giovedì 3 dicembre 2020

Certo ch’è stato detto, d’altro canto se n’è detto VARIE VOLTE SU/IN questo blog – solo che: ORA “CI SIAMO” – “PICCOLA” differenza …

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi riferisco ad un interessante link, cf.

https://peakoil.com/publicpolicy/this-was-all-predicted-10-years-ago.[1]

Per l’esattezza, per la precisione – a parte che, su ed in questo blog se n’è detto da “tempi non sospetti” – che fosse tutto ciò, e da temo, in nuce non era ignoto a chi seguiva queste cose (fra cui chi scrive: non è difficile, basta solo non seguire né il “mainstream” cosiddetto né gli pseudo “alternativi”, questa seconda cosa essendo ben più difficile della prima … se stiamo capendo? Sììì? … mah!, ne dubito!), ed ho fatto riferimento a Wallerstein, e più d’una volta. Peraltro, Wallerstein cita – ma guarda caso – i “cicli di Kondratev” (che lui traslitterava: Kondratieff, il suono è lo stesso) relativi alle fasi d’espansione e di contrazione economica del “sistema mondo”, tuttavia unendoli con un altro ciclo: il cosiddetto “ciclo della potenza” o della “dominanza” di una nazione sulle altre – quest’ultimo risponde a questa domanda: intorno a quale “nazione”[2] si aggrega il sistema delle relazioni internazionali? I due cicli, argomentava Wallerstein (e Hopkins), non coincidono affatto. Il ciclo della “potenza”, della dominanza di una “nazione” su tutte le altre, nasce dalla crisi dell’Impero inglese, con l’inizio del XX secolo, e la lotta fra Germania e Stati Uniti d’America per prendere il posto dell’Inghilterra: tutto inizia, dunque, con la Prima Guerra Mondiale, come ho detto varie volte, e non mi stanco di ripetere[3]. Con la fine del Secondo Conflitto Mondiale, il trionfo dell’ “America” fu totale. la Russia lo ha insidiato, ma non c’è mai stata una vera partita. I tentativi di Putin oggi – con la sua “mentalità da KGB” doc – hanno come scopo non il sostituire l’ “America”, quanto, al contrario, solo di contro bilanciarla. Nel frattempo, l’ “America” si è avvitata in una crisi sempre più decisa, che il “populismo” non ha fatto che peggiorare, com’era peraltro facilmente, facilissimamente, super, iper prevedibilissimo. E la Cina? La Cina rappresenta, effettivamente, la prima vera sfida all’ “America” in crescente crisi, capo di un “ex impero” sempre più vuoto, sempre più in stato di crescente instabilità. Ma occorre capir bene qual è la “sfida” (colla “di” eh …) della Cina.  

Qual è lo scopo della Cina? Non è quello di sostituirsi agli USA, dal punto di vista territoriale la Cina è paga di esercitare la sua leadership nella zona del mondo cui ha sempre creduto di appartenere, che ha sempre voluto dominare: fuori di essa, la Cina non ha interessi geopolitici diretti. Ben diversamente, però, accade sul piano economico. Qui la Cina non nasconde affatto le sue ambizioni di diventare la prima potenza economica del mondo. Cosa questa che – sia detto per inciso – col “comunismo” c’entra “come il cavolo a merenda”, come suol dirsi[4].

Ora il punto è proprio la natura dell’espansione cinese, indiretta ed economica, e non immediatamente politica. Quindi ad essa non puoi rispondere né con la pseudo “strategia” di aggressione ottusa “trumpiana” né con una strategia di contenimento di Biden o qualcosa di simile, perché si struttura su di un piano diverso. Senza contare che tu puoi opporti alla Cina ed alla sua strategia di espansione indiretta solo andando “ancor più” nella direzione del 5G e cose del genere, quindi ancor più della digitalizzazione spinta, con le sue inevitabili conseguenze dissolventi nell’ambito delle società di tutte nonché di ogni società.

La realtà è che il problema – se deve avere una soluzione non dissolutiva – non ha soluzioni; se la “soluzione” in realtà è protendersi ancor più verso la dissoluzione, ci sta, eccome.

Tornando all’articolo succitato, esso fa riferimento, non per caso, ai “cicli di Kondratev” e da questi ultimi discendeva, dieci anni fa esatti, che in quest’anno ci sarebbe stata la crisi. Come poi è successo effettivamente[5].

Ma veniamo ad un passo che vorrei sottolineare, poiché trattasi di un’osservazione che fa l’articolista citato, un’osservazione molto chiarificatrice di tante cose dell’oggi. Ed è il passo dove l’autore osserva – facendo il paragone con gli Anni Trenta del secolo scorso – osservava che, in seguito ai cambiamenti avvenuti anche per far uscire da quella gigantesca crisi capitalistica, tanti (ma mai tutti, mai!![6]) hanno avuto l’automobile, la casa, gli elettrodomestici ecc. ecc. Ed hanno creduto di essere ciò che l’autore chiama “elite”, che non è l’ “élite” come la intendiamo noi, ma significa la parte superiore, più abbiente, delle società.

E c’è stato un momento in cui la classe media – di questa stiam parlando, alla fin fine – ha credutocreduto … – di far parte della cosiddetta “élite” e che questa sensazione – in realtà costruita artatamente da tutto un mondo di pubblicità e di false facilitazioni, ottenute a debito – a debito – è crollata quest’anno – il 2020, cioè. Di qui la rabbia delle classi medie. Ora qual è l’origine, l’alimento dei “populismi”? Questo che ha detto l’autore citato, cioè la consapevolezza del non poter essere l’ “elite” cosiddetta, il constatare l’abisso che ormai separa le classi “alte” dalle “medie” – le “basse” son fuori gioco da un bel po’ di tempo – posto a confronto con la “narrazione” ch’è stata fatta loro.

Chiaro che una rabbia del genere può esserci se e solo se si abbia dato credito, si sia creduto, alla “narrazione”, questo è ovvio. Ma le classi medie sono state l’asse portante del consenso per decenni, quindi c’hanno creduto, eccome. Di conseguenza, la reazione è solo scomposta ed ottusa. Il che non lascia ben sperare. Che possono pensare? Il ritorno alla “nazione”, scemenze del genere. Che cose simili possano “risolvere” alcunché non è solo chimerico, ma ben peggio: fuori tema. Ma ricordiamoci sempre che costoro han creduto alla “narrazione” sistemica per decenni …  

I tentativi ultimi di “riscrittura” del patto sociale saltato – patto con le classi medie, ribadiamolo, non con le classi “basse” cosiddette – non potranno che farsi secondo le linee della digitalizzazione spinta, con le conseguenze ch’essa implica.

Il che ci riposta verso cose già dette.

 

 

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 



[1] La fonte del blog “Peak Oil” è “Forbes”, per l’esattezza cf.

https://www.forbes.com/sites/johnmauldin/2020/11/30/this-was-all-predicted-10-years-ago/.

[2] Questo perché siamo nel mondo moderno. Prima non ha senso parlare di “nazioni”, prima della modernità le “nazioni” non esistono. In latino antico nationes voleva dire “popoli”, nel senso del greco antico: èthnos. Quindi non son manco i “popoli” d’oggi, cioè maggioranza elettorali o, meglio detto ancora, d’ “opinione”, poiché: democrazia = doxacrazia. Questo deve’esser chiaro come luce mattutina, sennò tutto vien falsato, le proporzioni delle cose affogano in una spessa nebbia che tutto ricopre, tutto confonde, ottundendo il senso. E si comincia col non capir più niente.

[3] Per questo tali parole dovrebbero essere ascoltate in originale, “Kaiser Wilhelm II’s speech about WWI. - Address to the German people - [TRANSLATED]”, cf.

https://www.youtube.com/watch?v=eBKzCt-0DyY/.

[5] Sulla trappola di liquidità che gl’interventi della Banche cerali avrebbero, anche questo, inevitabilmente provocato, cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2015/11/economia-globale-ed-il-dilemma-di.html.

Cinque anni fa era chiaro ed evidente.  

[6] Non vi è stato mai un momento in cui “tutti hanno avuto tutto” perché non può esserci nel sistema capitalistico. Chiaro che c’è stato, invece, un omento nel quale hanno detto che “tutti potevano avere tutto” ….  

 

 

 

 

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