giovedì 14 ottobre 2021

Non ci si dimentichi mai di “DIMENTICARE FOUCAULT”; su due passi estratti da tal testo

 

 

 

Si contrappone abitualmente la civiltà moderna come genere di pensiero o di cultura alle civiltà tradizionali, ma si dimentica che il pensiero moderno – o la cultura da esso generata – è soltanto un flusso indeterminato e in un certo senso non definibile in senso positivo, poiché in esso non vi è più in esso alcun principio […] dipendente [...] dall’Immutabile; il pensiero moderno non è [...] una dottrina tra altre, esso è ciò che richiede una particolare fase del suo svolgimento”.

F. SCHUON, Comprendere l’Islam, SE, Milano 1989, p. 30.  Perlomeno, però, si segua la fase in cui si è, non si continui una fase passata …!

 

 

A questo punto si fece avanti un uomo risoluto: – […]  I segni son chiari. Il vostro antenato ha catturato un drago nero. Da tempo nel Qin il primo mese comincia alla decima luna, l’ultima dell’inverno. Il vostro governo è quello delle leggi e dei castighi. Voi avete vinto con la spada. Il vostro regno non può esser che quello dell’acqua”.

J. LÉVI, Il Grande Imperatore e i suoi automi, Einaudi editore, Torino 1986, p. 195.

 

 

Fine del sistema panottico”.

J. BAUDRILLARD, Simulacri ed impostura. Bestie, Beaubourg, apparenze e altri oggetti, Cappelli editore, Bologna 1980, p. 78, corsivi in originale.

 

 

Che il sistema panottico – e cioè il potere moderno, diverso da quello antico (i cui modelli di “male” sono Antioco che mette un idolo nel Tempio di Gerusalemme, il Secondo, e via dicendo: questo è il modello, storico, dell’Anticristo!, tanto equivocato nella modernità che vi applica il modello del “potere centralizzato” che tutto controlla!) - che il sistema panottico sia finito, è precisamente ciò che Foucault manca totalmente dall’afferrare (peggio ancora i suoi seguaci). Il modello panottico è, infatti, accentrato, quello della “sorveglianza diffusa” nel quale – per lo meno dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso – siamo ben dentro, è un sistema diffuso, “molecoralizzato”, passato dal molecolare al virale, direi ormai, per mezzo d’Internet. Ecco il senso della digitalizzazione diffusa, che sta facendo un altro salto: dal molecolare – che c’era nei tempi analizzati da Baudrillard – al virale di oggi: un’ulteriore discesa. Ma rimane che si tratta d’un cambiamento qualitativo, che tanti mancano dall’afferrare. Cambiamento “qualitativo” significa che la NATURA del fenomeno – il controllo – È CAMBIATA.

IRREVERSIBILMENTE.

Non vi è un panottico centralizzato, come il carcere di Santo Stefano a Ventotene: tante celle osservate da un punto centrale. No! Non è affatto così, pensarlo significa aver del tutto mancato di comprendere la fase iniziata ormai già nella fine degli Settanta del  secolo scorso e della quale, sia detto solo en passant – altro tema sul quale non è fatto purtroppo poter diffondersi – Pasolini ebbe il merito d’intravedere, solo intravedere, le fattezze: ed ecco un potere diffuso ed oscuro, che prende il posto del vecchio modello panottico, del quale il fascismo fu come l’ultima, avrebbe detto Baudrillard, resurrezione da zombie, da zombie, poiché già era un vecchio sistema). Dal panottico all’ “omni ottico”, dove le telecamere, letteralmente, sono dappertutto, ed “anche tu” puoi compratene una, anche tu – se sei sorvegliato – puoi sorvegliare! Che bello! [**] Una cosa che il vecchio modello panottico avrebbe decisamente, totalmente, fortemente, assolutamente ricusato ad ogni costo: lo stato CONTROLLA, il “cittadino” è solo CONTROLLATO. STOP! Ma oggi è cambiato il modello, che dico oggi: dagli anni SETTANTA! E dov’è stata ‘sta gente sinora? Dove ha vissuto? Beneficiava dei vantaggi, seppur illusori, dati alle classi medie dal System della Grande Prostituta (a), vantaggi che la crisi sistemica ha costretto a tagliare. Ah ecco!, capisco. Beh, non c’è più trippa per gatti, signori, e votare i populisti o seguire i “complottardi” non vi potrà dare la ricchezza perduta. Perché era frutto di un’illusione, erano certi ambienti a truccare il sistema perché il gioco pendesse dalla loro parte, dunque anche dalla vostra (quindi non lo facevan certo per beneficenza!). Poi, dal 2008 in poi, non è stato più possibile. Ah, storicamente parlando, il gioco pendeva da una certa parte perché fu necessario “sconfiggere il comunismo”, ed dunque era necessario far sì che, “in Occidente” (non altrove, giova ricordarlo) vi fossero dei vantaggi reali per le classi medie (solo per esse: gli esclusi ci son sempre stati: la società dei due quarti, cosiddetta, poi divenuta la società dell’un quarto, con le classi medie che, una volta finito il comunismo, credevano di poter entrare nel mondo del bengodi, purtroppo è stato l’inizio di un movimento che avrebbe portato alla società dell’un quarto).

I vantaggi erano reali, certo, ma erano, ahi noi, ottenuti per mezzo del classico gioco del capitale: crediti su crediti su crediti su creditiad libitum. Purtroppo però, la catena si spezza sempre da qualche parte: non esiste la catena senza fine

Ed ora cosa stan facendo? Abboffano i mercati di liquidità sennò il castello di carte cade! Anche la valuta digitale ha il suo posto in un tal quadro. Ma il punto, ahi noi, è che allunghi la catena, sì, ma non esiste “la catena senza fine”!

Che si fa quando la catena si rompe? Nessuno lo sa …

Una cosa, però, si sa, e si sa bene: che i populismi vari non sono in grado di risolvere un problema la cui radice sta nel funzionamento stesso del sistema. Quel che possono fare, di solito lo sanno fare bene, in pratica, è il deviare lo scontento di volta in volta su bersagli che risultino neutri per il sistema stesso e la sua perpetuazione, che dico: la sua replica. Specie di termoregolazione cibernetica sistemica: ecco perché tali fenomeni si ripresentano, in mille vesti, ma sempre con regolarità, ogni volta che il sistema va in crisi. COME OGGI. 

Ma veniamo al testo.

 

 

Non ci si dimentichi mai, dunque, di Dimenticare Foucault!

Si tratta,  senza dubbio, d’un piccolo libretto – un pamphlet –, e tuttavia uno dei libri più importanti del secolo scorso. Vorrei qui ricordare due passi, che possono esser utili, nella stempiata e stonata “temperie” anti culturale che si sta vivendo, da tempo notevole, ormai.

Si riporteranno i due passi dall’ultima edizione, non da quella, “mythica” ormai, del lontano 1 9 7 7, che fu l’anno nel quale apparve tal pamphlet.

Non fu capito, quasi fosse una mera polemica “personale” contro Foucault – la polemica c’era, senz’alcun dubbio, e fatta in modo magistrale, fra i migliori “Baudrillard d’annata”, “vintage”: la penna di Baudrillard è come scattasse, agile, attenta, per niente occhiuta, “percettiva” e “mantica” quasi –; la polemica c’era, ma vi era, e vi è, di più, vi è ben altro. Continua, quindi, a non esser capito: all’epoca poteva esser anche non dico “giustificato”, ma, di certo, capito, oggi, però è cecità pura. [*]

 

La scrittura di Foucault è perfetta, in quanto il movimento stesso del testo rende conto mirabilmente di ciò che propone: quella  spirale generatrice del potere che non è più un’architettura dispotica  [ed è qui, subito, il primo punto che tutti questi che oggi protestano non riescono a capire, come di chi ha rievocato il termine foucaultiano di “biopolitica”], ma […] un vortice […] senza origine (ed anche senza catastrofe [secondo punto: la difficoltà di “andare” in “catastrofe” da parte del “potere interstiziale, diffuso, omeopatico” del “nostro” tempo: siamo in un “B movie” di tipo cosiddetto “catastrofista”, siamo sempre “sull’orlo di”, poi, alla fine, vien qualcosa ed evita: sull’orlo della crisi climatica, però alla fine …, sull’orlo del default, però alla fine …, sull’orlo della crisi pandemica, però alla fine …; dalla fine degli anni Settanta – appunto l’epoca del libro di Baudrillard – siamo in una tale temperie, che non è certo casuale: solo che i “B movies” alla fine stancano …]), con un dispiegarsi sempre più ampio e più rigoroso; d’altra parte questa fluidità interstiziale del potere che inzuppa tutto il reticolo poroso del sociale, del mentale e dei corpi, questa modulazione infinitesimale del potere (dove rapporti di forze e seduzione sono avviluppati inestricabilmente) — tutto ciò si legge direttamente nel discorso di Foucault (che è anche un discorso di potere [nessun dubbio a tal proposito, ergo anche il discorso di “biopolitica”, cosiddetto “alternativo”, è un discorso di potere!]): questo fluisce, investe e satura tutto lo spazio che apre [ed ecco la “chiave di volta”, l’occupazione interstiziale dello spazio, che viene saturatoquesto fa la tecnica digitale che “informa” di sé tutto il “potere”, pulverulento e residuale, del “nostro – “amato” – tempo!]; i minimi qualificativi penetrano negli interstizi più riposti del significato; le proposizioni ed i capitoli si avvolgono a spirale; un’arte magistrale del decentramento [decentramento del potere, ciò che iniziò alla fine degli anni Settanta del secolo scorso e fu totalmente non capito dalle allora esistenti ancora “sinistre”] permette di aprire spazi nuovi (spazi di potere [di nuovo: ecco ciò che Baudrillard, fra i pochissimi, comprese illo tempore], spazi di discorso [per B., i due piani vanno in parallelo]), che son immediatamente occupati dall’infiltrazione minuziosa della sua scrittura [in parallelo al movimento del potere “digitale”, cioè, del quale potere Foucault, come la “biopolitica”, sono specchio, con “nostalgia” della fase precedente, di qua il legame col potere “occhiuto e dittatoriale” che si ritrova nel retrobottega mentale di tutti questi ultimi “protestanti”, e di qua la domanda di (pseudo) “fascismo”!]. Nessun vuoto, nessun fantasma, nessun ritorno di fiamma: un’oggettività fluida, uno stile non lineare ma orbitale, senza smagliature. Il senso non va mai oltre ciò che è detto: quindi nessuna vertigine; ma non naviga neppure in un testo troppo largo: quindi nessuna retorica. Insomma, il discorso di Foucault è uno specchio dei poteri che descrive.

Qui sta la sua forza e la sua seduzione, non certo il suo «indice di verità»; è questo il suo leitmotiv: i procedimenti di verità; ma […] il suo discorso non è più vero di qualsiasi altro — no, la sua forza e la sua seduzione sono nella magia di un’analisi che svolge i meandri sottili del suo oggetto, che lo descrive con un’esattezza tattile, tattica, in cui la seduzione alimenta la potenza analitica […]. Questo è pure il procedere dl mito, […] e non è dunque un discorso di verità [di nuovo: ecco cosa i fautori di “biopolitica” – che ha paralleli con l’ “esopolitica” sugli UFO, peraltro, probabilmente, termine coniato “in parallelo” a quello di “biopolitica”! – ecco cosa i fautori di “biopolitica” non comprendono: è un discorso “mythico” e non “di verità”, di conseguenza deve necessariamente poter evocare il “fantasma del potere (sedicente) ‘onnipotente’”, Himmler o Berija redivivi, come suo criterio di “verità”, che però rimane sempre “mythico”; ma ecco anche perché non può ch’evocare una forma di pseudo fascismo, fallendo (more solito) l’evocazione dell’Anticristo “dei romanzieri e dei registi di film”, cioè l’A. che deve “conquistare il mondo” – per farsene cosa, poi – specie, a sua volta, di Gengis Khan redivivo, illusione da me sempre criticata], […] e credo segretamente senza illusione sull’effetto di verità che produce [probabile, ma i suoi seguaci – che scambiano l’aspetto “mythico” con quello di “verità”, considerando il primo come “vero” –, son convintissimi riguardo a tal “effetto di verità”!]. E’ del resto ciò che manca a coloro che, seguendo le tracce di Foucault, passano accanto a questo procedimento mitico [che non riconoscono come tale!] e si ritrovano con la verità, nient’altro che la verità [che, però, è un mito, un MITO POLITICO; ed è questo, detto in poche parole, il problema che nasce dalla “biopolitica” foucaultiana: il prendere un effetto “mythico”, una proiezione dell’epoca del panottico, per un effetto di realtà]”, J. BAUDRILLARD, Dimenticare Foucault, PGreco Edizioni, Milano 2014, pp. 5-6, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Insomma: se Ivan IV il Terribile ritornasse in vita, o se Stalin e Hitler non fossero mai passati, non v’è alcun dubbio che, avendo i mezzi attuali, li userebbero per rafforzare il panottico. Nessun dubbio al riguardo.

Solo che c’è un problema: i mezzi attuali nascono per sopperire al fallimento di quei precedenti modelli, sostituendo una sorveglianza diffusa ad una centralizzata. Definitivamente sostituendola, poiché siamo in capitalismo: ciò che costa meno sostituisce sempre ciò che costa di più; mantenerti una polizia segreta costa tantissimo, una sorveglianza diffusa costa molto meno. Il secondo modello vince il primo. Ma la Cina, si dirà. Come ho detto, questo è un modello, che in realtà non si potrà mai realizzare totalmente, per cui, di fatto, coesiste con frammenti superstiti dei modelli precedenti, ma rimane il modello di riferimento MONDIALE, quello verso cui TUTTO tende. La Cina non è “il” modello. Checché ne dica chi l’agita come spettro – marxiano! – della Cina in realtà sta agitando, appunto, uno spettro, altrettanto inconsistente del comunismo che, poi, alla fin fine, se uno ci pensa, solo uno spettro è stato, cioè un qualcosa che non ha consistenza però viene usato per avere degli effetti … La cosa che fa piangere sta nel fatto che venga ancor oggi agitato, lo spettro … Che oggi ha preso la forma della “Cina”, dal “pericolo rosso” al “pericolo giallo”! C’è la Cina, reale, coi suoi problemi e la sua storia, e c’è la “Cina” … uno spettro marxiano, insomma (b).   

Dobbiamo dedurne (anche) questo: il discorso di  Foucault ha tanto successo – la “biopolitica” lo ha, cioè – proprio perché tal discorso è lo “specchio” dell’epoca del digitale, come c’è stato “lo specchio del feudalesimo” studiato da Duby (come recita il titolo del lavoro, peraltro, dell’anno successivo a Dimenticare Foucault, a firma di Duby). Dicendo questo, so benissimo che, quando si tratta di “feudalesimo”, si tratta di astrazioni, che la realtà è più complessa, ma pure “la digitalizzazione” come modello ha i suoi grossi limiti, a misura che connette assieme fenomeni di natura spesso diversa, riconnessi più da una concetto di società che da un’effettiva comunanza concreta. Ma, oltre ad esser necessario costruire dei “modelli” per poter capire – purché non si dimentichi che son tali, cioè modelli – va poi aggiunto che, più che modelli fissi, van considerati “direzioni” di “processi”, mai pienamente realizzabili del tutto: tuttavia l’orientazione verso il loro compimento rimane quella. Di qui si deduce che una piena “digitalizzazione” non solo non sarà realizzata mai, ma non è punto realizzabile; tuttavia, tutto punta verso questa direzione, in maniera ancor più accelerata dopo la pandemia.

In poche parole: Foucault affascina perché fa risorgere – siccome uno zombie – il modello del “potere cattivo ed occhiuto”, una delle caratteristiche della modernità (lungo il discorso, ma sarebbe interessantissimo, capir bene perché questa cosa sta tanto al centro della modernità, che la detesta ma, in realtà, n’è affascinata: c’è come una richiesta di avere questo potere occhiuto ed “omni controllante” dietro i vari disordini attuali, perché questo modello, seppur fra tante, reali, differenze, viene, in sostanza, condiviso da parte di tutti gli attuali “protestatori” e “complottardi” di varissima natura; ma non vi è tempo per potersi diffondere su tali temi, peraltro si ciancia tanto di libertà ma si veda quanto è facile farsi pubblicare un qualcosa di realmente critico!)

Stabilito questo, continuiamo.

  

La resurrezione – come zombie – della “biopolitica” è maschera di altro, dunque: “La stessa perfezione di questa cronaca analitica del potere è inquietante. Qualcosa ci dice, ma nella filigrana di questo stile troppo bello per esser vero, […] che da qualche parte tutto ciò è ormai già compiuto e che Foucault può delinearne un quadro così mirabile solo perché opera ai confini di un’epoca  (forse è l’ «era classica» di cui sarebbe l’ultimo grande dinosauro), un’epoca che sta per sprofondare definitivamente [e così, poi, è stato]. Congiunzione proficua agli ultimi bei fuochi dell’analisi, prima che i termini le siano sottratti. […] E se Foucault ci parlasse così bene del potere (e […] in termini reali, oggettivi, molteplicità scomposte, ma che non rimettono in causa il punto di vista oggettivo che se ne ha […], ma di cui non si mette in causa il principio di realtà [questo è il nodo decisivo]), se Foucault, dicevo, ci parlasse così bene del potere soltanto perché è […] puramente e semplicemente dissolto, in un modo che ancora ci sfugge, dissolto per […] annullamento o iperrealizzato nella simulazione […]; ma qualcosa è avvenuto a livello del potere che Foucault non può riafferrare dal fondo della sua genealogia [di nuovo, questo è decisivo]: per lui non c’è una fine al politico [siamo al “nodo” di fondo!, quel che viene – ancor oggi – dato per scontato da tutti i critici attuali, anche quelli non di bassa lega, parlo delle persone serie: anche queste partono da quest’assunto – tacito – che, però, potrebbe non esser affatto vero!], soltanto le metamorfosi, dal dispotico al disciplinare e di qui al microcellulare, secondo lo stesso processo che fu quello delle scienze fisiche e biologiche. Progresso immenso su ciò che s’immagina del potere che ci domina, ma niente è cambiato dell’ assioma del potere [di nuovo: decisivo; detto in altri termini: per Foucault trattasi solo di mutamenti di modalità, la sostanza del “politico” (la sua fantomatica ricorrente “autonomia” e altri simili discorsi) rimane intatta; sorpresina: non è affatto vero …!]: quest’ultimo non salta al di sopra della sua propria ombra, cioè al di della sua definizione minimale in termini reali di funzionamento [il potere, per Foucault, funziona sempre come “reale”, cioè rimane quello del panottico, con tanti cambiamenti, sì, ma di modalità di funzionamento, non delle sue basi]. Proprio perché volto ancora verso un principio di realtà  e […] di verità molto forte [ed è qui il nodo: non vedono come il potere si sia indebolito, come la digitalizzazione lo indebolisca, di fatto], verso una coerenza possibile del politico e del discorso [fatta saltare dalla digitalizzazione massiva: si osservi; di nuovo, non è un effetto casuale] (il potere non è più dell’ordine dispotico del proibito e della legge, ma è ancora dell’ordine oggettivo del reale), Foucault può descriverne le spirali successive […] senza che mai il potere cessi di essere il referente”, ivi, pp. 6-8, corsivi in originale, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre.

(Segue poi una lunga discussione sulla sessualità, che, anch’essa, si è fortemente digitalizzata sul web, per cui, more suo, ha seguito la traiettoria generale dell’intera società, rimaniamo dunque nel modello centrale, che, poi, si può applicare a contesti ed in ambiti differenti.)

 

Ora sul “fascismo” (meglio dire: neofascismo), di quali forze reali costoro fanno – veramente – il gioco, vien fatto di chiedersi [***]), vi è questo passo: “Così il potere fascista è il solo che abbia saputo rimettere in giuoco il prestigio rituale della morte, ma (e questa è qui la cosa più importante) in un modo già postumo e truccato, in un modo di esacerbazione e di messa in scena, in un modo, come l’ha ben visto Benjamin, estetico – e non più veramente sacrificale. La sua politica è un’estetica della morte [vero], un’estetica già passatistica e tutto ciò che dopo di allora è passatista non può che ispirasi al fascismo [quindi anche la rabbia delle classi medie occidentali ormai declinate, quindi la similarità fra neofascisti e “no X”, che sia “no Euro”, “no vax” o altri “no qualcosa”, sta proprio nel “passatismo”, cioè nel richiamarsi al “mantenimento” o alla “difesa” dei privilegi ormai molto declinati delle classi medie occidentali], come ad un’oscenità e a una violenza già nostalgiche, ad uno scenario di potere e di morte reazionario, già superato nel momento stesso in cui fa la sua apparizione nella storia [ecco perché l’essere “superati” e l’accusa – peraltro verissima – di esserlo non scalfisce costoro, cui non interessa “cambiare” qualcosa, quanto piuttosto “difendere” o “mantenere”, e, senza per questo giungere agli estremi di Hitler (o mi si lascia far ciò che voglio, oppure distruggo quanto più posso), la violenza è consustanziale a tali movimenti: essa ne fa parte in modo strutturale, poiché, se non son lasciati “difendere” o “mantenere”, dunque attaccano, e in modo violento]. Eterno scarto dell’apparizione del Messia, come dice Kafka. Eterna simulazione interna del potere, che non è mai di già che il segno di ciò che esso era. Stessa nostalgia e stessa simulazione passatistiche quando si tratta oggi di «micro» fascismi e di «micro» poteri [incredibilmente attuale, considerato l’anno di scrittura ricordato su, dove i “complottardi” e gli “anti complottisti” si rimbalzano l’accusa di un fantasma, quello del fascismo e quello del “potere”, dove i “complottardi” accusano “le banche” cosiddette di essere “fasciste”, o di portare ad un “fascismo globale”, mentre gli “anti complottisti”, i “democratici”, accusano i “complottardi” di “fascismo”, quando al massimo vediamo “micro” fascismi e “micro” poteri, cioè in realtà fantasmi del potere CHE FU; che ciò avvenga per intento polemico – addirittura c’è stato chi ha paragonato il “green pass” cosiddetto a Hitler …! –, da una parte o dall’altra, occulta, copre, nasconde il punto: che cos’è questo “fascismo”, che ormai è solo un termine virtuale, come già è successo per “comunismo”: per B., il “fascismo” è il rivendicare il potere senza giustificazioni, cosa che, però, non è mero “machiavellismo”, perché nasce dalla rinuncia, da parte del “potere politico” ad ogni “referente sociale”; cioè: la politica non “si riferisce” più a questa o quella PARTE della società, questo È il punto; naturalmente, per B., tutto ciò È FALSO e “funereo” (è un’estetica della morte), il fascismo è falso, tuttavia libera energia politica, questo per lui era la causa del suo successo, mentre l’ossessione del “referente sociale” impalla e blocca le “sinistre”; ora, questo potere che – occhiuto e spietato – svolge le sue funzioni senza dover giustificarsi rispetto ad un referente chicchessia – la “nazione” è una bolla di sapone, un pretesto in senso letterale – sarebbe ciò che i neofascisti VORREBBERO: essi vorrebbero che la loro “sfida” al regime repubblicano generasse una risposta spietata da parte di quest’ultimo, cioè il FASCISMO!, sono richieste di fascismo, in realtà, che però, sono irricevibili come accadde al terrorismo di matrice comunista degli anni Settanta, con la differenza che quest’ultimo era di “sinistra”, dunque legato al referente sociale: per costoro si trattava di colpire lo stato, questo avrebbe svoltato verso il fascismo, opprimendo le famose “classi subalterne” (così si dice in linguaggio marxista), ed allora queste ultime si sarebbero ribellate (ovviamente le cose sono andate ben diversamente anche se lo stato era in quel tempo più forte); i neofascisti di oggi non vedranno un nuovo “fascismo” perché il potere moderno ha preso una tutt’altra via: ci attendono tempi che costoro non saprebbero neanche lontanamente immaginare, anche per “l’inserimento” di elementi provenienti da tutt’altra parte che dal “mondo moderno”, elementi che han manipolato i fascismi storici e continuano, seppur in modi diversi, a manipolare i loro parodistici epigoni]. L’operatore «micro» non fa che moltiplicare senza risolverlo ciò che ha potuto essere il fascismo [esatto], e fare d’uno scenario estremamente complesso di simulazione e di morte [il fascismo storico, cioè] un «significato fluttuante», semplificato [le forme “neo”], «la cui funzione essenziale è quella d’una denuncia» (Foucault) [le forme “neo” – come le chiamo: “neon” – sono una “denuncia” di ciò che non va nella società, più o meno quel che tanti dicono]. Anche d’invocazione [questo, questo è davvero il neofascismo, in tutte, assolutamente tutte le sue forme: esso non è altro che un’invocazione allo stato perché sia spietato, sia stato senza limiti: ma sognarlo significa non aver capito assolutamente niente di tutta la vicenda della “modernità tarda” nella quale siamo], poiché il richiamo del fascismo (come richiamo del potere [ma sta tutto qua il nocciolo della questione: nel fondo È LO STESSO, poiché il richiamo al fascismo NON è che un richiamo al potere perché sia tale, senza giustificarsi “socialmente” in alcun modo, ma oggi la crisi esiziale del sociale non si trasforma, ipso facto, in ritorno del fascismo se non in modalità parodistiche, a sua volta il fascismo essendo parodia del potere dell’inizio dell’età moderna, quando si rende indipendente dalla religione: Machiavelli (bisogna conoscer bene tutte queste cose, sapendo guardare i dati essenziali, sennò il riempirti la testa di dati non farà venirne fuori un quadro; per quanto il pittore accumuli tratti su di una tela, se non ha in mente un quadro già esistente, non ne verrà niente)]), pure sotto forma «micro», è ancora l’invocazione nostalgica del politico [QUESTO È IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE!, questo èil” nodo reale: sovranismi, “no X”, populismi vari, neofascismi son tutti parodie, tuttavia nascono da qui: chiedono alla politica di essere tale, ma ciò NON È POSSIBILE OGGI, perché il sistema è cambiato profondamente, il suo cambiamento di pelle – come una serpe – cominciò con gli anni Settanta del secolo scorso, quando solo “la regina nera” giocò, ed oggi stan raccogliendo i “dividendi” dell’investimento fatto], di una verità del politico [siamo al centro, siamo giunti al centro della questione, in uno scritto del lontano 1977; tutte queste spinte si basano sull’idea che vi sia “una verità” del politico “come tale”, ma non c’è, la modernità – la vera modernità, quella che non si vede – nasce dal rifiuto di una “verità” (un ancoraggio verso l’Alto) del politico; da questo essa è nata: come ho spiegato altrove, la necessità del “referente sociale” – o “materiale” – nasce da questa frattura, però il “referente sociale” diventa evanescente col tempo; a tale crisi, vi son stati i due tentativi novecenteschi di risposta, approdati all’inevitabile scacco, cioè: 1) scegli una parte, la “classe”, questo è stato il comunismo nel senso storico, non quella specie di spaventapasseri per gonzi che ormai è divenuto; 2) prendi il potere senza referente: IL FASCISMO questo è]”, ivi, pp. 48-49, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Qui vi son dei nodi reali, dei nodi veri. E su ed in tali nodi si gioca la parte finale della “Crisi del mondo moderno” (Guénon) …  

 

 

Passando ad altro, tutto ciò fa sorgere una semplice domanda: ma, in un mondo così diviso e frammentato, così simulato, così **anti** sacrale ma “‘simulacrale’ simil sacrale”, in un mondo così come fai “unità” in qualche modo? Ed è qui, a mio avviso, che “il marchio della ‘bestia’” può trovare una sua necessità storica, senza la quale non si darà mai. Per “necessità storica”, intendo una ragione per potersi “fare”, per manifestarsi. Questo è un contributo, forse non inutile, al chiarimento di cosa possa – davvero, fuori da isterismi vari – essere un tal “marchio”, sul quale rimando una discussione fra i commenti ad un post precedente per qualche spuntino.

Andrea A. Ianniello

 

 

[*] Questo testo è già stato l’oggetto di due precedenti post, cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/04/ricordare-foucault.html,

e cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2020/10/alterazione-dei-termini-dopo-comunismo.html.

[**] “Nessun imperativo di sottomissione al modello o allo sguardo [di nuovo, il punto]. «VOI siete il modello!» «Voi siete la maggioranza!». Questo è il versante della socialità iperrealistica, in cui il reale si confonde con il modello”, J. BAUDRILLARD, Simulacri ed impostura, cit., p. 79, corsivi miei in, mie osservazioni fra parentesi quadre. Di seguito, Baudrillard (oltre che dle sistema simile ad un virus) parlava dell’epoca in cui viveva, quella della dissuasione (nucleare) che silenziava i contrasti, come una gelata. Dopo la gelata, è venuto il caldo intenso. Poi, di nuovo, la gelata coronavirus. Ora, quando una roccia viene sottoposta a gelate forti seguite da caldi altrettanto forti, cosa succede? Succede che SI FRANTUMA … Noi stiamo ancora vivendo la parte finale di questa – inevitabile – fase di frammentazione globale. Ma stiamo entrando in una nuova, diversa, fase …

[***] Ancor più vero di quando è stato scritto … Cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/11/due-lobby-attualmente-in-lizza-nel.html

 

 

(a) La cui crisi, in realtà, rimonta già da tempo, per puro divertimento cf. A. A. Ianniello, La Questione dell’élite nell’Opera di René Guénon, Messina settembre 2004, Nota finale 1, in cui già se ne parlava, datata: “1 agosto 2004 A. D.”, ivi, p. 70.

(b) “Uno spettro si aggira per l’Europa — lo  spettro del comunismo”, K. MARX – F. ENGELS, Il Manifesto, Datanews/il manifesto, Roma marzo 1994, p. 7. Brrr, si cita “Il Manifesto” di Marx … brrr, che paura: nel XXI secolo è cosa da ridere. In realtà, Il Manifesto di Marx ed Engels è un qualcosa di fortemente datato, di passato, e l’ unico spunto ancora reale sta proprio in questo termine: spettro, che continua ad agitare, in forme sempre differenti, la politica come un comodo mitologema politico

 

 

 

 

19 commenti:

  1. Cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/07/origo-modernitatis.html






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  2. Uno spezzone tratto da Mr Robot che descrive la trollata del digitale-peccato per lo scivolone fu manchu 2.0 cattivo dietro tutto ma vabbè...
    Geniale la colonna sonora di koyanisquatsi e il montaggio a mò di documentario...
    https://www.youtube.com/watch?v=o6LzjjBYpxs

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  3. Grazie della segnalazione, peccato per lo svcivolone ché il video è intelligente, ma - di questi tempi - proprio il minimo che ci si può aspettare si è che ci sia un “super cattivone” dietro “tutte”le cose (accuratamente corredato da un 2.0 di grande voga, non so se ci sarà mai un termine a questo x.0, dove “x” può crescere a dismisura “ad libitum” . . . perché mai fermarsi??), come se tutto fosse così semplicistico . . .

    Ma questo è il clima **anti** culturale dei nostri tempi . . .
    Parodia del futurismo.







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    1. Il “pericolo giallo” ha sostituito il “pericolo rosso” … Ed ecco ritornare Fu Manchu, come prevedevo …

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  4. Non è un caso che solo tre governi al mondo abbiano messo l’obbligo vaccinale per loro motivi particolari: ciò segnala l’ **avvenuto** cambiamento del paradigma del potere contemporaneo. Continuare ad agitare vecchi fantasmi che chiaramente ci son sempre nelle menti di alcuni nostalgici, non c’è dubbio, ma questo sono – nasconde, occulta questo cambiamento e la necessaria comprensione che dovrebbe al contrario esserci, per dirottare l’attenzione su altri temi, fuorvianti poco. Sarebbe al contrario d’importanza fondamentale il comprender bene il cambiamento avvenuto, cominciato alla fine degli anni Settanta ed oggi in via di conclusione. Non è più l’epoca di Orwell né di Gestapo e Stasi – peraltro quei complessi e pervasivi sistemi di controllo costavano parecchio e nessuno stato d’oggi sostanzialmente più permetterseli – ma l’argomento che taglia la testa al topo è che con il digitale i costi del controllo crollano. Cambia, però, la **natura** del controllo stesso …! Quindi è in cambiamento **qualitativo** …






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  5. A proposito di digitalizzazione spinta che non può però raggiungere il suo grado di completezza totale, cosa ne pensi del progetto di Facebook di realizzare il cosiddetto "metaverso"?
    https://www.google.com/amp/s/www.ilpost.it/2021/09/11/metaverso/amp/

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    1. Che sarebbe un altro, e peggiore, stadio verso la digitalizzazione spinta, pur non potendo esser totale: per chi straparla di “green pass” paragonandolo al cosiddetto “marchio della bestia”, questo sarebbe un effettivo passo in quella direzione. Gli manca una cosa fondamentale, se facciamo riferimento, come dobbiamo, all’ “Apocalisse” di Giovanni: il fatto economico, il poter “comprare e vendere”, anche se – se non ricordo male – lo stesso facebook voleva proporre una valuta digitale per piccoli acquisti. Con ciò **non voglio** - non voglio – in alcun modo dire che facebook sarebbe il vettore del famoso “marchio” (“characterem” in latino), che sarebbe lo stesso che le solite facili equivalenze superficiali, ma dico che pare come stano **affinando** il tiro, verso un obiettivo. Che potrebbe davvero essere in vista: una valuta globale – ma globale davvero – con eventuale identificativo e, soprattutto, un segno, un simbolo sopra, e cioè la ri “tradizionalizzazione” della moneta con un simbolo che – per colui che sa decrittarlo … (ci stiamo capendo? …) – avrebbe un determinato significato. Ricordiamoci le “conditiones sine quae non” della cosa: 1) dev’esser mondiale, non può essere il “green pass” né alcuna “green card” qualsiasi, che sono differenziate nazione per nazione, dunque non soddisfano a quest’essenziale requisito; 2) deve aver su qualche segno, un simbolo, un qualcosa (come diceva Guénon, e cioè la “risacralizzazione” – ma **parodistica** stavolta – della moneta, che sempre l’autorità spirituale ha teso in qualche modo a sacralizzare ponendo sulle monete dei “symboli”, appunto); 3) serve a comprar e a vendere, **non** a lavorare.


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  6. Parlando del “pessimismo” Spengler diceva che non era il pessimo l’oggetto del suo noto libro (“Der Untergang des Abendlandes”, “L?andar giù della Terra del tramonto”, l’Occidente), quanto il **compimento**. Giusto. Ma il vero problema dell’Europa è che **NON SA (NÉ può) COMPIERE** il suo destino! Questo è il punto.


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  7. In **tutte** queste analisi manca del tutto all’appello un’analisi – seria – delle trasformazione sistemiche avvenute a partire dalla fine degli anni Settanta, che non è che non siano mai avvenute. Fra queste, c’è il cambiamento di **paradigma** del potere. Prima cosa, **primissima** cosa, da farsi sarebbe quella di recuperare il tempo perduto, non stare appresso ad analisi già vecchie quando apparvero. Come quelle di Foucault e della “biopolitica”, tutta basata sul potere di “Sorvegliare e punire”, cioè un potere ancora “panottico”, che, sì, si dissemina e si miniaturizza, ma non cambia il proprio paradigma. Invece proprio il paradigma di fondo è stato cambiato. Ora, **su questa base** – non su analisi afferenti ad altra epoca –, la domanda vera diventa: Che cosa, ora? Qual è il nuovo stadio che ci attende?
    Allora sì che può aver un suo senso.

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  8. Ci siamo quasi. Probabilmente, tuttavia, si necessita di qualche altro cambiamento … Fra quest’anno ed il prossimo … Probabilmente, la seconda parte.
    Il problema – ovvio – è tuttavia il “piano” (che **NON È** il cosiddetto “complotto”!), comprenderlo, vederlo: e NON È facile affatto!


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  9. Per esempio, ben oltre tutto questo trambusto sul “green pass” – evidentemente strumentalmente usato da una certa forza –, tornando alla questione della digitalizzazione spinta, già dalla direttiva sui pagamenti online entrata in vigore a gennaio di quest’anno vi è la possibilità – poco usata in questo momento, ma di sicuro sviluppo – di usare i **dati biometrici** per effettuare i pagamenti e comprare. Non è questa una direzione molto più proficua per capir gli eventi? Non sarà che tutto ‘sto trambusto sul “green pass” non sia una manovra diversiva – cui si prestano “i soliti noti”, perenne massa di manovra **perennemente** a disposizione – per deviare ogni attenzione dal terreno reale? Vedendo gli eventi come si stanno srotolando, un dubbio – sensato –, a tal proposito, viene …
    Leggevo della notizia secondo la quale, con Chrome OS, vi sarebbe la possibilità di leggere le impronte … ed ecco un identificativo! Si dovrebbe, a questo punto, risolvere il problema, certamente non certo piccolo, di una valuta globale – che non vuol dire unica, ma dovunque riconosciuta – e, su di essa, porvi un segno, un simbolo …

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  10. Sulla ragione per potersi fare, il Marchio, ovvero il sigillo "definitivo": un monaco ortodosso, al tempo del primo vaccino contro il vaiolo, probabilmente associando il test di quest'ultimo sulle vaccine (appunto le vacche) con l'interpretazione letterale del testo giovanneo, " profetizzò " che si trattasse del sigillo dell' "A", questo perché si trattava di una " Promessa di salvezza" altra, rispetto alla Vera salvezza, specie perché estesa a tutte le masse. Ma detto ciò, poi si corregge, dicendo che "è necessario che ci siano diversi vaccini per giungere al sigillo finale". Il punto decisivo, secondo me, è proprio questo: numerose " promesse di salvezza" minori saranno accettate prima di giungere a quella definitiva. I vaccini "fisiologici" apparterranno forse a questa serie di "salvezze", ma poveri quelli, e poveri tutti, che si limiteranno a sottovalutare la cosa scivolando nella mera fisiologia! Ci dobbiamo aspettare una grande -definitiva - e falsa, e parodistica promessa di " salvezza" (?) a breve ma non brevissimo termine: se non lo fosse, perché tutti (ma davvero tutti) dovrebbero rischiare di accettarla senza ripensamenti, e perché sarebbe così tanto dura la Grande Prova che a questa conduce?

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    1. Non mi stupisce affatto che un monaco ortodosso – in particolare nel mondo slavo, in particolare russo (la questione dei “Vecchi credenti” lì ha pesato tantissimo), vi è quest’ossessione dell’ ‘A.’-come-Gengis-Khan” - niente di più lontano dalla realtà – abbia pensato quel che dici: non mi stupisce proprio! Manca a tutti costoro – come a chi sta qui ad invocar e reinvocare lo “stato d’emergenza” schmittiano, che ha un’altra ragione, un’altra realtà – manca del tutto la consapevolezza del piano “sottile”, il tutto riducendosi a cose sostanzialmente “corporee”, il che **inevitabilmente** porta fuori strada. Non se ne rendon conto perché, se lo facessero, ecco che immediatamente non sarebbero più seducibili (sedurre da: “se ducere” = *sviare*). Dunque “perché dovrebbero rischiare di accettarla senza ripensamenti”, si chiede. Risposta: **perché non hai né avrai altra possibilità**, ecco perché, ed ecco perché dicono cumuli di sciocchezze a iosa: se seguiamo – come in effetti dovremmo – l’ “Ap.” di Giovanni **purgando le nostre interpretazioni dalla fissazione di applicarle al momento presente e basta, come s quello fosse “IL” momento ma è certo che **NON** lo è proprio perché noi pensiamo lo sia (apparente paradosso), se seguiamo, dicevasi, l’ “Ap.” di Giovanni **tu (ne senso di “ni”, di tutti) **non** puoi far diversamente**, QUESTO è “IL” punto decisivo. E ciò lo puoi ottenere solo e soltanto sul piano della valuta, del “compre e vendere”, valuta – e si badi bene – che deve poter essere scambiata ovunque nel mondo, dunque solo degli accordi a livello alto nella gerarchia del potere contemporaneo (“al massimo livello”, come suol dirsi) può effettivamente implementare una cosa del genere. Leggevo della Nigeria che vuol diffondere la sua valuta digitale sui telefonini: ma rimane, nella migliore delle ipotesi, una cosa relativa a quella nazione. Né van bene i vari bitcoin e cloni vari. In ogni caso, tutto ciò ha zero a che vedere con la salute pubblica, e, direi, che qui, sulla salute pubblica, stiamo assistendo al canto del cigno dello “stato nazionale”, il quale, a sua volta, non rimonta a prima del XIX secolo. Vero si è che, come amo dire, “il XXI secolo sembra più l’anagramma del XIX che il superamento del XX”, vero. Ma ciò non toglie che la marcia del cammino rimane quella segnata. Quindi vi è dell’ “altro” in gioco, che va oltre “l’ambito tutto sommato limitato” – avrebbe detto Guénon – proprio del mondo moderno.



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    2. In altri termini: se la cosa fosse così semplice, i secoli – che si son dati a notevoli speculazioni sul famoso (e famigerato) “marchio” – avrebbero da tempo risolto il problema. Ma non è così semplice. Proprio per niente.

      Bisogna inserire un dato differente (proveniente da un mondo differente), non permutare il già esistente.

      @i







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    3. Sulla questione del contante, cose note, già dette, cf.
      https://associazione-federicoii.blogspot.com/2015/12/la-rovina-del-cash.html
      Ma **non** basta, ci vuole “altro” . . .
      Passi necessari, tuttavia insufficienti.

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  11. [Commento del lontano **2010**!]
    Le “solite cose ‘complott(®)iste”, trite, ritrite ormai, *sono* più la preparazione dell’Anticristo che altro …


    [Aggiunta del 2021, ben undici anni dopo …!]
    E *non conta* il “teosofismo” ed altro.
    La lotta contro i “sincretisti” è una “foglia di fico” che *sottovaluta* – peggio: *non percepisce nemmeno* – quel che “davvero” è in gioco.
    Occorrerebbe infatti sempre distinguere fra i complotti – che ci sono nella storia, e ci son sempre stati – e il “complott(®)ismo” deviante, che, vedendo “complotti” dappertutto, non ne vede laddove possono davvero esserci.
    Per fare un esempio, il caso Khashoggi.










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    1. Infatti è molto più importante il caso del cash, oggi...

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    2. Decisivo oggi, e ne vedremo ancora, perché la situazione, seppur in parte stabilizzatasi, è instabile nel profondo: la crisi **systemica** continua, e la pandemia mica può essere perenne, tutti i virus, chi prima chi dopo, si attenuano se non spariscono, magari per tornare dopo in forme anche peggiori (la natura è fantasiosa . . .I, ma non possono durare per sempre (questa pandemia è molto simile alla cosiddetta spagnola).
      Il paradosso è che la pandemia, se al principio ha scosso il System, poi ne è divenuto un momento di stabilizzazione, come la “crisi” di cui parlava Baudrillard negli anni Ottanta era divenuto il succedaneo del principio di realtà sempre più evanescente, una volta che l’intero sistema stava pian piano passando dal reale al “virtuale” (ed oggi siamo semplicemente in una nuova fase dello *stesso* processo, dunque **nessun** “Reset”). Così la pandemia, ma se la “crisi” la puoi allargare senza fine, la pandemia non ha la stessa possibilità, dunque le cose cominceranno a srotolarsi più decise quando si attenuerà, cosa che prima o poi avverrà, per cui, se all’inizio dell’anno prossimo si può intravedere un’attenuazione delle tensioni, la seconda metà ne vede la ripresa. Verso una situazione che può portare alla necessità – per far fronte a vari problemi (anche di liquidità, complici i debiti post Covid) – si addivenga quindi ad una situazione nella quale una valuta digitale possa darsi e a livello massivo, globale.
      Ci sono altre susseguenti fasi, ma questo sembra essere uno “snodo” decisivo.

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  12. Anche cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2020/08/gramma.html


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