domenica 23 luglio 2017

La causa profonda del “complottismo”









“Non viviamo più il dramma dell’alienazione, ma l’estasi della comunicazione. E’ un’estasi oscena. […] Osceno è ciò che pone termine a ogni rappresentazione. Ma non è solo il sesso che diventa osceno nella pornografia, attualmente c’è tutta una pornografia dell’informazione e della comunicazione […]. Quindi non è più l’oscenità tradizionale di ciò che è nascosto, rimosso, vietato, oscuro, ma invece quella del visibile, del troppo visibile, del più visibile del visibile – è l’oscenità di ciò che non ha più segreti […]. Già Marx osservava e denunciava l’ oscenità della merce, e quella oscenità era legata al principio della sua equivalenza, al principio abietto della sua libera circolazione, al di là di ogni valore d’uso dell’oggetto [la cosiddetta “libera circolazione”, se va oltre un determinato limite, porta alla fine di ognivalore d’uso”, cioè; nota mia]. L’oscenità della merce dipende dal fatto che essa è astratta, formale e leggera, in opposizione alla pesantezza, all’ opacità, alla sostanza dell’oggetto [la cosiddetta “rivoluzione informatica”, la sostituzione dei “bit” alla “concreta” materialità si ritrova, dunque, in nuce, sin già in quest’idea di Marx; nota mia]. La merce è leggibile, in opposizione all’oggetto che non svela mai completamente il proprio segreto, la merce manifesta sempre la propria essenza visibile,  il proprio prezzo. […] la forma merce è il primo grande medium del mondo moderno [fondamentale questo punto, nota mia]. Ma il messaggio prodotto dagli oggetti è già molto semplificato, ed è sempre lo stesso – è il loro valore di scambio [le due categorie classiche marxiane: il valore d’uso, qualitativo, e quello di scambio, quantitativo, dietro essendoci il “paradosso del valore”, studiato, tra gli altri, dall’abate Galliani; nota mia]. Dunque, in fondo, il messaggio già non esiste più, è il medium che s’impone nella sua circolazione pura. E’ ciò che chiamo, potenzialmente, estasi [dei messaggi svincolati, qualora il medium assorba in sé, totalmente, il messaggio; nota mia]. Basta proseguire quest’analisi marxista, o portarla alla seconda o terza potenza [qui è, poi, il merito vero di Baudrillard, che ha fatto proseguire l’analisi di Marx, ma svincolandola dal suo aspetto “materialistico” – suo grande merito, a partire dal suo Lo Specchio della produzione (Multhipla Edizioni, Milano 1979), che va studiato, come tutte queste cose, in caso contrario si fa o mera comunicazione, nel senso detto da Baudrillard qui sopra, oppure mera protesta “complottistica”, dove si può dire: giusta l’ osservazione, e poi?, le conclusioni? – e ha portato l’analisi di Marx alla seconda o terza potenza; nota mia], per capire che n’è della trasparenza e dell’oscenità dell’universo della comunicazione, che si lascia dietro […] quelle ancora relative all’universo della merce. L’oscenità prende tutti i volti della modernità[1]. Conviene qui precisar subito che la cosiddetta “libera” circolazione non è affatto un “dato di natura”, ma un portato della storia, e di una determinata storia precisa. Nelle civiltà “tradizionali” – ivi compresa quella romana antiche, checché ne pensino moltissimi – la cosiddetta “libera” circolazione non c’è mai stata, per la semplice ragione che non ogni oggetto era “merce”, non vi era l’ “equivalenza”, di cui parla “quivi su” Baudrillard, di “ogni merce” con “ogni altra merce”: questo non c’è mai stato prima nella storia, se non con quel sistema detto capitalismo, che oggi ha cambiato pelle come i serpenti, per divenire un sistema economico-tecnico – o tecno-economico, se si vuole – che qui si chiama “il” System, un sistema integrato. Che funziona ciberneticamente “in automatico” e che non ha più bisogno della “giustificazione” politica, di qui la crisi della rappresentanza che, però, non comporta la fine del sistema stesso, che ha, sì, delle crisi, ma nonla” crisi finale. Non lo “stallo” sistemico, insomma.
Quanto alla rappresentanza, essa sì che è in crisi finale. Il problema, però, per il funzionamento sistemico non si pone, in quanto non ha più bisogno di alcuna “giustificazione” politica, basta ormai a se stesso, è autoreferenziale. A>B>A>B>A …
Sia detto en passant: si noterà che il libro citato di Baudrillard qui sopra, non in nota sotto, sia del lontano 1979. E nel frattempo? Dov’è stata questa gente, dove sono stati i “politici”? Voglio dire che si è aperto uno iato incolmabile tra la “riflessione” e la “politica”, dove quest’ultima non sente assolutamente alcun bisogno di chiedere una riflessione.
La politica di oggi è autoreferenziale, proprio come il system. Non è un caso questo, poiché la politica oggi si basa sulla fede nel system, si basa, cioè, su dati fissi ed immutabili. In essi si crede, non li si discute. In essi ci si rispecchia, non li s’interroga. Se vi è tale fede, “ergo” si può “fare politica”, sennò nisba. Il peggio è che tale fede sia “tacita”, e cioè inconsapevole, irrazionale sempre, ma l’inconsapevolezza la rende particolarmente malefica. La politica, dunque, ostenta razionalità, ma è irrazionale, le manca la cosa decisiva – e minima  della razionalità critica: il chiedersi della giustezza delle proprie premesse, l’interrogare i propri fini, non meramente le modalità per mezzo delle quali li si vuole – i “fini”, gli “scopi” – raggiungere.
Chi scrive non potrà mai “fare politica” perché non crede in questi “dati fissi e immutabili”, e lo sa bene. Lo sa benissimo: chi non crede nel System sa bene perché non ci crede; chi crede nel System non sa perché ci crede. Di nuovo, questo non è un fenomeno casuale, non è “per mera coincidenza” che ciò accade, ma è l’effetto necessario ed inevitabile della natura e del funzionamento dello stesso System.
Dunque siamo scelti, e per ragioni “squisitamente” – direi di una squisitezza piuttosto “avariata” … – ideologiche, si ragioni bene su questo punto: ideologiche, ovvero afferenti a ciò che si “crede”, non a ciò che si “fa”.
Solo che tali ragioni “squisitamente” ideologiche (pur avariate) sono mascherate, ecco il punto: bene sarebbe invece che venissero fuori apertamente e “laggente” fosse spinta ad una scelta consapevole: senz’alcun dubbio, la super stras tra stras extra grandissimissima super giganteschissimissima schiacciantissima maggioranza starebbe con il sistema, però la minoranza avrebbe una sua visibilità, e cioè potrebbe finalmente entrare nel “gioco” dei “nostri” tempi, basato sulla visibilità.
Ed è anche vero che oggi ci son tanti che non sono – a “pelle”, a “naso” – a favore del system, però son divisi fra loro, ed ognuno per sé = peso sociale = 0.   

Venendo al problema dell’eccesso di dettagli, questo lo vediamo anche nella storia: tutta questa ressa di “dettagli” a che servono? Qualora non si capisca il senso di un evento, o di una serie d’eventi? Accumulare dettagli non garantisce la comprensione del senso (= sia nel senso di significato, sia nel senso di direzione) delle cose, o degli eventi. Queste ricostruzioni “uguali all’originale”, son davvero “l’originale” …?? Domanda retorica …
Il “come sono” non è mai il “come (davvero) furono”, sfugge sempre qualcosa, ed Achille non raggiunge mai la tartaruga. Più importante è chiedere ad Achille perché mai vuol tanto raggiungere ‘sta dannata tartaruga!! Insomma, l’indagare le ragioni, le cause, non i dettagli … Andare in profondità, esaminare la radice dei fenomeni, non il fenomeno stesso che, come ben si sa, significa “quel che appare”, ciò che vien fuori, ma non è mai nell’apparire che si ritroverà la radice delle cose: se una cosa è apparsa, ciò significa che ha fatto tutto un tragitto per poter infine apparire; appunto, “in fine”, alla fine del percorso. Ma la radice sta “all’inizio”, starei per dire “al Principio” – In Principio – del percorso che, alla fine, si manifesterà, per l’appunto, nel fenomeno stesso.
Il “perché”, non il “come”; sul “come” la scienza-tecnica dà tante risposte, sul perché dà solo balbettanti monosillabi sparsi, o cose note, arcinote, stranote, sempre diversamente permutate.
Osiamo chiamare questo “cultura”
Non scherziamo, please 

Dunque in un mondo dove, senza dubbio, eccessivo è il “visibile” – e “tutti” son obbligati alla “visibilità”, guarda caso … –, che cosa si ricercherà dunque? Il “segreto”. Se quel che si vede non ha alcuna causalità, sorge spontanea la domanda: ma da “qualche cosa” pur deriverà questo spettacolo di pubblica oscenità? Ed ecco la causa, profonda, del “complottismo” cosiddetto.

Il qual “complottismo”, tuttavia, resta profondamente ingenuo: esso ricerca la “perduta” rappresentanza, come tanti oggi che, al cospetto della crisi finale della politica, piangono in ricerca del principio di rappresentanza ormai sparito, come se si fosse giunti all’attuale situazione “per caso”, come se il “principio di rappresentanza”, sovraesponendosi, non avesse contribuito in maniera sostanziale a distruggere se stesso, o, almeno, a minarsi profondamente.

La realtà è diversa, ben più radicale: noi viviamo in un mondo senza rappresentanza, noi viviamo in un mondo dove non vi è alcuna causa profonda di alcun tipo. Dove persino il questionare le autorità in tal senso, ponendo il problema dell’Origine (origo) sarà essa stessa questionata, per subito tosto esser cassata come un toast crudo.
Questi hanno paura di vedere le cose. Questi hanno timore non dico ad affrontarle – non chiediamo troppo –, ma semplicemente a dirsele per come sono davvero. Questi hanno paura di vederesolo e soltanto vedere, eh – la radicalità della sfida in atto, ormai da due secoli.
Il “complotto” c’è stato, , e profondo, ed è stato quello che ha fatto sì che il semplice chiedere a riguardo dell’ Origine fosse cassato. Un metodo “di un’abilità veramente diabolica” …[2]

Che l’informazione dia “senso” è una mera pretesa, anzi: essa spesso ha correlazione diretta con l’ entropia[3]  


Andrea A. Ianniello










[1] J. Baudrillard, Il sogno della merce, Lupetti Editori di Comunicazione, Milano 2007 (prima edizione 1994), pp. 51-52, corsivi miei.
Già illo tempore, considerato che la prima edizione è del 1994, più di vent’anni fa …, Baudrillard si era reso conto della direzione resa, come si evince dal sottocapitolo intitolato “Pseudo-avvenimento e neo-realtà”, ivi, pp. 103-105, deducendone che il confine (border) fra vero e falso era saltato, cf. ivi, pp. 105-108. Potremmo dunque dire, oggi, a tal proposito: Mission Accomplished
[2] Cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/07/attila-la-grande-paura-la-caduta-senza.html, nota n°6, parte finale, sul “segreto”m vi è la frase precisa, citata in extenso.  
[3] Cf. J. Baudrillard, Il sogno della merce, cit., p. 76, nota n°1. 








2 commenti:

  1. Il post vecchio, dal titolo ‘ATTILA. “La grande paura”. La “caduta senza rumore”’, è stato ripubblicato: cf.
    https://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2021/06/attila-2017-cancellato-forma-originale-2017.pdf








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    1. Da questo link è stato ulteriormente cancellato, per cui or si trova in cf.
      https://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2021/12/attila-2017-cancellato-forma-originale-2017.pdf


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