«Definizione
di destra: si deve difendere la tradizione, perciò andiamo dal popolo che ha
sempre ragione; manco capiscono che, in un mondo effettivamente “tradizionale”,
il ruolo del popolo non è quello di chi parla né quello di chi ha
la sovranità, ma la loro mentalità gli impedisce di comprendere come ciò sia
contraddittorio».
Il popolo – in un mondo “tradizionale”
–, infatti, non è il “titolare”
della “sovranità” ma solo del consenso.
Si dovrebbe – a questo
punto, e volendo andare la “fondo” delle cose – rifletter bene sul fatto che la
modernità si definisce come “cortocircuito”
fra “consenso” e “sovranità”. La sovranità “è”
il consenso.
Siamo al “nocciolo duro”
della modernità.
La modernità si
definisce dunque così: il mondo dove vale che la sovranità è consenso.
Il mondo “tradizionale”
allora così si definisce: quel mondo in cui sovranità e consenso non coincidono[1].
Questa non coincidenza è
sostanziale, immodificabile.
Si passa al mondo della modernità in modo “discreto”, cioè con una discontinuità, discontinuità che si attua precisamente in base al “cortocircuito” fra sovranità e consenso.
Si passa al mondo della modernità in modo “discreto”, cioè con una discontinuità, discontinuità che si attua precisamente in base al “cortocircuito” fra sovranità e consenso.
Dal mondo pienamente
moderno si passa invece a quello postmoderno, che in realtà è il mondo della piena decadenza del moderno[2],
senza una “soluzione di continuità”, una volta, però, che il cortocircuito perda il suo “referente materiale”, come
insegnava Baudrillard, e divenga, quindi, un mero gioco di segni che si
riferiscono ad altri segni, senza più un referente “materiale”.
Si nota di sfuggita, ma è cosa importantissima e che non dovrebbe sfuggire, che una tale “deriva” è iniziata dal campo economico, per l’esattezza dalla valuta, dal dollaro che si disimpegna dal valore “materiale” di “riferimento” dell’oro.
Ed inizia quindi a fluttuare in quanto tale, come valuta, slegata da qualsiasi referente materiale.
Si nota di sfuggita, ma è cosa importantissima e che non dovrebbe sfuggire, che una tale “deriva” è iniziata dal campo economico, per l’esattezza dalla valuta, dal dollaro che si disimpegna dal valore “materiale” di “riferimento” dell’oro.
Ed inizia quindi a fluttuare in quanto tale, come valuta, slegata da qualsiasi referente materiale.
Ora però, che le “destre”
siano le “rappresentanti” del mondo “tradizionale” è la più grande falsità
della modernità.
Questo perché per loro
il fatto che il “popolo” è “sovrano” è il
dogma più intangibile che ci sia. Ancor di più delle “sinistre”, che
conservano un barlume del fatto che vi sia qualcos’altro oltre il cosiddetto “popolo”; ovviamente, se il “popolo” fa quel
che vogliono loro, non altrimenti[3],
dunque è falso anche questo, ma conserva un barlume. Le destre niente. Zero, anzi sottozero. Il “social figurativo” più disperante, più spento, più
disperante.
Andrea A. Ianniello
[1]
“[…] ma è appunto nel ‘regno della quantità’ che l’opinione della maggioranza
può pretendere di esser presa in considerazione”, R. Guénon, Il Regno della
Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi Edizioni, Milano 1982, p. 14. Questo è il “dogma non scritto” del “nostro” mondo, la
folla è l’unico “messia” oggi. Oggi vi è la democrazia come “doxacrazia”, sì la
dòxa che Platone non stimava, quella, la democrazia “realizzata”, ed essa è sostanzialmente
di “destra”, perché questa è l’opinione della maggioranza, l’opinione che domina
la maggioranza, specie in certi paesi, i più deboli, come l’Italia o la Grecia
o i pesi dell’Europa dell’est.
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