“Apollo vola dagli Iperborei portato dai cigni bianchi, come Abaris giunge dagli Iperborei in Grecia a cavallo di una freccia d’oro. Viaggi sciamanici. Dio della luce, del metro, dei lupi e dei topi, Apollo. […] Per poter cacciare, occorre disegnare. Un giorno, un giorno che durò non meno di venticinquemila anni, gli uomini del Paleolitico superiore cominciarono a disegnare. Che cosa? La scelta non si poneva neppure: unico oggetto possibile erano gli animali. Gli animali erano la potenza in movimento, che colpiva o si doveva colpire”.
R. CALASSO, Il cacciatore celeste, Adelphi Edizioni, Milano 2016, p. 27.
“Il khan Ögödei ordinò che gli disponessero un seggio sul punto più alto della collina. Da lì poteva dominare una distesa che s perdeva nel brumoso Occidente [e cosa mai potrà essere altro l’Occidente se non bruma? Domanda retorica … ?]. Uno sterminato territorio di caccia. E, mentre fissava lo sguardo in lontananza, le bestie di tutte le specie uscirono dalle loro tane e nascondigli e mossero verso i piedi della collina, guardando in alto, verso il trono di Ögödei. Si sentì allora salire dalla terra un lamento. Tutte le voci delle bestie si univano, simili a quelle di coloro che implorano giustizia”.
Ivi, p. 37.
“Nelle primavera del 1211 Gengis radunò tutto il suo esercito, e davanti a duecentomila guerrieri (tanti ne numerano le fonti cinesi!) che invocavano con voce possente l’Eterno Cielo Azzurro facendo fuggire uccelli e selvaggina per molte miglia, pregò lo Spirito dei mongoli. Digiunò tre giorni e tre notti; quindi diede inizio alla marcia”.
Gengis Khan, testo di G. Mandel, “Periodici Mondadori”, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1968, p. 43, corsivi miei.
“Fra la e mi (molto vicino a Venere) sembrano porsi i cacciatori (casella 20-21), i cui corni ricurvi formano nella culture tarde la contropartita dei corni bellici della montagna di Marte. Il centro del la è occupato da un tamburo a forma di clessidra, che fu precedentemente identificato con il mortaio vedico. La sua forma è costituita dai due trapezi re e mi dell’elemento terra”, M. SCHNEIDER, Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche, Rusconi Libri, Milano 1986, p. 236, corsivi in originale.
“Così, un suono prodotto nel cielo è un atto creativo, che raggiungerà il grado più alto di realtà fisica solo dopo essersi trasformato sulla terra in una risonanza. La realtà del cielo è una creazione della terra, e la realtà della terra è una creazione del cielo”, ivi, p. 224, corsivi miei.
“Questa ripartizione delle qualità (fratello chiaro, celeste e feroce-fratello oscuro, terrestre e pacifico) permette di scorgere il dinamismo delle due linee che formano il tamburo a forma di clessidra dei Gemelli. Il fratello chiaro e celeste corrisponde alla linea chiara che si propaga dal cielo alla terra, dove il fratello chiaro diventa oscuro e pacifico nello stesso modo che il fuoco chiaro del cielo vedico produce tracce nere sulla terra. Questi gemelli vivono ora nel cielo, ora sulla terra. La loro posizione celeste è sulla montagna, dove devon occupare un luogo simile all’aquila o al gallo bicefali. Non sono identici ai Gemelli, la cui natura doppia racchiude in una persona la bipolarità dei gemelli su un piano acustico (eco). […] Ma quale potrebbe essere il luogo mistico dei gemelli sulla terra? Nella mitologia indoariana i loro animali preferiti sono il cavallo, il lupo e il cigno.”, ivi, p. 254, corsivi miei. La “legge di corrispondenza inversa” fra corporeo e sottile, ovvero il “rombo” … chi ha orecchie per intendere, in tenda (vada) …
“Nella musica moderna europea, i canti di gioia e di marcia adottano una divisione binaria e d’altra parte le «pastorali» e le canzoni dei cacciatori hanno solitamente un ritmo di 6/8”, ivi, pp. 276-277.
“Dopo esser nato spiritualmente sulla montagna (do) e fisicamente nel re, l’essere umano si dirige attraverso la pianure re-la, dove vivono gli uomini preoccupati di guadagnarsi la vita. In quella pianura attraversata dal fiume la (donna) vivono anche la lucertola verde e il serpente dello stesso colore che avvelena il giardino dell’amore, dove cantano l’usignolo e il kokila. All’orizzonte delle sue fiorite e dolci colline si profila l’alta catena di montagne con sette cime (= mi = 7 = pesce sega). Fra tale catena e il giardino dell’amore è situata una regione forestale e paludosa, dove corrono i cacciatori. Il fidanzamento si colloca nel la, che è anche simbolo del numero 6, dell’orcio, della terra (donna) e dello sviluppo della maturità fisica. Il matrimonio corrisponde al mi ed al numero 7. La catena che forma l’asse valle-montagna costituisce la linea di divisione dei versanti dell’acqua e degli spiriti. L’uomo deluso ed addolorato, dopo essersi posto di fronte al monte della colpa (Venere), si trova davanti due strade per continuare la sua vita. Può seguire la regione paludosa, visitata dai cacciatori e che si estende fino al fiume della morte, o può cercare d’arrampicarsi sulla catena del dovere, del dolore e del sacrificio”, ivi, pp. 311-312, corsivi in originale.
“L’idea fondamentale ha le sue radici nella cultura dei cacciatori pretotemici: l’imitazione dei ritmi animali e l’identificazione dell’imitatore con l’animale imitato. […] L’analisi della cultura Zuñi del Nuovo Messico potrebbe chiarire meglio l’aspetto di questo sistema totemico nel passaggio ad una cultura più elevata. [...] In ambedue le disposizioni, l’est rappresenta la montagna (Marte e Giove), e l’ovest la valle (Venere, Saturno). […] A est e ovest, cioè sull’asse montagna-valle, vivono gli «eroi gemelli»”, ivi, pp. 323-324, corsivi miei.
“Lo stesso re è anche il luogo mistico dei savi. La posizione dei pescatori dev’essere nel si (acqua); quella dei vasai e dei cacciatori nella zona la-mi. I medici devono situarsi nel fa; i fabbri con il vestito di piume nel do. Questo ci porta a sottolineare il carattere artigianale e sobrio del pensiero mistico”, ivi, p. 325, corsivi in originale.
“Ma, siccome il materiale su cui erano disegnate le figure era la pietra, i cacciatori dovevano pensare che l’anima di quegli animali fosse rinchiusa nella pietra, a partire dal momento in cui le forme corporee corrispondenti rimanevano fissate sulla parete della roccia. Molto probabilmente, i cacciatori totemici accompagnavano con gridi imitativi tutti questi atti d’incantamento, dato che, essendo chiamata, la pietra risponde, come ad un suono simpatico risponde uno strumento a corda”, ivi, p. 311, corsivi miei.
Andrea A. Ianniello
Qui sopra, “s perdeva” nel secondo passo citato va cambiato in: si perdeva.
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