Dopo la Premessa (questa: [Fra tutti i libri nei quali l’idea dell’élite occidentale ha più peso e rilevanza, senz’altro è Oriente ed Occidente quello dove il tema dell’élite ritrova più spazio. Ed è di qui che partiremo per il nostro viaggio intorno e dentro l’opera di Guénon, ma guidati da un sol filo: il tema che ci si è prefissi d’affrontare, il nodo che ci si è prefissi di tagliare [...]. Il nodo che si taglia, in verità, non l’ho tagliato io, bensì le circostanze del mondo in cui viviamo e del divenire ciclico, i tentativi che ci sono stati e son falliti, le cose che vanno come vanno e vogliono continuare ad andare come vanno, Dio che ha voltato le spalle al mondo lasciandolo in balia delle conseguenze delle sue azioni. Noi dobbiamo, se vogliamo davvero aver luce sulla questione, senza fare come lo struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia, dobbiamo, si diceva, porre a confronto le idee a suo tempo espresse da Guénon con la situazione ciclica in cui siamo, e vedere cosa ne vien fuori.]), continuavo così:
Ribadisco che siamo entrati nel sandhya, ormai, e che il Regno dell’Anticristo è davvero prossimo, il regno del grande inganno, della contraffazione. E quando si vede come vulgus vult decipi (veniamo da quella cosa [...], nota come “elezioni”, della democrazia da Guénon aborrita, e quindi sappiamo come van le cose), e quanto pullulino al giorno d’oggi coloro i quali aggiungono: ergo decipiatur, è chiaro che ciò è segno chiaro e definitivo di come poi davvero andran le cose... Ma veniamo a noi, sempre ricordando che noi si vive hic et nunc, ed è con queste mostruosità, aggravate dalla degenerescenza delle forme tradizionali, che, invece, avrebbero dovuto costituire la Grande Muraglia. Se poi vi si aggiunge tutto il degenere coacervo informe del neospiritualismo, che ormai è stato superato dalla costruzione di veri e propri culti psichici (quello degli UFO, così [...]), si ha un quadro tale per il quale davvero non si deve spiegare più perché possa essere il Regno dell’Anticristo, la “Grande Parodia”, come lo chiamava Guénon, ma si deve piuttosto comprender quali vie d’uscita rimangono. Il problema, come sempre, è tutt’altro da ciò che può sembrare ... Il quadro generale di partenza è sempre quello: la deviazione moderna, poi divenuta degenerescenza, l’antitradizione che devia sempre più verso la controtradizione, passando dalla deviazione-degenerescenza alla sovversione vera e propria (come spiegato ne Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi).
Nel corso del processo di deviazione, iniziato nell’Autunno del Medioevo (XIV sec.) a partire dal dies nefastus della fine del Nuovo Tempio dei Cavalieri Templari, si è prodotto un vero e proprio taglio dei legami con il Centro. Dopo la fine dei Templari, i contatti vengono mantenuti dai veri Rosacroce, ma poi anche quest’ultimo legame nascosto si rompe fatalmente (per influenza della controiniziazione, in realtà): con il XVII secolo si entra davvero ed irreversibilmente nei Tempi moderni (la loro prima fase, per seguire la divisione dei tempi moderni in due fasi, come Guénon fece ne Il Regno).
Andrea A. Ianniello
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