“Il miraggio dell’annientamento. Quelli che attendono la catastrofe
finale, gli ammalati di febbre nichilistica, quelli che s’inebriano con sogni
di distruzione dovranno ancor attendere a lungo. Nelle tenebre da cui siamo
avvolti è più facile che ladri e assassini spaventino e versino sangue, ma il
mondo non finirà tanto presto. La violenza è all’inizio delle cose, non alla
fine. Noi proveniamo dalla violenza, ma intorno a noi regna ormai la
mansuetudine. Della violenza rimane ancora la smorfia decorativa, il
geroglifico astratto. E se il mondo dovesse finire – momentaneamente – non sarà
in una deflagrazione”[1].
Naturalmente – dalla seconda
metà degli anni Settanta del secolo scorso ad oggi – ben pochi “ammalati” di
febbre nichilistica son rimasti, nei “nostri” tenebrosi tempi.
Anche se, anche se … ma
non sarà … Non sarà che i famosi “complottisti” non siano altro che una
metamorfosi, perdente, ormai de-politicizzata, di quella perigliosa genia – che
un tempo, non lontano
quantitativamente, ma ben lontanissimo qualitativamente, si ritrovava sì
frequentemente?
Tutto ciò attraverso
mille metamorfosi? Mah.
In ogni caso, in “quel”
tempo, vi era l’illusione di una uscita facile, semplice dal disastro provocato
dalla modernità, per mezzo di una facile “catastrofe ‘finale’”, magari
realizzata da un qualche asteroide.
Si quietino, lor
signori: se mai un asteroide verrà, sarà del tutto diverso da qualsiasi cosa
essi avranno immaginato mai, ben diverso da qualsiasi romanzo, film o altra
produzione “fantasmatica” dell’umana mente. Il flusso degli eventi è sempre – sempre – indicibile nella sua realtà effettiva. Comunque, Colli parlava
della violenza politica, in “quel” tempo (in cui scriveva), e cioè la credenza –
sparita per sempre, sparita per sempre,
come neve al sole, come un sogno, ed è incredibile – che fosse possibile, con
la violenza, ottenere un cambiamento,
di qualsiasi tipo, “comunista” o “nazista” qui non interessa: non c’interessa il cosiddetto “colore” politico, c’interessa
il senso, ciò di cui era segno quella credenza.
Certo che il comportamento
umano rimane violento, ma solo ad un livello individuale: nessuno crede più
che, con la violenza, si possa cambiare qualcosa di sostanziale, ed è così,
poi, nella realtà effettiva.
“Della violenza rimane
ancora la smorfia decorativa”, come scriveva, illo tempore, G. Colli. Di qui le proiezioni, su cose di secondo,
terzo livello, su piccoli cambiamenti, di una radicalità “novecentesca” che la
gente di oggi manco sa immaginare.
Certo che la protesta
rimane, ma non toccherà mai, per via
politica, qualche ganglio radicale
del sistema.
Andrea A.
Ianniello
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