Pensando a Pasolini ed alla sua ricerca dell‘ “archaicus” (ovvero: quel ch’è più vicino all’ “Archê”, al Principio), lui vedeva una tale “archè” nel mondo contadino, sostanzialmente. Ma vi è pure il mondo nomadico.
Si tratta di un mondo perduto, ed è difficile dire che cosa davvero era perché l’uomo, nel mondo “arch-aico” nomadico, era rimesso a se stesso, era cioè privo di tutti quei ritrovati della “civilizzazione” cui si è, da troppo tempo, ormai adusi, mondo che si sta lentamente perdendo, dopo aver fatto atrofizzare tante capacità utili...
Personalmente, non son parte di quel mondo (“I’m a civilized man”), ma rispetto quel mondo. Non ho nostalgia confusa e ridicola, che sa tanto del peggio della “civilizzazione”, ma dobbiamo poter misurare la distanza e quanto abbiam perduto. Soltanto così, con questi mezzi, si può davvero farlo. Soltanto così si può dare il “senso” di quanto perso e, forse, istradare qualcuno alla Cerca, su nuovi cammini, sia ben chiaro: non esiste la mera ripetizione, la qual cosa sarebbe del mero “antiquariato spirituale”, che sa tanto di “civilizzazione” allo sbando...
Ogni “civilizzazione” allo sbando si dà all’antiquariato spirituale. Ma non serve, non risolve nulla.
In un tal discorso - di cui vi son dgli altri precedenti post in questo stesso blog -, il film del 1971 “The Horsemen” è interessante. Tradotto in italiano col titolo di “Cavalieri selvaggi” è ambientato in Afghanistàn negli anni Settanta del secolo scorso. Non cento anni fa! Solo qualcosa in più di quarant’anni fa: e quanto è cambiato il mondo e l’Afghanistàn stesso! All’epoca quel paese era la Mecca degli hippy ed era un paese ancor arch-aico, come in parte lo è rimasto il Nepàl, finché anch’esso doveva capitolare, per un’immagine di ricchezza rivelatasi un miraggio. Il Nepàl doveva piacere a Pasolini, forse anche l’Afghanistàn; di certo, invece, gli piaceva - in questa sua ricerca dell’ “arcaico” - lo Yemèn: si veda in che stato sta oggi...
Ma vi è qualcosa di più: la traduzione del titolo in spagnolo la dice lunga, è “Orgullo de estirpe”, Orgoglio di stirpe. I moderni non sanno, nella maniera più assoluta, non sanno che cosa sia. Non sono nostalgico, ripeto, né ha senso voler “tornare indietro”, ma è il senso dei valori, senza dubbio duri e crudeli - non discuto (“I’m a civilized man”) -, di quell’epoca che però noi si è perduto, senza che altri valori ne prendessero il posto Ed è questo la cosa molto ma molto grave.
Solo individualismo becero ed ottuso si vede. Ma l’individualismo becero non serve, non salva.
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Una serie di link di immagini del film.
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Questa è bellissima, l’espressione di Omar Sharif, da “Cavalieri selvaggi”, 1971.
La locandina in spagnolo, “Orgullo de estirpe”.
Un fotogramma dal film.
La locandina, nel corso dell’afghanistanì buzkasshì.
Altro fotogramma dal film.
Sempre su queste tematiche, forse qualche lnk sarà utile.
RispondiElimina‘Clearcut 1991 PT.8’ https://www.youtube.com/watch?v=jkl3GIibF24
“The movie begins and ends as a spirit, known in the movie as Arthur (Greene) enters,
and descends back into the world from the water.
Then the movie shows an airplane carrying a passenger to an Indian reserve,
where they're blockading construction/forestry equipment from clearcutting on Indian land.
We later realize that the individual was a lawyer representing the tribe whose land is going to be clearcut
and the protesters are angered at the lawyer losing the case & the lawyer came to discuss an appeals process.
Wilf (Westerman) is introduced at this time & then he in turn introduces Arthur,
who also kidnaps the logging company's general manager,
and the four take off through the woods where Arthur "instructs" them in listening to Mother Earth.
Surrealistic, in its entirety, throughout the movie you're taken for a ride
that will take you through many thought provoking scenes.
In particular where Wilf describes Washakeajack, the Indian trickster.”
‘Clearcut 1991 PT.9’ https://www.youtube.com/watch?v=tiO6JopoG6M
‘Clearcut 1991 PT.10’ https://www.youtube.com/watch?v=K_NlB9SnBvw