dei calmieri. Su questo ci siamo, son d’accordo, ma questo è, non è altro …!
Ora però: perché la “ridistribuzione” operata dopo il Secondo Conflitto Mondiale si è arenata? Perché prima cosa era strumentale: vi era il “comunismo” cosiddetto dall’altra parte, dunque si doveva dimostrare che il sistema capitalistico desse “a tutti” (un falso radicale) la possibilità di accedere alle famose “facilitazioni”; e, seconda cosa, se fosse andato oltre un certo limite, intaccava la distribuzione – fissa – della “torta” della ricchezza sociale, poiché obbligava il famoso gruppi, ristrettissimo, del vertice centrale a diminuire il suo tasso di profitto. Il che, nel capitalismo, è peggio della morte: il sistema o si espande o si contrae, lo “stato stazionario”, se fosse possibile, però anche come quadro di riferimento, è inconcepibile nel sistema. Difatti, ora siamo in fase contrattiva: cosa vogliono i cosiddetti “tutti”? Una fase espansiva. Non ci sta proprio a numero uno stato “armonico”, perché “stazionare”, nel capitalismo, uguale la fine, la morte.
Il tasso di profitto stava scendendo negli anni Settanta, il mantenere lo “stato sociale” avrebbe significato intaccare la possibilità di continua espansione – teorica, ma deve starci a forza – da parte della ristretta minoranza dominate: apriti cielo! Bestemmia! Si doveva dunque iniziare a comprimere lo stato sociale che, pezzetto dopo pezzetto, è stato fatto a pezzi, appunto …
Questo a sua volta perché il sistema-mondo dell’economia – e della “civiltà” – capitalistica si costruisce attorno ad una gerarchia fissa: è super falso che la gerarchia non vi sia in detto sistema o che sia “scalabile”, quel ch’è possibile è solo una relativo rimescolamento delle carte in determinate, fisse, percentuali: per esempio, tu la classe media se in parte la sposti in Oriente o in Sud America, devi necessariamente contrarla nei paesi di più vecchia appartenenza capitalistica, cosa puntualmente avvenuta. La percentuale della classe media non puoi farla espandere oltre una certa percentuale che ha un certo numero, fisso.
“e’ la massa” qui sopra va cambiato in: E’ la massa.
RispondiElimina“questione il conducente” qui sopra va cambiato in: questiona il conducente.
Il passaggio dalla giustificazione “in alto” a quella “in basso” è la fase costitutiva dello stato moderno ma il punto della sua - dello stato - crisi è che questa “giustificazione” non è più reale o “materiale”, che dir si voglia.
RispondiEliminaDi conseguenza, si è sostituito il corpo elettorale con il “popolo”, che chiamo un “pubblico” …
Il perché ciò sia successo: nasce dalle guerre di religione e dalle conseguenze della riforma luterana ha origine nel XVII secolo, **non** nel XIX …
Se salta il “patto non scritto£ della modernità (dal XIX sec.), salta tutto, perciò si **fa finta** ci sia ancora. Il patto non c’è più perché lo stato moderno, con le sue promesse, non è in grado di poterle mantenere “per (**relativamente**) ’tutti’”, **i cosiddetti** “tutti”, leggi: la classe media …
Di conseguenza, la politica si dà, armi e bagagli, alla tecnica, poiché senza di essa sa - ma mai che la cosa divenga cosciente, è un sapere “subconscio”, diciamo: **sente** - che non ce la può fare, poiché - intanto - essa politica continua nel far promesse …
Il patto funziona sempre meno, questo è certo, è così. Il patto resisterà? sì, lo sta facendo, sotto l’ “egida” delle destre populiste, del cosiddetto “popolo”, e sotto il manto della “sicurezza”, per questo dei certificati digitali si diffonderanno sempre di più a fronte di classi medie sempre più “insicure” …
Quando tu ricollegherai un certificato digitale ad un nominativo *ed al denaro*, ecco che avrai il famoso “numero della ‘bestia’”, che si può fare, sta divenendo un’ “opzione “concreta”, cioè possibile …
Cf.
RispondiEliminahttps://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/04/la-situazione-nel-del-nostro-mondo.html
Cacciari sembra credere che lo “stato d’emergenza” sia “reversibile” - peraltro “reversibile” per mezzo del ritorno alla Costituzione ed alle vecchie panoplie della democrazia liberale rappresentativa, la cui crisi di rappresentanza l'ha minata alla radice - e **non certo** da ieri.
RispondiEliminaMa non è così, è il completamento di cose cominciate negli anni Settanta del secolo scorso.
“Qualcuno ha detto che con la democrazia vien esteso a tutti il privilegio di accedere a cose che non sussistono più”[1].
RispondiElimina[1] R. CALASSO, L’innominabile presente, Adelphi Edizioni, Milano 2017, p. 69, corsivi miei.
Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/10/in-margine-ad-unanticipazione.html