“L’uso di coprire con una
maschera il volto di un morto non era una caratteristica esclusiva degli antichi
Egiziani: il senso originario di quest’usanza, comunque, doveva essere il
medesimo dappertutto. Con la sua forma simbolica – talvolta simile a quella del
sole – questa maschera rappresentava il prototipo spirituale cui si riteneva
che il morto dovesse reintegrarsi. Si considera generalmente la maschera che
copre i volti delle mummie egiziane come un
ritratto stilizzato del defunto; ma
ciò è vero solo in parte, benché questa maschera divenga realmente, verso la fine dell’antico mondo egiziano e sotto l’influsso dell’arte greco-romana [i famosi “Volti del Fayyum”, per esempio], un vero e proprio ritratto funebre. Prima
di questa decadenza la maschera non mostra il defunto com’egli era, ma come sarebbe dovuto diventare: è un volto umano che si avvicina in
qualche modo alla forma immutabile e luminosa degli astri. Ora,
questa maschera svolge un ruolo ben determinato nell’evoluzione
postuma dell’ anima: secondo la dottrina egiziana, la modalità sottile inferiore dell’uomo – quella che gli Ebrei chiamano il ‘soffio delle ossa’ [in nota Burckhardt
fa riferimento al libro di Guénon sullo “spiritismo”, ma, in realtà, pure nelle
dottrine più antiche tramandate in Cina vi è un parallelo: le ossa come ricetto della parte yin del complesso umano, tra l’altro
potenziale causa d’epidemie secondo queste dottrine] – può essere trattenuta e fissata [si ponga ben mente
ai due termini usati …] dalla forma sacra [idem] della mummia. Questa forma
– o questa maschera [idem] – svolgerà dunque, in rapporto a quest’ insieme di forze sottili diffuse e centrifughe
– il ruolo di un principio formale [impedendo, cioè, a tali forze di disperdersi, cosa molto importante, poiché
sono forze centrifughe; tra l’altro, la base del feng-shui in origine questa era: “fissare” il “soffio delle ossa”
in determinati luoghi (su di esso vi è un passo in un vecchio scritto[[1]])];
essa [maschera o “forma”] sublimerà [passaggio dal solido all’ “aereo” senza passare per lo stato liquido] questo ‘soffio’ e lo fisserà, facendone un legame fra questo mondo [il “nostro” eh …] e l’ anima stessa del defunto, un ‘ponte’ attraverso il quale le incantazioni e le offerte dei vivi
raggiungeranno l’ anima, e la benedizione del defunto potrà raggiungere i vivi [la base del “culto
degli antenati” sta qui]. Questa fissazione del ‘soffio delle ossa’, d’altronde,
si produce spontaneamente alla morte
di un santo [qui vi è legato il
cosiddetto “profumo di santità”, vagamente rosaceo],
da cui la virtù specifica delle reliquie.
Nell’uomo che ha raggiunto la santità, la modalità psichica inferiore – o la
coscienza corporea [in pratica: è
dire la stessa cosa, importante chiave
…] – è già stata trasformata nel corso della sua esistenza terrena: essa
è diventata veicolo di una presenza spirituale, che verrà poi fissata
alle reliquie ed alla tomba del santo. E’ probabile che, in origine, gli Egiziani consacrassero soltanto le mummie di uomini d’alto rango spirituale, poiché non si può trattenere senza pericolo
la modalità psicofisica di chicchessia [ed ecco perché, tra l’altro, oltre un certo periodo le reliquie sembrano “funzionare meno”, e qui penso
anche alle mummie d’importanti personaggi, ricollegabili a certi stati o a
certe dottrine: quelle di Lenin o di Mao sono tra le più conosciute, ma c’è
anche Eva Peròn o J. Bentham, la “mummia
del capitalismo”, come la chiamo]. Per
tutto il tempo in cui il quadro tradizionale restò intatto,
questo pericolo poteva esser
neutralizzato; esso si manifesterà quando uomini di una civiltà
affatto diversa, completamente ignari delle realtà sottili, infrangeranno
i sigilli dei sepolcri” (T. Burckhardt,
Simboli, Edizioni all’insegna del
Veltro, Parma 1983, pp. 19-20, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi
quadre[[2]]).
Andrea A. Ianniello
[1] Cf.
https://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2019/01/dialettica-yin.pdf, da p. 9 e
sgg., sul feng-shui – sul “dominio” delle
“forze sottili” – ma quelle legate a quest’ aspetto del mondo “sottile”, eh; come suol dirsi: a buon intenditor
…
[2] Tutto ciò spesso
ha dato luogo a rappresentazioni letterarie molto, ma molto, ma molto ma molto “materializzate”,
cioè quel che un’umanità “completamente ignara delle realtà sottili”!, s’ immagina che tali “realtà” siano. Se uno
volesse averne un’idea un tantino più esatta, potrebbe consultare un testo,
sempre in forma di racconto – e dunque “digeribile” – su tal tema, narrazione
che presenta una buona, breve, ma non mal fatta, “introduzione” a questi
problemi di “mummie, e non solo”, cf.
https://www.delosstore.it/delosbooks/22404/sherlock-magazine-6-i-nuovi-studi-di-sherlock-holmes/, è il
cosiddetto “apocrifo” della rivista, per l’esattezza il terzo della sezione “Narrativa”
del volumetto.
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