domenica 9 settembre 2018

Segnalazione 7











               



G. Hyland, I segreti perduti della tecnologia nazista. Le ricerche e gli esperimenti degli scienziati di Hitler, fino a oggi tenuti nascosti, Newton Compton editori, Roma 2015, seconda edizione (edizione or. 2002). Jacolliot è citato a p. 13, Crowley e McGregor Master citati a p. 15, Gurdjieff a p. 20[1].
Il Mein Kampf vien citato alle pp. 25, 26 e 38.







Andrea A. Ianniello







[1] “Nel 1912, alcuni membri delusi della loggia berlinese di von List si separarono per fondare un nuovo gruppo, l’Ordine germanico (Germanenorden). Anche se lo dirigeva Philip Stauff, forse il suo membro più importante fu Rudolf von Sebottendorf, che entrò a farne parte nel 1916, mettendosi a capo di un’ala segreta antisemita dedita a combattere ‘l’alleanza segreta ebraica’. Il vero nome di Sebottendorf era Adam Glauer […]. Per poter entrare nelle fila dell’ordine, i candidati dovevano provare di essere di discendenza germanica da almeno tre generazioni e farsi misurare il cranio con il calibro per ‘dimostrare’ le loro radici nordiche ariane. Sotto Stauff e Sebottendorf l’ordine capovolse i temi originari della teosofia: i membri credevano che alla base di tutti i mali ci fosse la ‘mescolanza razziale’ e che la Germania dovesse sforzarsi di creare una superiore razza ariana per rivendicare il predominio sul mondo. Inoltre, l’ordine pretendeva che i suoi membri anziani dipendessero direttamente dai ‘Capi segreti del Tibet’, discendenti degli Atlantidei e dimoranti ‘da qualche parte sull’Himalaya’ sotto il regno del ‘Re di paura’ o ‘Re del mondo’, come talvolta era chiamato dagli iniziati: questo misterioso personaggio, questo ‘re’, avrebbe avuto – ed avrebbe tuttora – potere di vita e di morte su tutti gli esseri viventi della terra, ed era possibile mettersi in contatto con lui attraverso la meditazione e l’ esp (percezione extrasensoriale); per comunicare, i membri dell’ordine si servivano anche di una particolare tavola di tarocchi tibetani e, non lasciando nulla al caso, sembra possedessero anche uno speciale apparecchio radio per mezzo del quale era possibile raggiungerlo. Dato questo indizio dell’evidente natura umana del re; nel corso degli anni successivi sono state suggerite diverse sue possibili identità: un nome salta fuori con insistenza, quello del russo George Ivanovich Gurdjieff. Gurdjieff aveva ricevuto un’educazione spirituale in Tibet prima di cominciare a viaggiare per l’Europa annunciando a chiunque volesse ascoltarlo di aver scoperto che molte persone vivono ‘in stato di sonno’ la realtà della propria esistenza, come tanti automi, a malapena coscienti di ciò che accade effettivamente e del perché: l’unica salvezza per chi si rende conto di trovarsi in questa situazione è quella d’intraprendere una serie di pratiche mentali e fisiche per raggiungere la consapevolezza. Lo slogan adottato in seguito da Hitler, ‘Germania, ridestati!’ (Deutschland Erwache!)  e i suoi riferimenti al ‘trionfo della volontà’ testimoniano la sua evidente adesione agli stessi sentimenti […]. Nel 1917, la leva obbligatoria e la guerra in generale stavano ormai assottigliando le fila di altri gruppi; tuttavia, il Germanenorden poteva ancora vantare più di un centinaio di logge sparse per il paese (la loggia di Berlino contava un numero così elevato di adepti che si rese necessario affittare il piano terra di una villa per usarlo come ufficio e luogo di riunione)”, ivi, pp. 19-20, corsivi e maiuscoletto in originale. Per la precisione, Gurdjieff non era russo – come il suo cognome attesta, peraltro – ma greco e armeno; in ogni caso, in quel tempo il suo luogo natale era stato conquistato dalla Russia, non è più in Russia oggi. Dunque, “tecnicamente” parlando, era russo, ma non per nascita. “Il Trionfo della volontà” è il noto film propagandistico di Leni Riefenstahl, del 1935, riferito alle giornate di Norimberga del 1934. “Stranamente”, la stessa L. Riefenstahl si sarebbe occupata dei Nuba, con un libro del 1976, e con un film del 1973 …
Non si confondano, però, i “Nuba” con i “Nubiani”, vi è sì un legame linguistico, ma non direttamente un legame di tipo etnico.








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