“Non viviamo più il
dramma dell’alienazione, ma l’estasi della comunicazione. E’ un’estasi oscena.
[…] Osceno è ciò che pone termine a ogni
rappresentazione. Ma non è solo il sesso che diventa osceno nella pornografia,
attualmente c’è tutta una pornografia dell’informazione e della comunicazione
[…]. Quindi non è più l’oscenità
tradizionale di ciò che è nascosto, rimosso, vietato, oscuro, ma invece quella
del visibile, del troppo visibile, del più visibile del visibile – è l’oscenità
di ciò che non ha più segreti […]. Già
Marx osservava e denunciava l’ oscenità
della merce, e quella oscenità era legata al principio della sua
equivalenza, al principio abietto
della sua libera circolazione, al di là di
ogni valore d’uso dell’oggetto [la
cosiddetta “libera circolazione”, se
va oltre un determinato limite, porta
alla fine di ogni “valore d’uso”, cioè; nota mia]. L’oscenità
della merce dipende dal fatto che essa è astratta,
formale e leggera, in opposizione
alla pesantezza, all’ opacità, alla sostanza dell’oggetto [la cosiddetta “rivoluzione informatica”,
la sostituzione dei “bit” alla “concreta” materialità si ritrova, dunque, in nuce, sin già in quest’idea di Marx; nota mia]. La merce è leggibile, in opposizione all’oggetto
che non svela mai completamente il proprio segreto,
la merce manifesta sempre la propria essenza visibile, il proprio prezzo. […] la forma merce è il primo grande medium del mondo moderno [fondamentale questo punto, nota mia].
Ma il messaggio prodotto dagli oggetti è già molto semplificato, ed è sempre lo
stesso – è il loro valore di scambio [le due categorie
classiche marxiane: il valore d’uso,
qualitativo, e quello di scambio, quantitativo, dietro essendoci il
“paradosso del valore”, studiato, tra gli altri, dall’abate Galliani; nota mia].
Dunque, in fondo, il messaggio già non
esiste più, è il medium che
s’impone nella sua circolazione pura.
E’ ciò che chiamo, potenzialmente, estasi
[dei messaggi svincolati, qualora il
medium assorba in sé, totalmente, il messaggio; nota mia].
Basta proseguire quest’analisi
marxista, o portarla alla seconda o terza potenza [qui è, poi, il merito vero di Baudrillard, che ha fatto
proseguire l’analisi di Marx, ma svincolandola
dal suo aspetto “materialistico” – suo grande merito, a partire dal suo Lo Specchio
della produzione (Multhipla Edizioni, Milano 1979), che va studiato,
come tutte queste cose, in caso
contrario si fa o mera comunicazione, nel senso detto da Baudrillard qui sopra,
oppure mera protesta “complottistica”, dove si può dire: giusta l’ osservazione,
e poi?, le conclusioni? – e ha
portato l’analisi di Marx alla seconda o
terza potenza; nota mia], per capire che n’è della trasparenza e dell’oscenità
dell’universo della comunicazione, che si lascia dietro […] quelle ancora
relative all’universo della merce. L’oscenità prende tutti i volti della modernità”[1]. Conviene
qui precisar subito che la cosiddetta “libera” circolazione non è affatto un
“dato di natura”, ma un portato della storia, e di una determinata storia precisa.
Nelle civiltà “tradizionali” – ivi compresa quella romana antiche, checché ne
pensino moltissimi – la cosiddetta “libera” circolazione non c’è mai stata, per la semplice ragione che non ogni oggetto era “merce”, non vi era
l’ “equivalenza”, di cui parla “quivi su” Baudrillard, di “ogni merce” con “ogni altra merce”: questo non c’è mai stato prima nella storia, se non con quel sistema detto
capitalismo, che oggi ha cambiato pelle come i serpenti, per divenire un
sistema economico-tecnico – o tecno-economico, se si vuole – che qui si chiama
“il” System, un sistema integrato. Che funziona ciberneticamente
“in automatico” e che non ha più bisogno della
“giustificazione” politica, di qui
la crisi della rappresentanza che, però, non
comporta la fine del sistema stesso,
che ha, sì, delle crisi, ma non “la”
crisi finale. Non lo “stallo”
sistemico, insomma.
Quanto alla
rappresentanza, essa sì che è in crisi finale. Il problema, però, per il
funzionamento sistemico non si pone, in quanto non
ha più bisogno di alcuna “giustificazione” politica, basta ormai a se stesso, è autoreferenziale. A>B>A>B>A …
Sia detto en passant: si noterà che il libro
citato di Baudrillard qui sopra, non in nota sotto, sia del lontano 1979. E nel frattempo? Dov’è stata
questa gente, dove sono stati i “politici”? Voglio dire che si è aperto uno iato incolmabile
tra la “riflessione” e la “politica”, dove quest’ultima non sente assolutamente
alcun bisogno di chiedere una riflessione.
La politica di oggi è autoreferenziale, proprio come il system. Non
è un caso questo, poiché la politica oggi si basa sulla fede nel system, si basa, cioè, su dati fissi ed immutabili.
In essi si crede, non li si discute. In essi ci si rispecchia, non li s’interroga. Se
vi è tale fede, “ergo” si può “fare
politica”, sennò nisba. Il peggio
è che tale fede sia “tacita”, e cioè inconsapevole,
irrazionale sempre, ma l’inconsapevolezza la rende particolarmente malefica. La politica, dunque, ostenta razionalità, ma è irrazionale, le manca la cosa decisiva
– e minima – della razionalità critica: il chiedersi della giustezza delle proprie premesse, l’interrogare i propri fini, non meramente le modalità
per mezzo delle quali li si vuole –
i “fini”, gli “scopi” – raggiungere.
Chi scrive non potrà mai “fare politica” perché non crede in questi “dati fissi e
immutabili”, e lo sa bene. Lo sa
benissimo: chi non crede nel System sa bene perché
non ci crede; chi crede nel System non
sa perché ci crede. Di nuovo, questo non è un fenomeno casuale, non è “per mera
coincidenza” che ciò accade, ma è l’effetto necessario ed inevitabile della natura e del funzionamento dello stesso System.
Dunque siamo scelti, e per ragioni
“squisitamente” – direi di una squisitezza piuttosto “avariata” … – ideologiche, si ragioni bene su questo
punto: ideologiche, ovvero
afferenti a ciò che si “crede”, non
a ciò che si “fa”.
Solo che tali ragioni
“squisitamente” ideologiche (pur avariate) sono mascherate, ecco il punto: bene
sarebbe invece che venissero fuori apertamente e “laggente” fosse spinta ad una
scelta consapevole: senz’alcun dubbio, la super
stras tra stras extra grandissimissima super
giganteschissimissima schiacciantissima
maggioranza starebbe con il sistema, però la minoranza avrebbe una sua
visibilità, e cioè potrebbe finalmente entrare
nel “gioco” dei “nostri” tempi, basato sulla visibilità.
Ed è anche vero che
oggi ci son tanti che non sono – a “pelle”, a “naso” – a favore del system,
però son divisi fra loro, ed ognuno per sé = peso sociale = 0.
Venendo al problema
dell’eccesso di dettagli, questo lo vediamo anche nella storia: tutta questa
ressa di “dettagli” a che servono? Qualora non si capisca il senso di un evento, o di una serie d’eventi?
Accumulare dettagli non garantisce la
comprensione del senso (= sia nel senso di significato, sia nel senso di direzione) delle cose, o degli eventi.
Queste ricostruzioni “uguali all’originale”, son davvero “l’originale” …??
Domanda retorica …
Il “come sono” non è
mai il “come (davvero) furono”, sfugge sempre qualcosa, ed Achille non raggiunge mai la tartaruga. Più importante è chiedere ad
Achille perché mai vuol tanto
raggiungere ‘sta dannata tartaruga!! Insomma, l’indagare le ragioni, le cause, non i dettagli … Andare in profondità,
esaminare la radice dei fenomeni,
non il fenomeno stesso che, come ben si sa, significa “quel che appare”, ciò
che vien fuori, ma non è mai nell’apparire che si ritroverà la radice delle
cose: se una cosa è apparsa, ciò significa che ha fatto tutto un tragitto per
poter infine apparire; appunto, “in fine”, alla
fine del percorso. Ma la radice sta “all’inizio”, starei per dire “al
Principio” – In Principio – del
percorso che, alla fine, si manifesterà, per l’appunto, nel fenomeno
stesso.
Il “perché”, non il “come”; sul “come” la scienza-tecnica dà tante risposte, sul perché dà
solo balbettanti monosillabi sparsi, o cose note, arcinote, stranote, sempre diversamente permutate.
Osiamo
chiamare questo “cultura” …
Non scherziamo, please …
Dunque in un mondo dove,
senza dubbio, eccessivo è il “visibile” – e “tutti” son obbligati alla
“visibilità”, guarda caso … –, che cosa si ricercherà dunque? Il “segreto”. Se
quel che si vede non ha alcuna causalità, sorge spontanea la domanda: ma da “qualche cosa” pur deriverà questo
spettacolo di pubblica oscenità? Ed ecco la causa,
profonda, del “complottismo” cosiddetto.
Il qual “complottismo”,
tuttavia, resta profondamente ingenuo: esso ricerca la “perduta”
rappresentanza, come tanti oggi che, al cospetto della crisi finale della politica, piangono in
ricerca del principio di rappresentanza ormai sparito, come se si fosse giunti
all’attuale situazione “per caso”, come se il “principio di rappresentanza”, sovraesponendosi, non avesse contribuito
in maniera sostanziale a distruggere se stesso, o, almeno, a minarsi profondamente.
La realtà è diversa,
ben più radicale: noi viviamo in un mondo senza rappresentanza, noi viviamo in
un mondo dove non vi è alcuna causa profonda di alcun tipo. Dove persino il
questionare le autorità in tal senso, ponendo il problema dell’Origine (origo) sarà essa stessa questionata, per
subito tosto esser cassata come un toast crudo.
Questi hanno paura di
vedere le cose. Questi hanno timore non dico ad affrontarle – non chiediamo troppo –, ma
semplicemente a dirsele per come sono
davvero. Questi hanno paura di vedere
– solo e soltanto vedere, eh – la radicalità della sfida in atto, ormai da due secoli.
Il “complotto” c’è
stato, sì, e profondo, ed è stato quello che ha fatto sì che il semplice chiedere a riguardo dell’ Origine fosse cassato. Un metodo “di un’abilità veramente diabolica” …[2]
Che l’informazione dia
“senso” è una mera pretesa, anzi:
essa spesso ha correlazione diretta con l’ entropia
…[3]
Andrea A.
Ianniello
[1] J. Baudrillard, Il sogno della merce, Lupetti Editori di Comunicazione, Milano 2007 (prima edizione 1994), pp. 51-52,
corsivi miei.
Già illo tempore, considerato che la prima
edizione è del 1994, più di vent’anni fa …, Baudrillard si
era reso conto della direzione resa, come si evince dal sottocapitolo
intitolato “Pseudo-avvenimento e neo-realtà”, ivi, pp. 103-105, deducendone che il confine (border) fra vero
e falso era saltato, cf. ivi, pp. 105-108. Potremmo dunque dire, oggi, a tal proposito: Mission Accomplished …
[2] Cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/07/attila-la-grande-paura-la-caduta-senza.html, nota n°6,
parte finale, sul “segreto”m vi è la frase precisa, citata in extenso.
Il post vecchio, dal titolo ‘ATTILA. “La grande paura”. La “caduta senza rumore”’, è stato ripubblicato: cf.
RispondiEliminahttps://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2021/06/attila-2017-cancellato-forma-originale-2017.pdf
Da questo link è stato ulteriormente cancellato, per cui or si trova in cf.
Eliminahttps://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2021/12/attila-2017-cancellato-forma-originale-2017.pdf