“Tutto funziona. Questo è appunto l’inquietante, che funziona e che il funzionare spinge sempre oltre verso un ulteriore funzionare e che la tecnica strappa e sradica l’uomo sempre più dalla terra”.
M. HEIDEGGER, Ormai solo un dio ci può salvare, Ugo Guanda Editore, Parma, 1987, p. 134, corsivi miei. Si tratta dell’intervista di Heidegger a “Der Spiegel”, del 1976, che però Heidegger volle fosse pubblicata solo postuma.
“Fu in una spaventosa notte di novembre che contemplai il risultato delle mie fatiche.
MARY SHELLY, Frankenstein”.
In P. LEVENDA, Satana e la svastica. Nazismo, società segrete e occultismo, Oscar Mondadori, Milano 2014 (ed. or. 2005), p. 128, corsivo in originale.
“… la società dell’informazione e dello spettacolo non è altro che la realizzazione radicale della doxacrazia sulla quale si regge l’Occidente, e in cui la conquista della posta in gioco, il consenso cioè dell’opinione pubblica, avviene secondo il principio supremo di Sun Tzu: vincere senza combattere. Da questo punto di vista, non solo il pensiero di Sun Tzu non è incompatibile con le forme di consenso vigenti ora nelle democrazie occidentali, ma ne è anche una delle chiavi interpretative fondamentali [sembra simile, in realtà non lo è: il consenso che si ottiene per mezzo di tattiche indirette si attua in Occidente dopo le tremende lotte delle guerre di religione]”.
“L’arte di vincere”, studio introduttivo di A. Corneli a SUN TZU, L’arte della guerra, Guida editori, Napoli 1988, p. 59, corsivo in originale, mie osservazioni fra parentesi quadre. Ma il punto vero è che tale radicalità di “realizzazione” non è affatto percepita o si glissa su di essa. Sulla seconda osservazione (vincere senza combattere), questo principio – effettivamente centrale nell’opera di Sun Tzu [Sunzi], viene usato anche dai nemici dell’Occidente, il quale – all’estero – non si comporta certo secondo Sun Tzu, quanto all’opposto!
“La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro che padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige […] il paese. Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare. Questa è la logica conseguenza di come è organizzata la nostra società democratica basata sulla cooperazione del maggior numero di persone, necessaria affinché possiamo convivere in un mondo il cui funzionamento è ben oliato”.
E. L. BERNAYS, Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, Logo Fausto Lupetti editore, Bologna 2008, p 25. Tra l’altro, è interessante notare che Bernays era il nipote di S. Freud.
“Tutti si sono sistemati nella crisi come principio fantasmatico di realtà. Principio d’iperrealtà: nessuno in fondo ci crede, ma tutti vogliono convenire sulla sua credibilità, cioè sulla sua più grande probabilità come compromesso, sulla speranza di questo compromesso definitivo. Sosteniamo questa congiuntura aleatoria, questo luogo indefinibile della crisi, solo questo ci può risparmiare l’evidenza della nostra fine. Distillare nella gestione della crisi l’ evidenza che la crescita è ormai terminata, e che ci troviamo in un altro regime le cui conseguenze sono incalcolabili. Non siamo più nella crescita, siamo nell’escrescenza”.
J. BAUDRILLARD, Dalla crescita all’escrescenza in “L’Illustrazione italiana”, anno III, n°12, agosto-settembre 1983, p. 13, corsivi miei [1].
Commentando l’articolo recente di Cacciari intitolato: «L’incompetenza dei tecnocrati», su “La Stampa” del 03-11-2021, se ne possono mettere in luce gli aspetti positivi, come i negativi, ambedue assai significativi. Dunque ho letto il Cacciari articolo e tutta la prima parte non può che trovarmi consenziente, così è, ma diciamo questo è il livello analitico, sul quale ci siamo in questo blog, soffermati a lungo, e c’è poco da dire. La seconda parte, invece, non mi ritrova d’accodo in ordine a due punti: 1) sulla Cina, la situazione cinese si può riassumere in due parola: la Cina ha conservato aspetti novecenteschi, crede di poter “controllare” il sistema, e l’unica questione che rimane da sapere questa è: per quanto tempo ancora? I dirigenti cinese possono essere assai accorti, eredi della loro tradizione sull’ “arte della guerra”, e tuttavia vi son dei limiti, oggettivi. Recentemente è uscito un vol. di “Limes”, intitolato “Se crolla la Russia” (n°6 2021), ma non è il punto: è che vorrebbero far crollare la Cina, non la Russia, Cina che, con tutti i suoi difetti e limiti, gli ha salvato il didietro sia nella pandemia – vero che le autorità di Wuhan han fatto schifo (e ciò del tutto indipendentemente dall’origine del virus, poiché qui trattiamo di come si È TRATTATO l’emergenza del virus, e qui la gran parte del mondo ha fallito), ma poi è intervenuto lo stato “nazionale” che ha potuto controllare il virus e la sua diffusione solo e soltanto perché decide qualcuno: vi è chi decide, senza deleghe di sorta – ed ora nello scandalo Evergrande: caduta rinviata; 2) il suo libro su Il lavoro dello spirito (del 2020, e che ho citato, anche con favore) però propone una sorta di patto fra i “saperi scientifici” e “l’azione politica” per far fronte alla crisi sistemica (perché questo è: CRISI SISTEMICA): ma ciò è chimerico! Per qual motivo chi sta IN VANTAGGIO – radicale, sostanziale, irrecuperabile, praticamente assoluto – dovrebbe concedere – perché ciò è – a tal patto? Il sistema capitalistico-tecnico NON È Augusto. L’imperatore poteva – in teoria – far fuori i senatori (e ciò effettivamente successe nella fase di passaggio fra la fase finale della crisi della Repubblica romana e l’instaurazione dell’Impero) uno ad uno, ma non lo faceva, per molti motivi (soprattutto per la merce principale della politica: IL CONSENSO), lasciandolo come organo anche se solo consultivo. Proprio questo era il “patto” augusteo, patto che poi, nel corso dei secoli successivi, de facto, si romperà.
Ma rimane che il sistema tecnico-capitalistico NON È Augusto! Non è una “persona” in alcun senso! Non ci puoi “discutere”, non gliene frega nulla della tua “opinione”: infatti la “doxacrazia” – cioè la democrazia rappresentativa – può aver libero corso proprio perché le opinioni non ne intaccano il funzionamento.
Non importa quanta “diseguaglianza” ci sia, la cosa che conta è che funzioni, e che il funzionare porti ad altro funzionare: non c’è fine – “LA” fine – come non c’è “IL” fine, lo scopo.
Politicamente si può decidere se far sì che tal sistema produca vaccini o armi nucleari – ovviamente sto estremizzando per farmi capire – ma, ad esso, non interessa. La cosa fondamentale sta in questo: dev’esser mantenuto in funzione. Il sistema funziona con le sue diseguaglianze, con la “laggente” che non lavora e i mille e un guai che ci sono: precisamente questo devi spiegare. Il problema è che **si spiega**, solo che la spiegazione non è molto gradevole, ecco tutto …
E continuiamo con Cacciari, che si propone anche di dare una mano, in qualche modo, a voler “salvare” un sistema politico in stato mentale comatoso: ma proprio in base a ciò che lui dice, cioè che la politica delega sempre più totalmente ai “competenti” perché manca della, necessaria ed irrinunciabile, visione d’insieme, proprio per questo è impossibile salvare il sistema! Salvarlo dall’avvitarsi su se stesso, processo che, iniziato decenni fa, con la pandemia senza dubbio ha preso un’accelerazione notevole, nessun dubbio.
La politica sta lì, ancella del sistema (che manco capisce!, direi, fra le righe): su questo ha ragione, nessun dubbio. Ma è proprio per questo motivo che le tirate à la Foucault e la “biopolitica” – che rimane politica! – sono zero convincenti: quando tu metti a confronto le paure di tanti con la situazione reale viene immediatamente la domanda: ma cos’è? Un film “catastrofista” di “serie B” americano? Sì. Ci sarebbero dovuto essere rivolte non per la pandemia, ma da tanto tempo: e invece niente. Decenni di consenso totale, piatto, morto, smorto, smunto, stanco e però reale: questo si deve spiegare, non qualche rivolta. Non le nostalgie del fascismo, che ci sono, ma il “nostro” tempo è oltre queste forme novecentesche, piaccia o non.
La politica – da decenni – vive di slogan: essa è totalmente incapace di formulare programmi. Ciò perché la sua sostanza culturale si equivale a zero o a zero virgola niente. Scopo: farsi eleggere, a qualsiasi costo. Abbiamo visto, nel precedente post, che questa crisi era già ben vista da Cavalli nel lontano 1995. Dov’è stata la famosa “politica” in ben 25 anni? Faceva slogan … paga del fatto che il sistema funzionasse e che il suo funzionare portava inevitabilmente ad altro funzionare. Poi però è venuta la crisi sistemica e non sanno cosa fare.
In democrazia “rappresentativa” i corpi intermedi son tutto: sennò sei in una altro sistema, che può esser anche democrazia “diretta”, solo che la democrazia diretta non funziona per insiemi politici molto grandi. In democrazia rappresentativa la decisione invece si lega con la rappresentanza, cosa che non avviene in altri sistemi.
Se spariscono, dunque, i corpi intermedi che cosa n’è della democrazia rappresentativa? Qui, in questo blog, se n’è parlato – e DA TEMPO – della crisi strutturale della rappresentanza: devi solo far due più due fa quattro … e fa quattro, né cinque né tre.
Tale crisi non è un “incidente di percorso”, ma è strutturale, sostanziale o come vogliamo dirlo. Punto, il resto davvero sono solo chiacchiere, cioè opinioni, e cioè il “quasi dio” nella “doxacrazia”; purtroppo però non puoi analizzare una situazione in base a delle opinioni: l’analisi di una situazione dev’essere il più lontana possibile da qualsiasi opinione. Analisi della situazione = “epistème”; opinione = “doxa”, per Platone le due si opponevano, o, se non lo facevano, comunque restavano ben distanti. Per questo, tra l’altro, Platone non amava la democrazia: per la “doxa” e la sua inevitabile centralità e rilevanza in regimi dove la decisione si spartisce in gruppi. Sia detto per inciso: per Platone “epistème” NON ERA la scienza moderna, attenzione, non era “tèchne” ma proprio non lo era in alcun senso.
In democrazia rappresentativa, tornando a noi, la rappresentanza si fa per mezzo della “doxa”, ma, se prendi le tue decisioni solo in base alla “doxa”, vai a sbattere.
Dunque la situazione attuale non è altro che la CONCLUSIONE di una crisi che inizia da LONTANO, in termini temporali: dagli anni Settanta del secolo scorso, e si è accelerata dalla fine del comunismo (che voleva rappresentare, senza poterci mai riuscire, la decisione senza la “doxa”!), una cosa che sopravvive solo in Cina continentale, non a Taiwan. Da quel tempo: la “doxacrazia” è sempre andata crescendo. Ma, se stai in una crisi sistemica, la “doxa” ti serve zero.
E tuttavia, intanto la “doxa” si moltiplica, e a dismisura, in modo “virale”, soprattutto Internet, ed in Internet i “social” vi contribuiscono in maniera decisiva: sui “social” l’opinione È TUTTO, la realtà non esiste, esiste solo la simulazione della realtà, e tale simulazione corrisponde ad una realtà evanescente. Per cui puoi sostenere quel che ti pare, niente lo smentisce, salvo un altro “quasi dio” si faccia vedere – avrai cura allora ti scacciarlo – ed ecco che si è definitivamente, irreversibilmente passati alla “doxamania”. In tal caso, allora, l’opinione – la “tua” opinione … che non è “tua”! – **È** il mondo. Naturalmente, l’opinione si MANIPOLA, verissimo, ma ciò non riguarda chi crede alla “realtà” del mondo simulato. Dicono che “la tivvù” manipoli, ma i “social” no, lì c’è la “verità” … ma se lì è ancor più manipolato il mondo, ancor più simulato! L’unica differenza, questo sì – ed è la causa dell’ “infodemia” –, sta in questo: che nella “tivvù” l’agente emittente la “doxa” è UNO SOLO, sui “social” vi è pluralità di agenti emittenti. Il che – la ripetizione di opinioni contrastanti – rende la coesione sociale sempre più labile, favorisce a sua volta l’implosione sociale, ecc. ecc.
Il circolo è vizioso, assai.
Insomma il System non è capace – ma nemmeno vi è interessato – ad alcun “Nomos della terra” (Schmitt), e tanti equivoci nascono dall’attribuire ad esso un tal fine: non è il suo fine, non è il suo scopo. Non è interessato ad esso. Il “Nomos” lo deve cercare qualcun “altro”, “chi” vi sia interessato, non il “sistema tecnico capitalistico digitalizzato”, cioè passato nella simulazione, nella codificazione come unico suo scopo e funzionamento di base (alla radice di tutti questi errori sta il non aver capito il cambiamento cominciato negli anni Settanta del secolo scorso per rispondere alla crisi petrolifera, e compiuto realmente soltanto quest’oggi, a seguito della crisi pandemica: sta tutto qui). E si fa modestamente osservare che “HIC SUNT DrRACONES” (dicevano le vecchie carte geografiche [2]), e cioè si deve SCONFIGGERE la forza sistemica che punta sempre ad un ULTERIORE FUNZIONAMENTO. Il che (“sconfiggere”) non vuol dire tanto l’annullarla, cioè toglierla, quanto invece il dominarla. E dominarla significa una cosa molto precisa: imporgli – imporgli – una finalità estranea, che ecceda il funzionare che porta ad un altro funzionare, potenzialmente senza fine. SOLO E SOLTANTO QUESTO riapre uno SPAZIO POLITICO; che si è chiuso dalla fine del comunismo, certo, non in un giorno, ma questo è quanto.
Ora mi si dica se “si dà” una potenza politica MODERNA – moderna – che sia capace di ciò, anzi: se “si dà” una politica MODERNA che anche possa solo concepire una cosa simile? Per ciò stesso, non sarebbe più moderna!
Non vi è cosmo nello sguardo dei competenti, dice Cacciari, ma solo “universo”, etimologicamente: cioè (volto) verso una (cosa sola), un (obiettivo solo), un (solo scopo). Ma se la scienza moderna è nota proprio per questo!, essa che ha distrutto il “cosmo” – ordinato gerarchicamente nonché qualificato secondo sostanze (in altre parole: essenze, cosmo basato sull’ “essere” non sul “manipolare”, non sul “fare”) – per costruire un “universo”! Come possono dunque averlo, nello sguardo, un “cosmo”, una visione globale, d’insieme, i “competenti” (la politica è fuori gioco da tempo)? Non scherziamo, please … Non possono fare che ciò che sono, non possono che far ciò cui l’orizzonte culturale limitatissimo che seguono, e che li ha educati, li spinge a fare. Punto. Chi la pensava diversamente È STATO FATTO FUORI, non fisicamente – ch’è come dire: non vali nemmeno lo sforzo di venirti a pigliare e sbatterti dentro!, perché questo è –, o alla fine ha lasciato perché non d’accordo con la “cosa”, col sistema.
Punto e basta. Tutta ‘sta gente che protesta lo fa in nome della libertà individuale che il sistema non può più garantirgli perché sta in crisi, ecco perché, non perché gliene stra freghi niente della “libertà individuale” come non gliene può importar di meno di un qualsiasi altro fine che possa eccedere il suo funzionare, funzionare nel contempo espandendosi, eh. La “libertà individuale” interessa(va) quelli che hanno scatenato la forza sistemica della tecnica credendo che scopo della tecnica fosse quella di “accrescere la libertà (INDIVIDUALE, e SOLO quella) dell’ ‘uomo’ (supposto uguale dovunque)”. E vi siete sbagliati: che allucinazione! Se avvenisse una presa di coscienza in tal senso, sarebbe cosa buona, ma non accadrà: le “critiche” cosiddette sono solo volte a trovare la salvezza nei termini stessi del sistema, e rimaniamo nell’ “autoreferenzialità”, strutturale peraltro …
E parliamo di Draghi. Che a Draghi non interessi la politica come tale, questo dice Cacciari, è vero: Cacciari ha ragione su questo. Ma ciò perché Draghi segue “il principio informatore” (“ESSI VIVONO”, 1989), cioè: “Chi maneggia l’oro detta legge”. Questa legge (non scritta, legge di “natura”, secondo il capitale, cosa che Marx, giustamente, non accettava) c’è sempre stata, dall’inizio del capitalismo nel XVII secolo, ma, con la fase cominciata dagli anni Settanta del secolo scorso vi si aggiunge una tendenza crescente verso la smaterializzazione, verso la digitalizzazione.
Tornando a Draghi, lui gestisce la somma enorme data all’Italia, dunque comanda per una legge non scritta che conta più di qualsiasi “doxa” nel sistema capitalistico, comunque si chiami tale “doxa”. Quando la gestione di tale somma comincerà finalmente ad essere istradata su certi canali (già scelti, anche per intervento dello stesso Draghi), la sua forza diminuirà e potrà esser messo da parte o dandogli una carica importante o in qualsiasi altro modo ciò accadrà: sarà, in quel momento, solo il destino dell’individuo Draghi. Ora non è così, egli è il banchiere che ha dietro di sé la forza sistemica, dunque un diritto che viene prima (nel mondo del capitale), un diritto che, DI FATTO, è più forte di qualsiasi opinione istituzionalizzata. Funziona così.
Il principio informatore: chi maneggia l’oro detta legge.
Il consiglio dei ministri è come un CEO: si presentano le proposte, i piani son discussi, poi si decide. Stop. La decisione fa parte ormai del passato, non si ritorna su di essa; c’è altro da fare. Come un CEO. Nessuna democrazia è violata, nessuna opinione conculcata, solo che l’opinione si deve confrontare con le cose da fare, che si fanno con enormi somme di denaro che non sono che crediti. Denaro che si gestisce col credito, credito è fiducia, la fiducia non è un bene materiale (il punto che tanto Marx aveva difficoltà sia nel focalizzare sia nel capire: vi sono, sì, delle sue intuizioni, ma mai padroneggiate come tali poiché la sua mentalità hegeliana gli faceva da inevitabile zavorra). Draghi ha il credito, altri politicanti italiani, e non solo italiani, non ce l’hanno. Stop. Non vi è altro da dire. Il diritto di Draghi nel gestire la somma da capogiro nasce dal credito che lui ha. Le elezioni c’entrano come il cavolo a merenda. Altri rappresentanti eletti qua in Italia non posseggono questo credito, per quanto siano eletti: chi è che gestisce la somma enorme? Draghi. Non eletto. E si fa una critica sensata dicendo che “Draghi non è eletto, dunque …”? No, si dimostra solo di non capir niente del mondo in cui si vive.
Di fatto, però, non è vero “la democrazia” viene messa da canto? Non è però questo che accade. Quel che accade si è che il sistema elettivo e rappresentativo – in crisi da decenni – subisce l’inserimento di una catena più forte, cui non solo non è in grado d’opporsi, ma non lo vuole nemmeno perché sa che il denaro non lo gestisce più il sistema politico se non dopo che passi per questa sorta di “filtro”, che non te lo affida se non seguendo le sue – del sistema “filtro” – regole. Ferree. Il capitalismo NON È, non è MAI stato né MAI sarà, il “luogo della libertà” quanto la catena della necessità. Non vi è padrone più spietato del mercato, poiché non è un individuo: è un sistema, è una cosa, però una cosa dotata della capacità di espandersi e di contrarsi, cioè una cosa che ha qualcosa di vivente (di qui la citazione dai Mary Shelley qui sopra) e che sfugge sempre a chi vuol dominarlo.
Nel campo dell’opinione diffusa – spesso non rappresentata dalla politica! – le cose vanno un po’ diversamente, vero: si nota una resistenza, però incredibilmente mal orientata, che segue un simulacro come quei cani nei cinodromi che corrono dietro ad una lepre falsa che non riusciranno mai ad afferrare.
E mica è finita … oh no, chi lo credesse darebbe solo prova di grossa ingenuità … o di grassa ingenuità …
Questo funzionare che porta ad un altro funzionare si chiama: “autoreferenzialità”, cioè A > B > A … ad libitum. Che, poi, è il meccanismo di base del capitalismo; crediti su crediti su crediti su crediti ecc. ecc.; però, a volte, la catena senza fine si rompe da qualche parte. Il sistema va in crisi e chiede allo Stato di salvarlo. Il che accade puntualmente perché nessuno Stato può sostenersi oggi senza i mezzi della tecnica, ma questi hanno un costo, comportano conseguenze nelle società ecc. ecc. Chi non volesse “salvare” il capitalismo da se stesso – quando va in crisi – sarebbe fuori dall’agone politico, per principio. Il colore di tale politica è in sostanza indifferente in relazione al punto in esame.
Morale della parodia: il sistema sta in crisi sostanziale. Esso non è in grado di porre termine a se stesso né di auto governarsi. La politica è da tempo in stato comatoso: le democrazie rappresentative senza corpi intermedi non sono capaci di lasciar lo spazio necessario – fissate come sono col consenso immediato (effetto della tecnica digitale) che richiede slogan usa e getta e non programmi di respiro più vasto – lo spazio necessario, si diceva, perché leader sorgano, leader reali, non populisti. LA CRISI ATTUALE NON HA SOLUZIONE ALL’INTERNO DEL MONDO CHE L’HA GENERATA. Questo è il punto vero.
Ci vuole “ALTRO” …
In altre parole: ci siamo con Cacciari sull’eziologia, non sulla terapia, perché la terapia NON c’è, la malattia della quale soffrono i regimi detti di “democrazia rappresentativa occidentale (o ‘liberale’)” son affetti da una MALATTIA MORTALE (allusione a Kirkegaard), che non ha cura DENTRO i loro stessi ordinamenti – la CHIAVE sta nel “DENTRO” – perché potrebbero esserci cose del tutto a sorpresa in arrivo … Disperarsi così come proporre soluzioni che richiederebbero una ben altra situazione – non presente al momento – sono ambedue cose sbagliate. Devi prima cosa prender atto della situazione venutasi a formare, seconda cosa devi lasciarti libero di accogliere gli sviluppi – anche NON “POLITICI” (in senso moderno eh) – che potrebbero venir fuori.
PER NON CONCLUDERE … Tornando al nostro tema: “Ma la nostra interpretazione solleva immediatamente una nuova domanda, e con la domanda anche un nuovo rischio [sta usando lo schema di A. Toynbee: Question-Answer – una “domanda” della storia ed una risposta concreta, con successi e fallimenti]. Ci si domanda, infatti, quale sia oggi l’attuale appello della storia. Sicuramente, non è più identico a quello dell’epoca in cui gli oceani si spalancarono [è una domanda di ordinamento della Terra e non di ulteriori espansioni]. Di conseguenza, a quest’appello odierno non si può più dare la risposta che venne data a quel tempo. Neppure servono qui le ulteriori progressioni di questa risposta [ma cos’hanno fatto sinora?, precisamente questo!], né le disperate, ulteriori spinte verso il cosmo di una tecnica inarrestabile [ma proprio questo han fatto e continuano a fare!, il problema **È** PRECISAMENTE quello dell’ “INARRESTABILITÀ della TECNICA”!, che non si riesce a governare – che la politica MODERNA non sa – NÉ può, per sua stessa natura di politica moderna, governare, indirizzare, dirigere, in una parola: dominare; di conseguenza, fa l’ unica cosa che sa e può fare: proseguire per l’unico cammino che conosce, far espandere la tecnica la quale dovrebbe por rimedio ai disastri generati dal suo stesso sviluppo, ma qualcosina non convince in tale “ricettina della buona notte”], che hanno soltanto il significato di fare dell’astro da noi abitato, la Terra, una nave spaziale [ma è questo che l’anti-élite - ormai al potere da secoli, ha in mente!, chiaro che non sa rispondere al problema dell’ ordinamento e della risistemazione della Terra devastata dallo sviluppo della tecnica MODERNA, non dimentichiamo questa qualificazione: MODERNA]. Sfortunatamente, è anche troppo naturale che gli uomini reagiscano a questo nuovo appello con la vecchia risposta [e così è stato: e cosa continua oggi a succedere?, proprio questo!], dato che si è mostrata esatta e vincente in un’epoca precedente [ma nulla ne attesta la qualità vincente in un’ altra epoca, epoca di natura differente]. Ed è questo il pericolo [divenuto il nostro presente]: ritenendo di essere storici [creature cioè determinate dal passato] e attenendosi a cià che è stato vero in passato [= l’essere “storici”], gli uomini dimenticano che una verità storica è vera una volta sola [questa la tesi di Schmitt, ispiratosi a Toynbee]. Voglioo ignorare che, visto dalla parte degli uomini, un nuovo appello della storia può esser soltanto un pre-comando e per di più un pre-comando cieco. Così diviene antistorico proprio questo attenersi alla vecchia risposta [precisamente questo è oggi e da molto tempo in qua, ma la storia c’insegna che intere civiltà sono crollate perché HANNO CONTINUATO a rispondere nel vecchio modo], e perciò è anche troppo naturale che chi in un’epoca precedente è risultato vincente più facilmente di altri non sappia rispondere al nuovo appello della storia [e lo vediamo nell’Occidente di oggi]. Come potrebbe infatti comprendere che anche la sua vittoria è stata vera una volta sola? E chi sarebbe in grado d’istruirlo in proposito? [nessuno, ma il punto è che nemmeno vogliono istruirsi “a tal proposito”!, per causa di quel senso d’inerzia sistemica di cui s’è detto insieme alla decadenza irreversibile della leadership nelle democrazie RAPPRESENTATIVE LIBERALI]”, C. Schmitt in E. JÜNGER – C: SCHMITT, Il nodo di Gordio. Dialogo su Oriente ed Occidente nella storia del mondo, Il Mulino, Bologna 1987, p. 166, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. I sistemi politici occidentali – come notava Cavalli nel 1995 nel suo testo sul leader – non consentono a leadership consapevoli del differente “appello della storia” di poter venir fuori. Punto. Tale crisi – e non a caso si è qui citato libri degli anni Ottanta e uno dei Novanta (Cavalli), e per carità di patria grazio il lettore da testi ancor precedenti – ha radici profonde nel passato recente. Oggi, però, “i nodi son venuti al pettine” ma non sanno – né possono – sbrogliarli. Son aperti ad “altro”, non perché lo “vogliano” o lo “desiderino”, quanto perché vi son costretti, volenti o non …
Andrea A. Ianniello
[1] In nota, scriveva: “Siamo nello stesso scenario della crisi del ‘29. ci simo tuttora dentro. La breccia aperta da quella crisi non si è richiusa [il sistema capitalistico vi ritorna sempre di tanto in tanto, con modalità diverse, ovvio]. Essa rimane l’ avvenimento fondamentale del secolo [XX]”, ivi, p. 16, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Il sistema non è in grado di uscirne, si ripete oggi: vi sono più merci di quante sia possibile consumarne, ma il sistema produttivo (e nemmeno quello naturale) non riesce a reggere se aumenti gli stipendi oltre una certa soglia per stimolare il consumo (ricetta “keynesiana”) perché DEVI parallelamente aumentare le TASSE, il “tabù” che il neoliberismo ha imposto al mondo, con ragioni del tutto ignote al neoliberismo stesso. Pertanto, l’unica cosa che puoi fare si è d’aumentar gli investimenti cosicché si possa produrre a meno, con meno “costi ambientali” (che sarebbe la “natura” secondo il capitale!, “costi ambientali”!) ed dunque con prezzi minori: blindare il sistema … e l’escrescenza si accresce … dal sistema non si esce certo in tal modo!
[2] In questo tempo in cui i “nodi della Luna” – che sono i punti eclittici – sono il Nodo Nord (Caput Draconis) in Gemelli e quello Sud (Cauda Draconis) in Sagittario: i due punti di loro “esaltazione” in senso astrologico.
L’intervista – intera – di Heidegger (del 1976), qui su citata, può leggersi al link: cf.
RispondiEliminahttps://gabriellagiudici.it/heidegger-ormai-solo-un-dio-ci-puo-salvare/
Adesso non c' entra nulla col contenuto del suo post ma le posso chiedere cosa ne pensa dei 60 segni minori nell islam che marcano l arrivo del Dajjal,scorrendo la lista si nota come moltissimi avvenimenti "qualitativi" siano apparsi solo negli ultimissimi anni...
RispondiEliminaSì li conosco, vero quel che dice, ma - di nuovo e sempre - non ci si deve fissare sulla enumerazione letterale dei segni stessi. Queste sono delle “enumerazioni”, **non** il punto essenziale.
EliminaPeraltro su queste cose si fissano in tanti, perdendo il quadro generale. Comunque verissimo che si sia verificata – e che si sta **ulteriormente** verificando – un’ “accelerazione”, nessun dubbio al riguardo.
Ribadisco dunque: “dove” si “fissi” quel “marchio” è meno importante di **cosa** esso effigi o simbolizzi. Ribadisco inoltre: che il System sia lasciato sulla via della crescente, ingovernabile – come si dice qui su – digitalizzazione spinta non basta per portare al “Regno dell’ ‘A.’”, **non sufficit**. Pensarla diversamente significa mal intendere quel che ne scrisse Guénon “illo tempore” su tal tema.
EliminaKirkegaard qui sopra presenta il solito errore di battitura manca la “e”; dunque va cambiato in: Kierkegaard.
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