“E l’esoterico è tale innanzitutto perché gli dèi lo amano, a differenza di […] quell’ ‘odio del segreto’ su cui, secondo Guénon, si sarebbe fondato l’Occidente”.
(R. Calasso, L’Ardore, Adelphi Edizioni, Milano 2010, p. 44, corsivi miei)
“I grandi paesi muti si estenderanno a lungo.
A. de Vigny”.
(in R. Grousset, Il Conquistatore del mondo. Vita di Gengis Khan, Adelphi Edizioni, Milano 2011, p. 11, maiuscoletto in originale)
“La vittoria o la sconfitta sono solo una questione di governo. Se il governo guida il popolo e gli inferiori obbediscono ai superiori, allora l’esercito è forte. Se il popolo domina il governo e gli inferiori si ribellano ai superiori,[i] allora l’esercito è debole”.
(T. Cleary, Il Libro degli insegnamenti di Lao tzu, Oscar Mondadori Editore, Milano 1993, p. 224, corsivi miei)
“– L’avvenire! Vuoi conoscere la tua vita futura; credi che questa sia scritta su di te com’è scritto il passato. nel passato si trova veramente il germe dell’avvenire: il rgyu (la causa prima) è là, ma non le rkyen (le cause secondarie). Non è scritto come il germe sarà modellato … se sarà fortificato o indebolito … se nascerà un albero possente oppure se il germoglio sarà distrutto prim’ancora d’aver visto la luce del cielo. L’avvenire esiste, ma solo nelle cause che sono in grado di partorirlo, proprio come l’albero esiste nel seme. Le possibili combinazioni di queste cause sono infinite … comprendono incontri tra le forze di questo mondo e quelle di altri universi. Come potrebbe chi appartiene ad un mondo particolare, la cui percezione è limitata alle cose di quel mondo, prevedere l’irruzione di forze estranee la cui natura e attività sono diverse da tutto quello ch’egli è in grado di conoscere? Sai che forma prende l’avvenire quando lo si osserva? E’ simile alla danza della polvere lungo le strade nei giorni di siccità. Essa è là … giace sulla strada immobile ma pronta ad essere mossa al primo accenno di vento. Il veto soffia, e la polvere subito si solleva, viaggia e danza … si compone di mille figure e disegni diversi, imprecisi, che si dissolvono prim’ancora che si abbia il tempo d’individuarli. Sono abbozzi andati a male di quello che sarebbe potuto essere, ma che non sarà perché qualche urto imprevisto ha disperso il nucleo che si stava organizzando. Tutte le immagini del futuro che puoi contemplare non sono che possibilità … mai certezze”.
(Lama Yongden – A. David Neel, Mipam. Il Lama delle cinque saggezze, Arcana Editrice, Roma [Via Giulia 167] 1975, p. 199, corsivi in originale)
“Si è detto che la tragedia, oggi, è la politica. E’ una visione sorpassata. La tragedia è il laboratorio. […] La tecnica non è affatto […] l’applicazione pratica della scienza. Al contrario, essa si sviluppa contro la scienza”[ii].
«Il segreto non è l’effetto della volontà di colui che lo detiene, ma un effetto che deriva dalla sua stessa natura. Nel nostro mondo attuale noi costatiamo l’esistenza d’un fenomeno simile. Uno sviluppo incessantemente accelerato delle tecniche induce quelli che sanno al desiderio, poi alla necessità del segreto. L’estremo pericolo conduce all’estrema discrezione. […] Al limite, quelli che detengono, come diceva Einstein, “il potere di prendere grandi decisioni, per il bene e per il male” formano una vera criptocrazia»[iii].
[NB. Le correzioni apportate all’originale (di dicembre di tre anni fa) sono poste fra parentesi quadre, le citazioni iniziali, le note finali sono aggiunte all’originale del 2017]
“Il nuovo pessimismo deriva dal fatto che le cose stanno andando sempre meglio”[1].
Oggi, sebbene le cose vadano ben peggio dell’epoca in cui Baudrillard scriveva le frasi qui sopra riportate, in ogni caso tantissimi continuano a guardare le cose in quel “certo modo” [si preparava in realtà un “tiro mancino”, 2020]; al contrario, in quel tempo, in quell’epoca, era proprio il fatto che le cose “funzionassero” ad esser inquietante: ma dietro questo “buon” funzionamento s’intravedeva come l’ombra di un’oscura catastrofe futura; oggi, che ci si vive dentro, non si vede più alcuna ombra … Nel frattempo, la domanda per la corsa agli acquisti è in piena ripresa, “come se” nulla fosse accaduto, e la “sindrome da shopping”, di nuovo, colpisce duro, di nuovo e sempre, come sempre … [Considerazioni molto calzanti, pur scritte nel 2017, per la fine del 2020 …]
Viviamo in un mondo senza speranza, dove mancano le prospettive che altro non siano se non la mera ripetizione del già noto: puoi solo seguire la direzione in cui ti trovi, che tu l’abbia scelta o non.
Non vi è alcun glorioso tramonto nella fine del mondo moderno: solo un’ opaca – e lattiginosa – nebbia grigia e oscura copre tutto come un manto in un amante abbraccio mortale di mantide irreligiosa. Ed è annegamento, non è arsione. Non vi son più né Hitler né Stalin, niente fuochi distruttori, forse qualche esplosione qua e là, poca roba in verità: ma lentamente, con lento passo, si sprofonda.
“Ad alcuni piace”, avrebbe detto del disgelo in aprile, il cacciatore nel film “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo”.
Un passo, pubblicato in Italia ormai trentun anni fa [scritto nel 2017 ed oggi – nel 2020 – ancor più vero], ci offre un interessante piccolo spunto – direi uno spuntino – di riflessione.
Questo passo, infatti, fa ben capire che cosa si sia “rotto”, nella cosiddetta “sinistra”, e come questo stesso “qualcosa” sia successo senza che ne fosse compresa la natura irreversibile, cioè non si può revertere, cioè non lo si può far rigirare sul suo “vertice”, facendolo tornare allo stato precedente. [Il che significa: Lo stato precedente è irrecuperabile] Quel “ciò”, di cui non sei consapevole, per te, è “come se” non esistesse. [Al contrario: esiste, esiste …]
Veniamo al punto: “La storia moderna nel suo insieme offre lo spettacolo di uno strano rovesciamento. Tutto comincia nel XVIII secolo con lo slancio umanistico e filosofico dei Lumi, con la volontà della classe politica (reale, rivoluzionaria o borghese, poco importa) di socializzare la società, di strappare le popolazioni feudali al loro modo di vita eterogeneo e selvaggio per acculturarle al progresso tecnico e sociale, per imporre alle masse, con la forza se necessario, i benefici effetti della modernizzazione. Attraverso il suffragio universale, la medicina, la scuola, la pedagogia e la terapia mentale o fisica (la clinica o lo sport), il lavoro e il capitale, tutti i poteri senza eccezione si sono assegnati il compito di strappare le masse al loro modo di vita aleatorio per convertirle alla forma razionale e protettiva del sociale. Ciò è stato fatto a costo di resistenze straordinarie. Per nulla sedotte da questa mutazione, le masse si son opposte a tutto, al lavoro, alla medicina, alla tecnica, alla sicurezza – contrariamente a tutti i presupposti della classe politica, esse non hanno voluto nulla di tutto ciò, in ogni caso non sono state loro a deciderlo, e la lotta è stata lunga per convertirle – una lotta storica, perché la storia non è solo quella del progresso sociale, ma anche quella della resistenza ad esso. Il successo della modernizzazione peraltro non è stato mai altro che relativo, e se questa lotta continua dappertutto non è per nostalgia del passato o inerzia congenita delle popolazioni [miei corsivi]. E’ che nulla, assolutamente nulla consacra il progresso come cosa desiderabile, il quale appunto è rimasto solo quello di una certa classe politica e intellettuale [corsivi miei]. Oggi le cose si sono invertite [corsivi miei; si tenga conto della data in cui tali parole furono scritte].
Ecco che la classe politica (la stessa, si badi, proprio quella che è riuscita a determinare la socializzazione della società) vuole trascinare, sempre con lo stesso desiderio di far del bene (fuori da ogni ambizione personale), le masse in una direzione diametralmente opposta: de-centrare, de-proteggere, de-zavorrare le strutture sociali, rimettere ciascuno di fronte alle proprie responsabilità e a un modo di vita aleatorio, alla gestione in prima persona delle proprie possibilità, ecc. E, questa volta, sono le masse che non vogliono più mollare il boccone, che si aggrappano alle conquiste del sociale, che resistono a questo disimpegno liberale o ‘neo-liberale’, alla revisione di tutto ciò cui sono state duramente acculturate. Tutto questo è perfettamente logico [corsivi miei; questa “logica” non è stata mai capita “a sinistra”]. Non si capisce proprio perché esse dovrebbero di colpo obbedire al decreto della classe politica, certamente ben ispirato (il protettorato sociale è un vicolo cieco), ma che non è altro che un nuovo decreto della classe politica.
Dopo aver instaurato il benessere delle masse sotto il protettorato sociale dei Lumi, dopo averle super-protette, ecco che si vuole sovra-esporle. Le masse sognavano un salariato universale all’ombra del sociale, o almeno la disoccupazione assicurata, e adesso ognuno deve creare il proprio lavoro. Che ci costringano a lavorare, passi – ma che ci costringano a trovare da soli il modo d’impiegare la nostra esistenza, è il colmo! Insomma le masse non sono convinte da questa nuova piega delle cose più di quanto lo fossero della precedente. Dopo che per tanto tempo si è loro imposto il diritto alla rappresentazione e alla delega del loro potere, ecco che si sentono dire: siete i rappresentanti di voi stessi, decidete da soli, prendete in mano il vostro destino!
Non se ne parla neppure! [Ecco perché la delega – totale – non è diminuita: le masse vorrebbero delegar tutto, se possibile, il che spiega tanti e tanti fenomeni] Ciò che i politici, socialisti o meno, non capiscono [tutti, ma le “sinistre” hanno maggiori difficoltà nel solo ammetterne la possibilità] è che una massa o un individuo possono opporsi alla libertà, o al liberalismo, con la stessa forza […] con cui si opporrebbero all’oppressione – perché l’essenziale è il rifiuto del fatto che altri pensino per voi, elaborino per voi, tramino per la vostra felicità.
Non vi è mai valore assoluto in politica [miei corsivi]: la classe politica, quella che fa la storia, rappresenta forse il progresso ‘oggettivo’ in termini di libertà, di felicità, d’intelligenza, ma ciò non impedisce che la resistenza delle masse (di ciascuno di noi [corsivi miei]) abbia un egual valore storico […].
Il centro di gravità della storia non è dato tanto dalle peripezie intrinseche della classe politica (della quale fanno parte [facevano parte …] quei professionisti del discorso e dei Lumi che sono gli intellettuali), né dal paganesimo delle masse [corsivi miei], da sempre e per sempre, a quanto pare, impermeabili ai Lumi [idem], l’intensità consiste in questo duello insolubile. Per questo la storia non può avere fine – oppure, se la si considera nella prospettiva di uno svolgimento universale, essa semplicemente non è mai cominciata. […] Scacco alla rappresentazione [corsivi miei]”[2].
Sono molto importanti le righe finali: qui vi è la radice della “crisi della rappresentanza” nella quale siamo immersi, vale a dire il fatto – il fatto – che, oggi, nessuno “rappresenti” più alcun altro. Ed è ovvio che, di tanto in tanto, “il cosiddetto popolo” si stufi, non perdendo alcuna occasione per poter dare un bel calcione nel didietro alla cosiddetta “classe politica”, in qualsiasi modo sia essa denotata o colorata. Si tratta di un “segnale di vita”, certo, che però non cambia il System, il quale continua però a funzionare, sinché non s’incaglia, o s’inceppa, in un qualche meccanismo del credito, o della finanza divenuta elettronica, e siamo, di nuovo,vicini a qualche altra crisi [frasi del 2017].
Se vi è, come vi è, “il pilota automatico”, che senso ha – oggi, hic et nunc – la rappresentazione, dunque: che senso ha anche la rappresentanza politica??
Nessun senso. Questo è un tema decisivo. La “sinistra”, essendo molto più legata con la fase, ormai trapassata, dell’ “acculturazione” delle masse, quando, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, la storia moderna compie quel profondo cambiamento di cui s’è detto, essa si è ritrovata sempre più marginalizzata, e questo anche se rimane pessima la “soluzione” che i suoi rappresentanti hanno proposto: quella di tessere le lodi del “disimpegno” e del “crearsi il ‘proprio’ lavoro”, insomma tanto “destra” che “sinistra” si sono, di fatto, soltanto limitate a seguire la via sistemica. Con una differenza, però. La differenza consiste in questo: se lo fa la “destra”, sopravvive, rimanendo in ogni caso pronta per eventuali cambiamenti di opinione, pronta quindi a “cavalcare le masse”; se lo stesso lo fa la “sinistra” invece – proprio perché più legata all’idea “pedagogica” del sociale – paga dazio. […] devi “andar oltre”: non si può rimanere nelle pastoie di “destra e sinistra”, che già Baudrillard, illo tempore (anni Settanta del secolo scorso) considerava meri simulacri, “alternative false”, in quanto “codificate” all’ “interno” di un sistema, nel quale la scelta è prevista dal funzionamento stesso: il System occupa tutti gli spazi.
Quando è, dunque, avvenuto il fenomeno di un tal “riempimento” di tutti gli spazi, si è giunti ad un livello qualitativamente diverso, e qualitativamente superiore (nella direzione discensiva), del funzionamento “systemico” stesso. Se l’opera di Baudrillard non si può ridurre in ed al “palleggio” fra “massa e potere”[3], però un tal tema vi permane centrale. Ancor più decisiva, e produttiva, è, tuttavia, la dura critica che Baudrillard rivolse al concetto di “lavoro”, inteso come “valore d’uso” – in Marx[4] –, perché proprio il tema del lavoro, ha consentito al “potere”, cosiddetto, di alterare la bilancia, nel “palleggio” statico fra massa e politica, in suo favore. E tale alterazione dell’equilibrio è avvenuta grazie alla fine del lavoro come “valore d’uso”, avvenuta in modo irreversibile: quest’alterazione (della bilancia) è (stato) un evento che mai e poi mai le “sinistre” manco han preso in super lontanissima considerazione. E continuano a non farlo.
Dunque il lavoro è – oggi – un mero simulacro, come lo è la rappresentanza, come lo sono i “valori” borghesi, residuali, al qual “simulacro dei valori borghesi” oggi si riduce, di fatto, la “sinistra” stessa. Se non vi è (più) alcun “valore d’uso” – “marxiano” – nel lavoro, che quest’ultimo, il lavoro, sia del tutto assunto ed annullato dal e nel “valore di scambio”, diventerà ovvio e “normale”.
Ed è altrettanto chiaro come, a questo punto, quest’ultimo – cioè il lavoro – possa esser sostituito [almeno in parte] da dei robot. Una tale sostituzione non è un fatto casuale, non è tanto una mera “estensione” del profitto, [quanto] è la necessaria conseguenza della riduzione del lavoro a mero “valore di scambio”, o, sempre se uno vuol seguire Marx – nella sua radicalità di studioso dell’economia […] – nella vittoria “finale” del valore di scambio su quello d’ uso. Ed era proprio questa vittoria finale che Marx, alla fin fine, avrebbe voluto evitare, ma, come si sa, ha del tutto fallito in questo.
E tuttavia, che il valore di scambio avesse – “alla fine” – potuto […] vincere, era […] qualcosa che Marx, sia detto en passant, “intravide” in certi suoi appunti e in certo suo materiale pubblicato postumo, ma, come tutti, poiché quei dati non si armonizzavano col suo “sistema”, e poiché, in qualche modo, ne minavano le basi, li eliminò, li espunse.
Marx, come tutti, fece “com’è sempre stato”, come diceva una vecchia canzone dei Talking Heads[5].
Se ho un problema, lo rimuovo: e “vivo bene”. [“Vivevo”, passato recente; aggiunta del 2020: sull’ affaire coronavirus, quel ch’è avvenuto è stato una gigantesca rimozione] E cosa vuole “laggente” se non viver “bene”?? Se mai vi sia stata una concreta “‘ricetta’ per la felicità”, è questa, e nessun’altra: la rimozione … Se volessimo fondare il nostro studio del comportamento umano, ponendo come sua base, come “centro di gravità permanente”, l’eliminazione di ciò che pone in questione, o indebolisce, il nostro mondo di “credenze”, ci ritroveremmo perfettamente con tale quadro. Quest’assioma si potrebbe chiamare come quello della “inerzialità” sostanziale del mondo delle “credenze”; ed esso rimane valido tanto per gli individui, più fragili, quanto, in una maniera molto maggiore, per le istituzioni, essendo queste ultime caratterizzate da una ben più potente inerzia “fondativa”, per di più molto coagulata.
Questa ben nota reazione – l’eliminazione del perturbante, come di tutto ciò che può disturbare l’equilibrio, tanto di un “sistema di credenze” quanto di assunti “scientifici” –, fa parte, di diritto, dell’ “umano troppo umano”.
L’attuale sistema è “Il” System dello “storaggio” di cose morte: si pone però il problema di come si sia generato: la “genealogia” del capitalismo; in tal caso, si giunge al tema delle tre fasi del “simulacro”, la prima e la terza essendo fra loro collegate, la prima con la terza, per l’esattezza[6]. La prima fase del “simulacro” è quella caratterizzata dalla contraffazione; la seconda fase si caratterizza per la produzione; la terza, infine, lo è dalla simulazione, il paradigma basato sul codice, cioè quel paradigma che ha dominato sin da quando si è imposto, negli anni Settanta, anni che sono stati “il” momento del passaggio dall’ esplosione all’ implosione.
Non solo, ma di potenza straordinaria sono stati, e son ancora, la prima e la terza fase, molto di più della seconda fase, quella studiata da Marx, la fase della produzione. In tal caso, non può sorprendere la solidarietà, profonda, il legame, profondo, che sussiste tra il momento “barocco” e quello dominato dal codice, cioè il “nostro” presente, e né, a questo punto, potranno sorprendere “le sorti” dello stato moderno, che si stava elaborando nella prima fase, si sta distruggendo nella terza, la seconda essendone invece stata la fase di massima potenza (dello stato moderno). Vi è una solidarietà profonda tra le due fasi, la prima e la terza, ben più che di ognuna di esse con la fase della produzione, la seconda, quella centrale in Marx.
Tale solidarietà profonda fra la prima e la terza fase riguarda proprio il tema del “falso” e dell’anamorfosi: nel passaggio tra i due momenti il “falso” passa dal singolo oggetto intriso di “meraviglioso” (l’ automa) – o “curioso”, il termine dell’epoca –, al “falso radicale”, che denota le attuali società, funzionanti per mezzo di codici. Ed eccoci [quindi giunti] alla [fase attuale della] “codificazione totale”: Die Totale Kodifizierung.
In queste società iper codificate, la “realtà” stessa vi è “riprodotta” dai/nei sistemi codificanti, e codificati: in esse (società), dunque, non si dà più il problema dell’ “originale” e della “copia” – parola italiana –, con anche l’inquietudine, lo straniamento che ancora il “barocco” percepiva: cioè il dover seguire un sistema in cui non si credeva (più), questo è “il” barocco.
Tutto ciò […] significa: oggi non vi è più l’ “originale”, ma, se così è, e dunque non vi è più l’ “originale”, allora, in tal caso, non esiste più né l’originale né l’ “Origine”; forse, ci si renderà conto, forse …!, della radicalità di una cosa simile. Non credo.
Il “System” oggi funziona “in quanto tale” (vale a dire col “pilota automatico”): questo significa ch’ “esso” (“It”) è ormai una realtà sempre più autonoma, ed essa realtà si “autonomizza” sempre di più. Non è per caso, allora, che il termine “cibernetica” derivi dal termine greco per “pilota”.
Il pilota automatico …
Il che ci riconduce alle radici, in un’altra epoca, in quella della contraffazione, di ciò la cui potenza oggi vediamo: è quella citazione di Wallerstein, più volte riportata nel blog, che funge – la citazione – da chiave di volta. Ora però, un tal sistema, raggiunto un tale potere, di certo non cederà mai: e mica il capitalismo è stato costruito dai comunisti!: “I comunisti credono al valore d’uso del lavoro, del sociale, della materia stessa (come vuole il loro materialismo), della storia. Credono alla ‘realtà’ del sociale, delle lotte, delle classi, che so?, credono a tutto, vogliono credere a tutto, è questa la loro moralità profonda. Ed è questo che toglie loro ogni capacità politica”[7].
Baudrillard era – giustamente – illo tempore assai caustico verso il “moralismo” comunista, vale a dire verso la critica verso il sistema costruita su delle basi “morali”, alla quale critica si riduce anche quella di tanti altri movimenti “di protesta” di oggi, seppur diversi fra loro; sia detto in modo chiaro: il comunismo è stato una cosa ben precisa, e con delle sue caratteristiche precise. Esso si apparenta a chi oggi “protesta” solo per il tipo di critica, basata su delle argomentazioni “morali”, vale a dire quel tipo di critica che Baudrillard, come Marx, contestava. Marx infatti detestava – proprio detestava – i socialisti “utopisti”, del tipo di Saint Simon, che, per lui, erano solo dei poveri ingenui senza speranza. Al contrario, Marx si sentiva più vicino a Ricardo, più vicino al volto “spietato” del capitale. Che la stessa critica di Marx poi abbia fallito, è vero, ma occorre rilevare questa sua vicinanza, non certo casuale, come si devono rilevare anche certe sue posizioni sul mondo ebraico e giudaico, cosa su cui si usa glissare[8]. Tipico degli ambienti vicini al System è il demonizzare gli avversari, occultando la natura profondamente, costitutivamente demoni(@)ca del System stesso.
Per “demoni(@)co” s’intende qui una forza che non si può controllare, una forza che, una volta scatenata, non si può fermare, come il famoso Poema sinfonico “immortalato”, si fa per dire, in “Fantasia” di W. Disney[9].
Eh sì: That’s Capitalism, baby:
“Nella sua etica ‘selvaggia’, il capitale, per parte sua, non si curava del valore d’uso […] Perché questo è il capitale, il regno senza limiti del valore di scambio [corsivi miei]. Non è vero che all’ordine simbolico e rituale il capitale opponga un ordine razionale [corsivo mio] dell’interesse, del profitto, della produzione e del lavoro, insomma un ordine di finalità positive [corsivi miei]. Esso impone […] una deterritorializzazione di ogni cosa [miei corsivi], un’estensione smisurata dell’investimento a ogni costo (il contrario del calcolo razionale secondo Weber [miei corsivi]). La razionalità del capitale è una baggianata: il capitale è una sfida all’ordine naturale del valore [corsivi miei]. Questa sfida non conosce limiti [miei corsivi: ci meditino su, se possono (non lo credo) i cantori del sistema e la “sinistra” persa: questa sfida non conosce limiti]; essa mira al trionfo del valore (di scambio [miei corsivi]) ad ogni costo [idem], e il suo assioma è l’investimento non la produzione [idem]. Tutto deve essere rigiocato, rimesso in gioco, il vero capitalista non tesaurizza, non gode, non consuma, la sua produttività è una spirale senza fine [corsivi miei, come oggi il credito, che ha riportato il capitalismo alla sua vera natura, che non è mai cambiata], riporta ogni produzione su una produttività ulteriore [corsivi miei] – senza tener conto [idem] di bisogni o di fini umani e sociali. Almeno è questo capitalismo, senza morale né misura, che ha dominato dal XVIII secolo agli inizi del XX [corsivi miei; vi è stata la versione “morale” del dopo il Secondo Conflitto Mondiale; a partire dalla fine degli anni Settanta, però, si è “ritornati all’origine” – questo esprime il neoliberismo, che passa dal campo produttivo al mondo finanziario grazie all’esplosione della tecnica: la serpe cambia pelle, ma rimane venefica]”[10].
Queste parole di Baudrillard – che il capitalismo si basi su di un’ illusione, sur un “Dreckeffekt” – andrebbero scritte sui muri: “La razionalità del capitale è una baggianata”.
La radicalità di tale affermazione di Baudrillard, in ogni caso, andrebbe realmente meditata. Perché qui – su questo punto – vi è il nocciolo duro (hard kernel) del “Gran Dybbuk”, il gran “le revenant”. Tra le altre osservazioni che si possono fare, vi è quella sulla “deterritorializzazione” di ogni cosa, punto notevole sul quale riflettere dopo più di 40 anni: e non vediamo, dietro questo punto, anche la cosiddetta “immigrazione”? La cosiddetta immigrazione [è] conseguenza (necessaria) [del] “funzionamento” [sistemico], contro la quale si protesta se e soltanto se le conseguenze ci tocchino “personalmente”, tuttavia ben lesti ad approfittarne, una volta che tocchino altri. [Considerazioni incredibilmente vere alla luce tenebrosa degli eventi del 2020 … e la “tenebra” non è affatto quella che “vedono” (proiettano) i “complottisti”]
“E’ come una precipitazione chimica che solidifica i cristalli e pone fine alla soluzione in sospensione attraverso una risoluzione il cui effetto è irreversibile”[11]. Questo è accaduto [frasi del 2017]. Tutto ciò è già accaduto [scritto nel dicembre 2017], e fa, dunque, parte del passato: per questo influenza il presente, anzi, lo domina. E, sì, il capitalismo è ancor oggi “tigre di ferro”, il socialismo era la “tigre di carta” … Anche le tigri di ferro hanno i loro punti deboli[12] …
Questa visione, della Rivoluzione francese, per certi versi ricorda quella di G. Colli: “La Rivoluzione francese, le idee democratiche e liberali non sono che uno stadio, non in rottura, ma in continuazione, con la direzione presa dallo Stato dal ’500-’600”[13]. Così ritorniamo al tema dello “snodo” fra i due “ordini di simulacro”, la fase prima e la fase terza, solidali nella centralità del falso, ma diversi, perché la terza può operare dopo aver acquisito una forza straordinaria [una “potentizzazione”] dalla fase seconda: in tal modo, grazie alla produzione, la terza fase ha potuto “moltiplicare” le sue forze in maniera ben più potente di quella che poteva possedere il mondo degli automi della contraffazione barocca. Dopo aver cambiato pelle, dopo la moltiplicazione delle sue forze, il System ha potuto lasciar cadere anche la centralità della produzione che, però, rimane comunque “la base”, per poter entrare, poi, nella piena espressione della sua natura profonda: l’illusione, il falso, cioè lo “storaggio” di cose morte, vale a dire il valore di scambio come unico e solo possibile orizzonte.
“In realtà, di ogni cosa si può far scambio”, dice Aristotele da qualche parte, ma, nell’epoca di Aristotele, ciò era sia impossibile sia inconcepibile. La società, nel tempo di Aristotele, possedeva in se stessa, migliaia d’interdetti simbolici, e di “credenze” (vere o false che fossero, qui non c’interessa: bastava esistessero) che non potevano che impedire al valore di scambio di dominare pienamente in modo assoluto, com’è accaduto con la nascita del capitalismo. Perché questo è il capitalismo: il dominio assoluto del valore di scambio. In poche parole, questo è.
Oggi siamo e viviamo dentro quel mondo nel quale ormai è avvenuta la rimozione di ogni possibile ostacolo alla “libera” espressione del “valore di scambio” come centro e valore assoluto, indubitabile, mai questionabile, posto in luogo d’Iddio stesso; e che cos’è stata, ed è ancora, la “bandiera” dell’Occidente “storico”, l’Occidente “reale” – come il socialismo reale, non quello “utopico” – se non la rimozione, per non dire l’ eliminazione, di ogni e qualsiasi possibile ostacolo alla “libera” espressione (= dominanza) del valore di scambio? A questo punto, nel mondo della “terza fase”, nel qual mondo viviamo e siamo, il singolo governante ha sempre meno importanza: non vi è più, né può esservi, “Il Principe” machiavelliano al centro del dipinto anamorfico, quanto, piuttosto, vi sono dei gruppi, detti oggi “lobby”, anche se questo nome è solo uno fra i tanti possibili, nomi di una realtà introvabile, perché simulazione. Andar oltre … [14].
Andrea A. Ianniello
[1] J. Baudrillard, La sinistra divina, Feltrinelli, Milano 1986 (edizione originale Francia 1985), p. 69, corsivi miei: ricordiamoci che sono frasi della metà degli anni Ottanta del secolo scorso, quarant’anni fa, quarantadue …
[2] Ivi, pp. 78-81, corsivi in originale, i corsivi miei son posti fra parentesi quadre.
[3] Dove – tra l’altro –, poi, Baudrillard stesso comprese bene, tra i pochissimi, come l’andamento dal ’69 al ’77 sarebbe stato quello dall’esplosione all’implosione, cf. Introduzione di P. Bellasi in Id., Dimenticare Foucault, Cappelli Edizioni, Bologna 1977, pp. 12-24. E, d’ allora in poi, saremmo rimasti nella fase d’implosione, […] sebbene “a fasi” e “a pezzi”, come tutto al giorno d’oggi, […]. Quel che non era facile prevedere […] non era […] l’implosione, [ma] il fatto che sarebbe durata così a lungo, [,,,] che sarebbe divenuta lo status “normale” delle società umane […] cosa davvero terrificante […] successa nel mondo; e tutto ciò si è realizzato per mezzo di fasi, come s’è detto, ancorché tale droga sia stata, poi, assunta in modo del tutto inconsapevole oltre che in piccole dosi successive, si è verificata, quindi, nel mondo, come una sorta d’ “acclimatazione” delle società. Il successo di tale acclimatazione si misura proprio dal consenso “dato per scontato” […]; proteste qua e là […] non modificano tal dato di fatto. Questa relazione fra “masse e potere”, […] seppur con modo diverso ed opposto, ricorda […] Elias Canetti, una cui affermazione, non a caso, è riportata ne La sinistra divina, cit., p. 45.
[4] Cf., Id., Lo specchio della produzione, Multhipla Edizioni, Milano 1979, pp. 24-26.
[5] “Same As It Ever Was”, cf.
https://www.youtube.com/watch?v=XJlU_d186TU.
[Non più funzionante]
[6] Cf., Id., L’echange symbolique et la mort, Gallimard, Parigi 1976, p. 77.
[7] J. Baudrillard, La sinistra divina, cit., p. 14, corsivi miei.
[8] Cf., K. Marx, La questione ebraica, Editori Riuniti, Roma 1969, pp. 86-88. Tra l’altro, in un libro si sostiene che sarebbe stato Federico II il primo a consentire “libertà” agli Ebrei: per la verità, la situazione ebraica nel Medioevo è piuttosto mutevole: in genere, se il governante desiderava accrescere le sue ricchezze, dava loro possibilità di esprimersi, ma subito dopo, non appena la cosa cominciava a far vedere l’aspetto negativo dopo l’iniziale “boom” del credito, le cose cambiavano. Si sostiene ciò in un vecchio libretto, del XVI secolo, riportato e commentato in S. Panvini, Il tempo della fine. Codice Arquer, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza 2006. La data di pubblicazione ha la sua importanza, perché si sosteneva, pur con delle ragioni assai opinabili, che Putin sarebbe il discendente di Federico II e al centro di un progetto di “Nuovo Ordine Mondiale” (“NWO”) – cosa del tutto vera quest’ultima -, solo che non si usava l’espressione di “NWO”: “alla guida di questo processo ci sarebbe […] Vladimir Putin, in combutta con organizzazioni esoteriche neotemplari”, ivi p. 329, corsivi miei. Naturalmente, la cosa è diversa: si tratta di abbattere la “Grande Prostituta” (“il” System), ma dal di dentro e dall’ interno; il disimpegno della Russia dopo aver sostenuto Assad vuol dire che lo scopo è “aprire le porte ai ‘re dell’Oriente’” di cui disse l’ Apocalisse di Giovanni […]. E non accadrà nulla: con Trump al comando negli Usa ciò è oggi concretamente possibile [chiaro: con Biden ci sarà un cambiamento nelle relazioni internazionali, ma, per quel che riguarda il M.O., “la frittata è fatta”; il problema dell’oceano di ottusi dei “complott®isti” sta nel fatto ch’essi ora ci “delizieranno” (cioè si piazzeranno nelle orecchie come cani che abbiano alla Luna) sul fatto che l’esecutivo di Biden sia legati agli ambienti della Grande Finanza internazionale e a “certi” interessi ma che non siano disposti ad ammetterlo per Trump, quando invece niente fa pensare che ambedue non siano altro che due strumenti di “termoregolazione” cibernetica systemica I “complott®isti” non riescono proprio a capir questo: se tutto si fa per interessi di gruppi, lobby, Wall Street, qualche super milionario, i plutocrati e le grandi banche d’affari, le “corporation”, beh: dove sarebbe allora il “mistero”, se tutto ciò è chiaro ed **evidente**?? Il lato “occulto” vuol dire che c’è un lato non evidente, e che un tal “lato” sia individuato con il genere di “osservazioni” banali che fa costoro fa solo ridere]. Come ho detto altrove – nel[lo] […] scritto sulla Prima Guerra Mondiale –, questo “terzo tentativo” deve aver successo, a quanto pare: non si riesce a trovare da nessuna parte, in Occidente, un argine […] contro questo “terzo tentativo”. A questo punto giunti, dedurne che deve aver successo non sarà più cosa peregrina … Ma torniamo alla questione giudaica.
Non nel testo di Arquer, ma nei commenti vari che, l’autore appena citato sviluppa a riguardo dei vari tempi trattati dallo stesso Arquer, vi è quest’interessante passo: è un’intervista ad un prelato. “Don Gandolfo estrasse un minuscolo calepino dal cassetto di una scrivania e lesse ad alta voce […] ‘Con queste parole’ concluse Don Gandolfo, ‘le ho detto tutto. Esistono forze che tendono alla costruzione del Tempio, sono queste forze quelle che poggiano la loro filosofia nell’equilibrio e nella contemperazione dei poteri e altre che tendono viceversa alla sua distruzione, credendo in una diversa articolazione della società. A volte prevale l’una, a volte l’altra, qualche altra volta le due forze sono in equilibrio. A volte ancora le due forze non riescono a contemperarsi e avviene uno scontro di portata disastrosa’. […] Mi parlò quindi dell’esistenza di alcune sette estremamente riservate che si ricollegavano direttamente al padre fondatore della loro religione Abramo. Una di queste, mi rivelò Don Emilio, era antichissima e aveva seguaci sparsi in tutto il mondo. Si diceva praticasse sacrifici umani; il più terribile dei quali era quello del figlio primogenito, per suggellare il patto d’Alleanza stretto da Dio e Abramo, attraverso il sacrificio d’Isacco. Lo ringraziai per il tempo che mi aveva dedicato e accomiatandomi da lui gli consegnai una copia della traduzione che avevo fatto del libretto, pregandolo di farmi avere il suo ragionato responso sulle rivelazioni di Arquer”, ivi, pp. 46-48.
[9] “Para los peques Fantasia Aprendiz de brujo”, cf.
https://www.youtube.com/watch?v=UEYy3osi8Gs.
Manca oggi il Master Wizard (il Magister), che fermi gli apprenti sorcier [ormai] fuori controllo, cf. Fulcanelli, Finis Gloriae Mundi, Edizioni Mediterranee, Roma 2007.
[10] Ivi, p. 13, corsivi in originale, corsivi miei detti fra parentesi quadre, così come le mie notazioni a margine: sempre fra parentesi quadre.
[11] Ivi, p. 51, corsivi miei.
[12] Cf.,
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/11/ottobrata-ex.html.
In particolare, i due passi citati in calce all’inizio, alle note 2 e 3. La tigre …
[13] G. Colli, La ragione errabonda, Adelphi Edizioni, Milano 1982, p. 93, corsivi miei. Tra l’altro, è molto interessante questo passo riguardante la relazione fra Dioniso e Apollo, che Colli ereditò da Nietzsche, sia detto en passant: “Macrobio nei Saturnali (libro I) stabilisce un’identità tra Apollo e Dioniso. Lo stesso da Varrone. Aristotele (opera perduta) e un verso di Euripide ‘Signore al quale piace l’alloro, Dioniso, Peana, Apollo, maestro della lira’. Eschilo (fr.) scambia l’edera e la mantica tra Dioniso e Apollo”, ivi, p. 549. Tra l’altro, se sbagliava sui rimedi, Nietzsche, invece, come spesso gli succedeva, individuava giustamente la causa scatenante – in tal caso nelle forze, all’epoca, “liberiste”, che han portato, come poi avrebbe davvero realizzato il neoliberismo, alla decadenza e alla fine dello “Stato” –, cf. F. Nietzsche, Lo stato greco in Id., La filosofia nell’epoca tragica dei Greci. E scritti 1870-1873, Adelphi Edizioni, Milano1991, pp. 105-106.
[14] Cf.,
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=48516.
Qualche altra considerazione, soprattutto relativa al “Muro del tempo” (per dirla con Jünger), si può trovare nelle Appendici del libro qui recensito, cf.
http://www.simmetria.org/simmetrianew/contenuti/segnalazioni-mainmenu-304/804-pietre-che-cantano-di-andrea-a-ianniello-recensione.html.
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1 commento: Associazione “Federico II Hohenstaufen”24 dicembre 2017 02:00
Sempre nel “Codice Arquer”, citato in S. PANVINI, cit. qui sopra, si legge la “fine” ricollegata all’anno 5762 = 2001, il seguente anno – il 2002 = 5763, cui si deve aggiungere una certa quantità, e la base 20 (=11), e si ha il 5771 = **2012**. L’**inizio** della cosiddetta “fine”, il cui conteggio, però, parte dal 5762 = 2001 (“”, ivi, p. ), giungerà al 5771 = 2012. Quest’ultimo sarebbe “il Diluvio”, ibid. Ovviamente, nulla di tutto ciò è accaduto, nessun “Diluvio”, né “concreto” e “letterale”, men che meno “metaforico” e cosiddetto “simbolico”. Panvini, seguendo Arquer, manca di vedere la cosa, la **più EVIDENTE** al mondo, e che, stando sotto gli occhi di tutti, per il noto “principio della ‘Lettera rubata’ di Edgar A. Poe”, non la si vede: vi sono forze – quelle stesse di cui parlava lo stesso Arquer – che **non vogliono** che alcun “Diluvio” – né fisico né metaforico – avvenga mai. Ed è questo il famoso “segreto” cui allude varie volte Arquer, il “Piano” famoso. Ma chi ha mai detto che chi comanda, anche nascostamente, dovrebbe volere la “distruzione” dell’umanità? Dopo tante fatiche per avere il dominio globale, che oggi hanno, ed interposta persona? Non sono queste le follie del cosiddetto “complottismo”?
Or dunque, immaginate di avere l’intera Terra nelle vostre mani: vi giochereste tutto, che avete conquistato, tra l’altro, dopo un vero e lungo “Piano” (quello **vero**, quello del quale parlava Guénon “illo tempore”, **non** questo di tali chiacchieroni “di nuovo conio” [i “compott®isti”. Nota del 2020] per “distruggerla”? Così distruggereste anche il vostro potere! E sarebbe una cosa intelligente? O non andrebbe contro anche il **minimo** buon senso? La risposta la lasciamo ai lettori eventuali … Vero è che un tal dominio possa sfuggir di mano, questo è possibile. Vero è che le contraddizioni accumulate nel **lungo periodo** di affermazione del domino e di sua costruzione possano in qualche modo esplodere, perché più non le si controlla: tutto ciò è, di nuovo, **più** che possibile. Vero si è che ci possono essere delle forze **interne** al dominio globale che, in qualche modo, ne minino la stabilità interna: e pur questo è possibilissimo. Ma **deliberatamente** minare il **proprio stesso** dominio, via … non scherziamo! Al contrario, la cosa ormai difficilissima è il **venir fuori** da un tal System. L’opposto, quindi. Con il 2012, certo, è iniziata una nuova fase del sistema, nessun dubbio al riguardo, ma **non certo** un “Diluvio”, salvo che un tal “Diluvio” non lo s’intenda in senso traslato, “à la” Rabelais, per esempio.
[i] Come nell’Occidente di oggi.
[ii] L. Pauwels – J. Bergier, Il mattino dei maghi, Oscar Mondadori 1979 (originale fr. 1960, p. 88, corsivi miei. Tra l’altro: «Se il presente [1960] si stacca dal passato, si tratta di una rottura. Non con ogni passato, […] ma col passato ultimo in ordine di tempo, cioè quello che abbiamo chiamato la “civiltà moderna”. Questa civiltà nata dal fervore d’idee nell’Europa occidentale del secolo XVIII, che è fiorita nel XIX e ha sparso i suoi frutti in tutto il mondo nella prima metà del XX, si sta allontanando da noi. Noi ci poniamo ora come moderni attardati, ora come contemporanei del futuro», ivi, p. 67, miei commenti fra parentesi quadre. Qui è l’errore di fondo dei due autori, pur con i loro meriti (che ci son comunque): quella civiltà è senz’altro caduta nella decadenza più nera, ma “noi” non ce ne siamo affatto “allontanati”! Sarebbe, senz’altro, piaciuto ai due autori che ci si allontanasse, ma non è stato così: c’è il “tardo moderno”, più che il “post moderno”, dove la categoria di “tardo” moderno è un calco, sbagliato, del famoso “tardo antico, categoria costruita per non spiegare la rottura del mondo antico, mentre “tardo moderno” è una categoria creata per “denotare” la continuità della modernità in apparenza di cambiamento, tuttavia per mascherarne la crisi, in sé stessa irreversibile, vera – in ciò gli autori non erravano – ma che non ha trovato, appunto, alcuna “rottura di continuità”. Ed anche al crisi del 2008 e questa, presente, del 2020, pur segnando discontinuità, sono sempre spiegate all’interno della continuità. Diciamo che non c’è stata proprio alcuna “rottura”, ma solo un allargarsi dei ristretti orizzonti del XIX secolo e solo in determinati – e ben ristretti – contesti; anzi, è vero l’opposto: la necessità del Novecento di “fare i conti” colo XIX secolo si è inaridita … Pertanto, alla fine, non le speranze di cambiamento degli autori son ciò ch’è rimasto, sessant’anni dopo, bensì la rottura – questa sì – del muro di omertà sul nazismo e i suoi legami nascosti ed “occulti”, coperti a Norimberga, del quale pure quest’anno è ricorso un anniversario, dimenticato, come tante cose del Novecento, peraltro. Galli è stato tra i non molti ad aver preso sul serio il materiale sparso /e con spesso tante inesattezze), raccolto dai due autori citati, inesattezze che li han fatto facilmente condannare, ma volevano solo – e l’han detto più volte chiaramente – raccoglier il materiale “scacciato” perché non rientrava nelle idee dominanti, secondo il loro modello C. Fort, nient’altro: dunque, andava semplicemente vagliato, e G. Galli è stato fra i pochi ad averlo fatto. Ma quest’ultimo si chiede se, dopo quel che aveva scritto, le cose siano cambiate in modo sostanziale, rispondendosi che non lo erano: cf. G. Galli, La svastica e le streghe. Intervista sul Terzo reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente, a cura di L. Sanvito, Hobby & Work, Brugherio (MB), 2009, pp. 169-170 e p. 37, dove Galli qui afferma che certi studi rimangono minoritari, ed continua però ad esser vero. In un’altra pagina Sanvito, facendo una domanda a G. Galli, afferma giustamente: “Sommersa dal frastuono incessante dei media e dalle carnevalate dell’industria culturale di massa, la voce dei ricercatori e dei divulgatori seri (che come tali non alzano mai la voce e non annunciano scoperte clamorose a ripetizione […]) rischia una costante emarginazione. E l’Occidente misterioso – per citare il titolo di un altro suo studio sui rapporti tra politica e culture rimosse, professore – resta imprigionato nella gabbia di una cinica operazione di mercato, ennesimo tassello d’una strategia che mira, consapevolmente o meno [per chi manipolai manipolatori: consapevolmente], a spacciare la superficialità di massa come veicolo di acculturazione …”, ivi, pp. 168-169 (corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre): le cose sono solo peggiorate dal 2009, e l’emarginazione si è accresciuta grazie anche all’ondata “complott®ista” e “populista”, che non ha fatto che peggiorare – di molto – le cose, che già erano pessime. In effetti, rimane vero, seppur meno forte che all’epoca degli autori citati, questo: “Si direbbe che una considerevole pressione agisce sulla storia perché essa sia ricondotta alle minuscole proporzioni del pensiero razionalista convenzionale”, L. Pauwels – J. Bergier, Il mattino dei maghi, cit., p. 261. Direi ch’è proprio così, e tale pressione non è mai cessata, solo indebolitasi. D’altro canto, si sa che a Norimberga si nascosero molte cose, pur conosciute ai giudici e ad alcuni vertici degli Alleati, quindi nessuna sorpresa. Gli autori citati si chiedono più volte: “Lo storico della Germania nazista sembra […] voler ignorare ciò che era il nemico che fu abbattuto. In questa volontà è sostenuto dall’opinione generale. Aver abbattuto un nemico con conoscenza di causa, esigerebbe una concezione del mondo e del destino umano adeguata alla vittoria. Meglio pensare che si è finito con l’impedire di nuocere a tipi malvagi e folli, e che in fin dei conti le brave persone hanno sempre ragione. Erano malvagi e pazzi, certo. Ma non nel senso […] in cui l’intendono le brave persone. L’antifascismo convenzionale sembra inventato dai vincitori che avevano bisogno di nascondere il loro vuoto. Ma il vuoto inghiotte”, ivi, p. 262. La risposta c’è, non è quella tentata dai due autori – fallita, non certo per caso – e cioè che c’è un “realismo magico” e che la “civiltà moderna” ha un suo lato “magico” che si sostanzierebbe nelle “ultime scoperte” della “chimico-fisica” lasciatasi alle spalle le pastoie ottocentesche (pastoie, però, lo erano per davvero!). Non è questa la risposta, ma tutt’atra (merito degli autori è porre le domande, non dare le loro risposte, nel frattempo fallite tutte, perché il mondo è rimasto “tardo” moderno sinora, sino a quest’anno): non potevano “dire la verità” (e si sa che anche Churchill esplicitamente volle che molte cose, che pur lui sapeva, non fossero discusse a Norimberga, Stalin e Roosevelt accettarono tacitamente), ecco la risposta. Non potevano “dire la verità” perché un’emersione tale di cosiddetto “irrazionale” nella storia moderna non avrebbe potuto che inficiare le basi del “moderno”, come “categoria”, e smascherare la pseudo razionalità su cui si fonda. Dovevano costruire quel mondo dove sembra tutto “facile”, quando in effetti c’è una rigorosissima gerarchia sociale basata sul censo: se tu ti guardi filmati e musica di decenni passati sei colpito d questa sensazione del “è possibile”, false facilitazioni che in realtà, confermano l’ordine stabilito che, nel frattempo, diveniva statico e immodificabile, tanto più statico e immodificabile quanto più in apparenza mutevole: e così, siamo giunti sin ad oggi … Diciamo che l’ultima “coda” son stati gli anni Novanta del secolo scorso, il 2001 fungendo da spartiacque in ogni caso, poi la lunga “coda” del Novecento che giunge sino a questo presente anno …
Ma torniamo al Novecento. Il Novecento è davvero finito, quindi anche la ribellione contro “il sistema”, che oggi è sostituito dalla fasulla pseudo “ribellione” dei “complott®isti” che non son altri se non quelli che portano il consenso dentro la parte delle classi medie in rovina, per causa della “cleptocrazia”, come la chiama qualcuno).
Diciamo ch’è terminata la “ribellione novecentesca”, la credenza che “ribellarsi è giusto” (Mao Zedong) e sarebbe bastato questo per “dare l’assalto al cielo” (idem). No che non basta, quando di fronte hai un sistema “tecnologico” che si rende sempre più autonomo e capace di auto regolazione cibernetica, fermo restando ch’è sempre meglio ribellarsi – ancorché rimanga del tutto insufficiente – “piuttosto che” (ch’è disgiuntivo e non congiuntivo) lo stanco, stolto iper consenso delle classi medie, dalla quale lunghissima ed estenuante stagione veniamo, o l’altrettanto stolta, “ribellione delle classi medie”, neonazionaliste, populiste e “complott®iste”, insomma: sempre triste … la triste classe media.
Parlando di “sincronicità” e di “coincidenze significative”, che non sono certo nate con Jung, un’altra coincidenza significativa: il 25 novembre sparì dalla faccia della Terra – stavolta letteralmente – Benjamin Briggs (al qual è dedicata una canzone degli Iron Maiden, se non ricordo male), il capitano della Mary Celeste, che quasi è “l’archetipo” della “nave fantasma”. Sembra che il 25 novembre sia un “dì ‘disparitivo’”, come lo chiamo, un giorno nel quale sparir è facile, in cui certe ricorrenze astrali rendono lo sparire significativamente più facile. Quando si parla di “sparizioni”, personalmente penso sempre al destino di Rimbaud. Possiamo dire che vi è stata una stagione, ormai passata per sempre, nella quale si poteva sparire ancora, senza morire.
[iii] Ivi, p. 86, corsivi miei. Questo punto non è mai stato capito dai “complott®isti”: la tecnologia è una congiura, essa è l’unico – e vero – “complotto”, nel senso che loro danno a tal termine. E, al punto in cui si è giunti, non può esser altrimenti: il resto son illusioni da XIX sec., nelle quali “destra e sinistra” (non solo “sinistra”: chi non capisce questo è meglio che non frequenti più questo blog, se, per puro caso, gli sia mai capitato di passarci) stanno e sguazzano come in un vecchio e puzzolente stagno, di quelli dove gli animali africani si rotolano. Vi è la “cleptocrazia” di cui taluni han parlato? Sì, è possibile, forse persino probabile. Ma il punto è che, dietro la “cleptocrazia”, vi è la criptocrazia. Ed è quest’ultima che, da qualche tempo – dopo una lunga stagione di alleanze con la “cleptocrazia” –, e in un qualche modo, ha cominciato a premere sulla stessa “cleptocrazia”, forzandola su ed in direzioni per quest’ultima non agevoli. E chi la vince? Può la “cleptocrazia” vivere agevolmente senza la criptocrazia, quando i flussi stessi delle valute – sempre più flussi di bit, ovvero simulazioni di denaro – vanno criptati, e non per caso? Non può.
E che la tecnica sia una congiura lo si vede molto facilmente: i tecnici praticamente pretendono che uno sia al loro servizio, tutto è poco agevole, complicato, macchinoso. Poi, nella loro mentalità, non si dà che uno non prenda un aggiornamento o che, in presenza di un sedicente “miglioramento” (leggi: complicazione di quanto è facile), tu non ne usufruisca: questo per loro è inconcepibile, ma lo è solo per loro, non “in sé stesso”. Pertanto, tutto è macchinoso e siamo noi al servizio della macchine già ora. Possiamo immaginarci cos’accadrà col “5G” ed altri sistemi per coprire l’ intera Terra di un reticolo di elettromagnetismo parassitario. Nel mondo delle macchine, in specie di tipo elettromagnetica, tutto vi è “macchinoso”, appunto, complicato, che avviene per passaggi fissi che buttano giù la vita. Ma la critica a tutto ciò non può avvenire in nome del vecchio “umanesimo occidentale”, cioè in nome di ciò che ci ha portato qui.
Tra l’altro: “Le radiazioni da microonde in Natura erano pressoché inesistenti e provenivano da fonti interplanetarie, ovvero da stelle, ed avevano una densità di potenza, difficilmente misurabile, dell’ordine di 0,00007 mW/cm² a 400 MHz (radiotelescopi) pari a poco meno di 0,002 V/m [Volt per metro], mentre gli attuali cellulari funzionano con una potenza fino a 2000 mW, con campi elettromagnetici fino a 100 V/m, mentre gli attuali limiti di legge italiani consentono una potenza fino a 20 V/m (6 V/m all’interno delle abitazioni [il famoso 6 Volt per metro …]. Come si può osservare chiaramente nella figura seguente, dal 2006 nell’ambiente urbano c’è stata una vera e propria impennata dell’emissione di radiofrequenze e microonde prodotte dalle telecomunicazioni”, F. R. Orlando – F. Marinelli, Wireless. Tutta la verità su cellulari, ripetitori, Wi-Fi e 5G, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2019, pp. 13-14, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.
In ogni caso, in tempi di coronavirus, in tempi di pandemia, è chi ha la criptocrazia che, in effetti, comanda, e non i dirigenti esteriori, ma non perché “la democrazia è stata tradita”, non perché ci sia un cosiddetto “Grande vecchio” (che sta solo nei cervelli di chi non ha capito niente), ma per un fatto strutturale: che quando la tecnica va oltre un determinato livello, essa determina, chiama, implica in modo necessario, del tutto necessario, il segreto, certo un segreto relativo, vero, ma un segreto vero.
A questo punto, uno si legge il cap. 12 “L’odio per il segreto” in R. Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi Edizioni (Collana “Gli Adelphi”), Milano 2009, e ci pensa un po’ sul serio, non gli strilli da social, non le polemiche inutile, ma cerca di capir davvero dove stiamo andando, come pianeta. “Eppure, un mondo in cu tutto fosse diventato «pubblico» avrebbe un carattere veramente mostruoso; diciamo «fosse», perché di fatto, e nonostante tutto, non siamo ancora giunti a questo punto e forse non ci si potrà mai arrivare [Achille non raggiunge mai la tartaruga, però ci si avvicina sempre più e noi siano vicini alla tartaruga in modiche Guénon non avrebbe immaginato mai e rispetto ai quali gli anni Trenta paiono solo un prodromo: si parla tanti di questi ultimi ma il giudizio è viziato dal fatto che al tempo vi era una molto più forte ribellione contro l’ “uniformizzazione”, per quanto anch’essa (ribellione) del tutto fuorviata, ma ‘era], trattandosi evidentemente di un «limite» [questo fatto rimane vero, non toglie che appunto Achille si avvicini sempre più alla tartaruga senza però mai poterla toccare: manca sempre qualcosa alla compattezza del sistema autoreferenziale tecno-digitale]; ma è incontestabile che da ogni parte si mira attualmente ad ottenere tale risultato, e, a questo proposito, si può osservare come numerosi apparenti avversari della «democrazia» non facciano in definitiva che spingerne ancor più lontano le conseguenze, ammesso che sia possibile, poiché in fondo son altrettanto compenetrati dallo spirito moderno quanto quegli stessi a cui vogliono opporsi [considerazioni ancor più vere oggi che negli anni Quaranta del secolo scorso!!]”, ivi, p. 89. Poi aggiungeva – e si tenga conto che il libro, appunto, è del lontano 1945 – questo: “In fondo, l’odio per il segreto non è altro che una delle forme dell’odio per tutto ciò che va al di là del livello «medio» e anche per tutto ciò che si discosta dall’uniformità che si vuol imporre a tutti. E però, proprio nello stesso mondo moderno, esiste un segreto che è conservato meglio di ogni altro: ci riferiamo alla formidabile impresa di suggestione che ha prodotto e che intrattiene la mentalità attuale, che l’ha costruita, e, si può dire, «fabbricata» in modo tale ch’essa non può far altro che negarne l’esistenza o anche solo la possibilità, il che, certamente, è proprio il metodo migliore, un metodo di un’abilità veramente «diabolica», perché questo segreto non possa mai essere scoperto”, ibid., corsivi miei. La prima citazione ad inizio di questo post è sull’ “odio del segreto”, ed è anche l’ultima … A buon intenditor …
Comunque questo nuovo editor è pessimo: rende il mettere i link molto più complicato di prima, se vuoi farli aprire in altra pagina devi farlo lnk per link (il che rduce di molto i lnk possibili da metter su di un post, salvo tu abbia molto tempo da perderci su); inoltre, se non vuoi farli proprio aprire (che poi è la soluzione alternativa, se non hai tutto il tempo e non puoi metterti a far questo lavoro link per link), gli cambia il colore ... pessimo.
RispondiEliminaLa solita robba: vogliono darti di più, come dicono, ma, di fatto, ci perdi molto più tempo per far quello che prima facevi con **meno** tempo. Direi che la tecnologia digitale qui manifesta tutta la sua natura strutturale, costitutiva ...
E sarà sempre peggio, matematico.
Insomma o si pone un sol link – al massimo due –, che si aprono in una’altra pagina, oppure si lascia fare all’editor, ovvero non si pongon link proprio.
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