martedì 10 ottobre 2023

“Influssi”, 2 (Dal libro: “A casa di Hitler”, di A. PLAIM con K. KUCH)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando si trovò per la prima volta faccia a faccia con Adolf Hitler? E come andò il suo primo incontro con lui?

Fu un incontro del tutto inaspettato ed avvenne poco dopo il mio arrivo al Berghof. Fu in un corridoio. Certo parlare di corridoio forse non rende l’idea, perché più che un corridoio era un salone. Una larga scala portava la primo piano e qui iniziava questo corridoio sul quale si affacciava lo studio di Adolf Hitler, la sua camera da letto, l’appartamento di Eva Braun e le camere del personale. Ricordo ancora […] ogni particolare. […] Le porte sono tutte chiuse. Non c’è anima viva. Porte in stile rustico. Intagliate. Alla fine del corridoio c’è la porta dello studio del Führer. Non so proprio più cosa fossi andata a cercare […]. all’improvviso la sua porta si apre.  Ecco Hitler. Solo. […] Lui viene direttamente verso di me. Quali erano le regole che Gretel ci aveva inculcato? Che cosa devo dire? […] Mi manca ilr espiro. […] I quadri alle pareti che tante volte ho ammirato mi sfilano davanti agli occhi. Rubens. Tutti autentici. Grasse donne nude. Grandi cornici dorate. Puro sfarzo. Hitler si avvicina. Indossa pantaloncini neri militari e una giaca militare marroncina. Nessuna onorificenza, niente fronzoli. Camicia, cravatta. È vestito in modo ultracorretto, rigoroso. […] Intimidita mi faccio da parte. Poi lo guardo. […] Nello stesso momento lui guarda me. Con un’espressione assolutamente gentile. […] «Heil, mio Führer». «Heil, Anni», mi risponde. Molto tranquillamente. Molto gentilmente. Tutto in pochi secondi ma ho l’impressione che mi stia valutando. […] In qualche modo [sono] la tipica donna tedesca. Pochi minuti dopo [si noti] mi rendo conto che mi ha chiamato per nome. E appena arrivai a casa per la mia breve vacanza di Pasqua questa fu la prima storia che raccontai […] tra il grande entusiasmo dei miei genitori”, A. PLAIM con K. KUCH, A casa di Hitler. Ricordi della cameriera Anna, Boroli Editore, Milano 2006, pp. 69-70, corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre.

Hitler “era molto ordinato, forse persino pedante. […] Ma poi cosa c’era mai da pulire in un locale come quello dello studio di Hitler? Niente. […] tutto era perfettamente in ordine. […] Nella sua camera da letto era un po’ diverso. […] Ricordo un letto semplicissimo”, ivi, pp. 71-72.

Nessuno credeva che si potesse perdere la guerra. Dello sterminio degli ebrei […] la maggior parte della gente non ne sapeva nulla. Che nessuno si sia sottratto alla campagna denigratoria portata all’estremo contro gli ebrei, prima della guerra ancora ritenute persone degne di stima, è evidentemente un dato di fatto. Nessuno oggi può sostenere di non aver capito. Molti ebrei […] furono costretti ad emigrare […]. Molti furono scacciati dalle loro case. Ma che cosa venisse poi fatto a queste persone, quale fosse l’estrema conseguenza di tutto ciò, allora io non lo sapevo. E credo che neppure Eva Braun sapeva che cosa veniva realmente fatto nei campi di concentramento. Certo avrà visto anche lei, come del resto tutti, che gli ebrei e gli oppositori del nazismo venivano maltrattati. Ma solo dopo la guerra fu possibile vedere le immagini che ritraggono centinaia di persone stipate come animali nei carri merci. Oggi non riesco neppure a capire come potessi soggiacere al fascino di Hitler [tanti non son riusciti a capire, tanti continuano a non capirlo ancor oggi …]. Una fascinazione [termine corretto] che emanava dai suoi discorsi, un entusiasmo [termine corretto] che tutti, me compresa, provavano quando lui gridava, urlava, quando sorrideva, quando gestiscolava selvaggiamente. Non so. Semplicemente non riesco più a capire perché fossimo tutti così entusiasti [di nuovo]”, ivi, pp. 82-83, corsivi e grassetti miei. Appunto …  

 

 

 

Andrea A. Ianniello


 

 

 

5 commenti:

  1. Qyesto genere di cose, ben note a chiunque abbia studiato quel tempo, però, sono di soliti né considerate né men che meno capite dai seguaci della cosiddetta “reductio ad Hitlerum”.



    RispondiElimina
  2. Il male per sua natura è banale, ciò non significa niente in ordine al fatto che uno sia consenziente o non rispetto a ciò che fa, che prenda ordini o non ne prenda; il significato del famoso – e poco letto – libro di Anna Arendt è che uomini che fanno anche molto male, che compiono grossi disastri, NON SONO “geni del male”, ma ottusi burocrati, gente comune, che puoi vedere camminando per strada. Ed è così, per questo quando parlano di varie altre apparenze solo esteriori si questo o di quello, mostrano solo che non han capito niente del punto in questione: uno scorpione non è un orso, però è tanto, tanto velenoso, l’orso invece non è velenoso. Che vuol dire, dunque, che “è piccolo”? Niente. Niente di niente. Un virus mica lo vedi – peraltro creatura stupidissima, un parassita che sa solo replicarsi (manco sa riprodursi, si replica solo) –, ma faresti male a sottovalutarlo solo perché piccolissimo. Dunque, le solite sciocchezze. Hitler è stato l’eccezione che conferma la regola, in parte realmente “genio del male”, ma solo in parte, l’altra parte non era che la solita “banalità del male”, un uomo banale da un lato e dall’altro effettivamente “genio del male”, ma conta tra le “eccezioni che confermano la regola”, e la regola **è** la banalità del male. I grandi mali li fanno gli uomini banali. Tutto ciò non fa che confermare che la “vicenda Hitler”, dopo tanti anni, rimane non compresa, e la “reductio ad Hitlerum” non è altro che un’ennesima delle sciocchezze che oggi si sentono a ripetizione perché oggi nessuno dei “decisori” – apparenti, **apparenti** – del disastro globale cui la famosa “globalizzazione” non ha mancato di dar esito – prevedibilissimamente – è un “genio” ma son tutti, senza eccezione, gente banale, a volte molto ma **molto** banale.
    La banalità del male si dimostra un’altra volta, e sempre, un “must” e non un “optional” della situazione globale sul pianeta Terra negli anni Venti del XXI sec. d. C.




    RispondiElimina
  3. Tra il 9 ed il 10 novembre del 1923 – sempre della serie 1923, cent’anni dopo – si verificò il “putsch della birreria” cosiddetto. In ogni caso, questa data del 9 novembre sembrerebbe avere per la Germania un valore di data ricorrente, visto che anche il cosiddetto “muro di Berlino” cadde un 9 novembre, però di tanti anni dopo (rispetto al 1923). Parlando di Hitler, è vero che fu “costruito” – vero – ma non da chi alcuno (tanti) credono, in realtà si è sempre vista la divisione tra un nucleo “occulto” del nazismo e la gran parte sia del nucleo dirigente sia dei seguaci, che **nulla** capiva di queste cose, ma solo le subiva, consenzienti, chiaro. Proprio questa divisione, che divenne – come dimostrò G. Galli – una spaccatura di fronte a certe scelte dirimenti nel corso della guerra – portò il nazismo alla sconfitta. Chi davvero “comanda il mondo” stavolta, di seguito, ha deciso di NON FARE lo stesso errore, non vi sarà un Hitler – donde la totale (**totale**) sciocchezza delle varie “reductio ad Hillerum” – mai più, non vi sarà uno come lui che, poi, era l’unico, VERO, REALE “trait d’union” fra i due gruppi qui sopra or ora ricordati.
    Si precisa che tale divisione tra un nucleo effettivamente solo “politico” e “sociale” ed un altro “occulto” NON VA confusa con la divisione tra “rosa” e “verdi” nel campo della “contro i.”, poiché quest’ultima divisione è la divisione fra Occidente – “rosa” – ed Oriente – “verde” – in campo contro i. …














    RispondiElimina
  4. Sempre a conferma del fatto che quest’anno è “topico”, va ricordata la scomparsa del primo “mentore” di Hitler, D. Eckart, però dopo il putsch di Monaco del 9 novembre, qui su ricordato. Nelle frasi finali del “Mein Kampf” – vol. II – lo stesso Hitler ricordava Eckart.


    RispondiElimina
  5. Parlando di un’altra “ricorrenza” di quest’anno (“topico”, come s’è detto), e in relazione al più sottovalutato degli “Inklings” (alla lettera: “briciole”), cioè Ch. Williams, ricordo “Heaven’s War”, di M. Harris (testo) e disegni (volutamente “vintage”, oggi si direbbe) di M. Gaydos, album di fumetti pubblicato nel **2003**, vent’anni fa!, e tradotto e pubblicato in italiano dalla Bottero Edizioni in due album, il primo del 2005 e l’altro del 2006. Alcune cose sono giuste, altre che non condivido – per esempio, Harris, nell’intervista riportata nel secondo albume e tratta da un blog americano, afferma che la magia “non esiste”, che Crowley, che si oppone a Williams nella storia, vede le sue “magie” non aver effetto: ma Williams NON la pensava così, su questo specifico punto! –, ma riporta degli eventi del 1938, con la lotta contro Crowley, ed **allude** (solo allude) ai retroscena all’inizio della Seconda Guerra mondiale. Utile per chi non capisce che il “caso Hitler” era diverso da quello di un “normale” (si fa per dire!) dittatore, che ce ne sono stati e ce ne sono ancora tanti nella storia umana: la storia gronda sangue, il che rimane una semplice osservazione d’un fatto. **Non ne discende** che ogni fenomeno del genere sia della stessa gravità: ma NON è affatto così! Continuano a non capirlo, donde la totale assurdità della “reductio ad Hitlerum” … ahimè, ignoranza invincibile!
    Non c’è niente da fare.
    Tornando a Williams, egli al contrario ammetteva forme di “magia” – come anche lo faceva un altro membro degli Inklings: J. R. R. Tolkien –. ma pensava che tal principio dovesse “cedere” rispetto ad un principio superiore, nondimeno la “magia” nel suo campo aveva una sua realtà ed una sua efficacia. Dunque, Crowley non era ininfluente … Vi è questo grosso limite nei due album, per il resto contiene spunti interessanti. Fa ripensare all’atmosfera mentale alle soglie della Seconda Guerra Mondiale … Infine, vi rientra – ma questa era la voga dell’epoca – il tenebroso “affaire” di Rennes-le-Chateau, con qualche “ipotesi letteraria” un po’ troppo debole, ma con qualche spunto invece interessante.






    RispondiElimina