domenica 14 luglio 2019

Definizione di “destra”


















«Definizione di destra: si deve difendere la tradizione, perciò andiamo dal popolo che ha sempre ragione; manco capiscono che, in un mondo effettivamente “tradizionale”, il ruolo del popolo non è quello di chi parla né quello di chi ha la sovranità, ma la loro mentalità gli impedisce di comprendere come ciò sia contraddittorio».


Il popolo – in un mondo “tradizionale” –, infatti, non è il “titolare” della “sovranità” ma solo del consenso.


Si dovrebbe – a questo punto, e volendo andare la “fondo” delle cose – rifletter bene sul fatto che la modernità si definisce come “cortocircuito” fra “consenso” e “sovranità”. La sovranità “è” il consenso.
Siamo al “nocciolo duro” della modernità.
La modernità si definisce dunque così: il mondo dove vale che la sovranità è consenso.
Il mondo “tradizionale” allora così si definisce: quel mondo in cui sovranità e consenso non coincidono[1].
Questa non coincidenza è sostanziale, immodificabile. 
Si passa al mondo della modernità in modo “discreto”, cioè con una discontinuità, discontinuità che si attua precisamente in base al “cortocircuito” fra sovranità e consenso.
Dal mondo pienamente moderno si passa invece a quello postmoderno, che in realtà è il mondo della piena decadenza del moderno[2], senza una “soluzione di continuità”, una volta, però, che il cortocircuito perda il suo “referente materiale”, come insegnava Baudrillard, e divenga, quindi, un mero gioco di segni che si riferiscono ad altri segni, senza più un referente “materiale”. 
Si nota di sfuggita, ma è cosa importantissima e che non dovrebbe sfuggire, che una tale “deriva” è iniziata dal campo economico, per l’esattezza dalla valuta, dal dollaro che si disimpegna dal valore “materiale” di “riferimento” dell’oro. 
Ed inizia quindi a fluttuare in quanto tale, come valuta, slegata da qualsiasi referente materiale.
Ora però, che le “destre” siano le “rappresentanti” del mondo “tradizionale” è la più grande falsità della modernità.
Questo perché per loro il fatto che il “popolo” è “sovrano” è il dogma più intangibile che ci sia. Ancor di più delle “sinistre”, che conservano un barlume del fatto che vi sia qualcos’altro oltre il cosiddetto “popolo”; ovviamente, se il “popolo” fa quel che vogliono loro, non altrimenti[3], dunque è falso anche questo, ma conserva un barlume. Le destre niente. Zero, anzi sottozero. Il “social figurativo” più disperante, più spento, più disperante.














Andrea A. Ianniello













[1] “[…] ma è appunto nel ‘regno della quantità’ che l’opinione della maggioranza può pretendere di esser presa in considerazione”, R. Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi Edizioni, Milano 1982, p. 14. Questo è il “dogma non scritto” del “nostro” mondo, la folla è l’unico “messia” oggi. Oggi vi è la democrazia come “doxacrazia”, sì la dòxa che Platone non stimava, quella, la democrazia “realizzata”, ed essa è sostanzialmente di “destra”, perché questa è l’opinione della maggioranza, l’opinione che domina la maggioranza, specie in certi paesi, i più deboli, come l’Italia o la Grecia o i pesi dell’Europa dell’est.

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