“Herlock Sholmes, vale a dire una specie di fenomeno d’intuito, di osservazione, di chiaroveggenza e d’ingegnosità. Si direbbe che la natura si sia divertita a prendere i due tipi di poliziotto più straordinari che l’immaginazione abbia prodotto, il Dupin di Edgar Poe e il Lecoq di Gaboriau, per costruirne uno a suo modo […]. Ed è il caso, quando si sente il racconto delle imprese che l’hanno reso celebre in tutto il mondo, di chiedere se anche lui, Herlock Sholmes, non sia un personaggio […] venuto fuori dalla fantasia di un gran romanziere, di un Conan Doyle, per esempio”.
M. LEBLANC, Arsène Lupin contro Herlock Sholmes, Giulio Einaudi editore, Torino 2008, p. 62.
“Tesi centrale di Schmitt è che non c’è un unico filo conduttore della storia del mondo, ma una successione di ordini concreti, posti di volta in volta di volta in volta da atti e decisioni politiche in risposta a sfide (irruzioni) che trascendono il volere dell’uomo ma che possono essere momentaneamente bloccate (e i ‘momenti’ storici sono, appunto, le epoche, unità definite di senso). Ogni costruzione umana è ordinamento più orientamento, è cioè diritto concreto, determinata da una scelta originaria e radicalmente politica: la forma visibile in cui un popolo si concepisce trae la sua misura interna dal rapporto con lo spazio geografico. È qui evidente la polemica contro la ‘filosofia della storia’, in quanto ideologia del progresso, ed anche contro le teorie ‘pure’ del diritto, come del resto quest’aspetto di Schmitt non può non risentire di echi spengleriani. Ma la relativizzazione dell’Occidente e della sua storia […] non ha in Schmitt la sconnessione metodologica tipica di Spengler; soprattutto non presuppone un ‘destino’, […] la teoria di Schmitt si colloca consapevolmente ‘dopo il tramonto’, e vuol essere la risposta concreta a una catastrofe concreta, la fine dello Jus Publicum Europaeum. È questo, secondo Schmitt, un ordinamento del tutto originale, la cui peculiarità è consistita nel fatto che per la prima volta nella storia le grandi scoperte geografiche della fine del XV secolo hanno reso necessario un ordine che si estendesse su tutto il globo e che fosse tuttavia eurocentrico. Dopo varie mediazioni — le più importanti delle quali furono il formarsi dei moderni Stati continentali (con la conseguente trasformazione della guerra in scontro regolato) e la scelta marittima e commerciale dell’Inghilterra — il nomos moderno della Terra, cioè proprio l’ordine misurato che il XX secolo ha perduto, risultò, dalla pace di Utrecht in poi, un equilibrio di differenze: in altre parole, quell’ordine mondiale era politico, cioè concreto, perché organizzava una logica di terra (lo Stato continentale) ed una di mare (il commercio inglese) intorno allo scopo concreto della centralità mondiale dell’Europa [precisamente quel ch’è passato – PER SEMPRE – con la Prima Guerra Mondiale]. Il suo tracollo si ebbe, secondo Schmitt, quando il liberalismo pretese nel secolo scorso [il XIX secolo] e ottenne nel nostro [cioè il XX, quando l’autore citato scriveva, ma il XXI perpetua il XIX più di quanto superi il XX!!] che tutto il globo fosse uniformemente sottoposto ad un diritto internazionale omogeneo [su base liberalista, cioè] che non è diritto interstatuale [siamo al NODO del PROBLEMA: questo è “IL” punto!] ma essenzialmente diritto privato [ecco “IL” nodo, appunto], quando cioè l’universalismo del positivismo giuridico s’incontra con l’altro universalismo, quello implicito nel liberalismo politico [quel che oggi, proprio in questi giorni, vediamo, ma è una simulazione: DI COSA è “maschera” questo simulacro?], promosso dallo sviluppo prima economico e quindi tecnico [si noti la successione dei termini] scatenato dall’Inghilterra e e governato poi [male] dagli Stati Uniti [in realtà, gli USA han continuato lo scatenamento con la componente tecnologica che vi è divenuta prima dominante, poi egemone]. Insomma, il progresso e la nozione stessa di Occidente [ECCO cosa significa “occidente”] (esiti unilaterali dell’ordine moderno [PRECISAMENTE]) comportano una uniformizzazione del globo [precisamente], una obliterazione delle differenze e della loro percezione ‘politica’ [quel che vediamo praticamente ogni giorno], che costituiscono appunto una deformazione irreversibile dello Jus Publicum Europaeum [punto decisivo]. Occidente è, nell’analisi di Schmitt, un concetto prima difensivo e poi offensivo [si noti], ma mai ordinativo [ed ecco il “nodo”, con tali cosiddette “idee” tu NON PUOI MAI dare “ORDINE” al mondo], elaborato in chiave antistatuale e antieuropea [si noti: ad esser cambiata è stata l’Europa, che si è accodata a questa visione, perché all’inizio il nucleo fondante di tale “idea” è ANTI EUROPEO, per questo non esiste “altra” Europa distinta dall’America], in primo luogo dagli Stati Uniti (dottrina di Monroe, 1823) e tale da trasformare ogni guerra in guerra civile mondiale [che cosa vediamo quest’oggi?, appunto la guerra civile, mondiale, in un’altra sua fase, ma ogni guerra, man mano che si accresceva il peso di tale “veduta”, è stata “guerra civile”, cioè il tipo peggiore di guerra: le guerre dei re, rispetto a quelle dei liberali e delle democrazie, sono state poca cosa tutto sommato perché NON ERANO guerre civili], in un’ opposizione assoluta [e cosa vediamo?, un’opposizione assoluta, che non lascia spazio a margini di manovra] fra ‘nuovo’ (la libertà occidentale) e ‘vecchio’ (le potenze non liberali [delle quali il massimo esempio è – sempre – stata la Russia, che dunque deve sparire o dare “default” o altre modalità, le cui differenze contano poco quanto all’esito]), cioè un’ uniformità disordinata [ecco il punto: tali “idee” NON SONO IN GRADO DI ORDINARE IL MONDO; possono – solo e soltanto – produrre guerre civili a ripetizione]. L’attuale contrapposizione planetaria fra Oriente e Occidente non è quindi, per Schmitt, elementare e primigenia, ma ha uno spessore epocale, una struttura storica”, Prefazione di C. Galli a E. JÜNGER – C. SCHMITT, Il nodo di Gordio. Oriente e Occidente nella storia del mondo, Il Mulino, Bologna 1987 (si noti la data!), pp. 17-18, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. (1) In tutto ciò, il ruolo dell’Europa è zero, ma non può esser che così, poiché essa è del tutto dentro la logica liberalistica, pur con le sue (della logica liberalistica) crisi ed anche con la sua (della logica liberalistica) fine, fine che, secondo alcuni, avrebbe dovuto produrre “chissà che”: non ha prodotto “niente di che”. La tecnica consente di perpetuare quel quadro come simulacro, e cosa importa il “vero” nel mondo dove ciò che sembra domina? Niente.
Basta dunque seguir il ragionamento di qui sopra. E la cosa è più che chiara.
Tra l’altro, si riporteranno dei brani da un inedito di Schmitt, a sua volta citato da M. Dolcetta (in un suo libro nel 2007), in un seguente, successivo post.
Andrea A. Ianniello
(1) Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/04/la-situazione-nel-del-nostro-mondo.html,
tenendo conto che vi è un refuso: si tratta di **JEFF** Sparrow, e **NON** di Jack Sparrow, il personaggio cinematografico … Ma rimane verissimo!
Occidente è, nell’analisi di Schmitt, un concetto prima difensivo e poi offensivo [si noti], ma mai ordinativo [ed ecco il “nodo”, con tali cosiddette “idee” tu NON PUOI MAI dare “ORDINE” al mondo], elaborato in chiave antistatuale e antieuropea
RispondiEliminaNON ERANO guerre civili], in un’ opposizione assoluta [e cosa vediamo?, un’opposizione assoluta, che non lascia spazio a margini di manovra] fra ‘nuovo’ (la libertà occidentale) e ‘vecchio’ (le potenze non liberali [delle quali il massimo esempio è – sempre – stata la Russia, che dunque deve sparire o dare “default” o altre modalità, le cui differenze contano poco quanto all’esito]), cioè un’ uniformità disordinata [ecco il punto: tali “idee” NON SONO IN GRADO DI ORDINARE IL MONDO; possono – solo e soltanto – produrre guerre civili a ripetizione]
E questo è quanto scriveva Guenon nel “Regno” :
"poiché è così che tutti i disordini parziali, anche quando appaiono in qualche modo come il disordine per eccellenza, sono nondimeno necessari nel concorrere all’ordine totale."
Vero ma qui non è questione di “necessità”, peraltro vi è un punto oltre il quale quale il disordine, pur necessario - che **non** significa “buono” -, produce solo altro disordine. Peraltro ciò fu esaminato dallo stesso Guénon e conta tra le molte cose di lui che non si amano citare.
EliminaCerto, la frase estrapolata dal contesto, ovvero fase finale del “Kali Yuga” e (cap. 38 del “Regno”) può essere fraintesa.
RispondiElimina“per dirla in linguaggio teologico, come strumenti «provvidenziali» del cammino di questo mondo nel suo ciclo di manifestazione, poiché è così che tutti i disordini parziali, anche quando appaiono in qualche modo come il disordine per eccellenza, sono nondimeno necessari nel concorrere all’ordine totale”.
Certo
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