In un post precedente
vi era un link il quale dava su di uno scritto – seppur frammentario – nel quale
si parlava, in maniera “fiction”, di Seth (a Londra)[1].
E’ il caso di approfondire un po’ questo tal tema.
Poco si tien conto del
fatto (o, almeno, lo si nota poco, non traendosene le debite conseguenza) che
il padre di Ramses II (regnò dal 1279 al 1213 (o 1212) a.C.) si chiamasse Seti
I (regnò dal 1294 (o 1290) al 1279 a.C.), cioè avesse il nome di Seth nel suo
nome di faraone. Facevano ambedue parte della XIX dinastia egizia, in base alla
cronologia di Manetone, a sua volta tramandataci da Giuseppe Flavio, Sesto
Giulio Africano ed Eusebio di Cesarea.
Ma vediamo di questo
legame fra la dinastia di Seti I, e, dunque, di Ramses II, e il dio egizio Seth.
Ramses II è stato detto, giustamente, “il grande”, ma il suo successo come
governante – indubbio – molto si
adatta alla natura di Seth.
Partiamo dal fatto che
un faraone si chiamava con un nome che non era per niente “scelto a caso”, ma
che attestava sia il momento “cosmico” che, volente o non, egli comunque “incarnava”,
sia un legame speciale con certi luoghi. Dunque, che il padre di Ramses II si
chiamasse “Seti”, era un chiaro richiamo al dio Seth.
Tentativi d’imporre
Seth come dio generale della figura del faraone (“di per sé”, o “in
quanto tale”) comunque fallirono. Ma: “Seth continuò peraltro ad avere
un suo posto ben preciso nella liturgia solare. Durante il viaggio notturno di
Rē, Seth si trova sempre sulla prua della barca per arpionare il serpente Apophis
che ne minaccia la navigazione; spesso nelle immagini della cerimonia dell’incoronazione
[del faraone] Horus e Seth circondano il giovane sovrano con i simboli della
vita e spargono su di lui acqua lustrale. Son elementi che contribuisco a
portare confusione e incertezze nel delineare la figura di questo dio del quale
purtroppo mancano leggende dirette [evidentemente, erano, e sono, state
tramandate nascostamente se, in qualche modo, Guénon giunse ad “orecchiarne”
qualche brandello]; le sole nelle
quali appare, sempre in posizione di antagonista, sono infatti quelle della
mitologia osiriaca che lo vedono come nemico e assassino, o di miti e leggende
di altri dèi, e mai in posizione simpatica. Durante la lunga controversia tra
Horus che reclamava l’eredità di Osiride e Seth il fratricida, Seth strappò un
occhio a Horus che però riuscì a evirarlo [tra l’altro, vi sono anche delle precise
allusioni alle tendenze omosessuali di Seth, o, almeno, bisessuali, come
incapace di distinzioni in quell’ambito: ma qui lo si nota solo en passant]; per questo Seth era
considerato il dio sterile del deserto, contrapposto ad Osiride dio fecondatore
e verdeggiante. L’immagine di Seth entrò presto come segno geroglifico nella
grafia della parola ‘tempesta’. Molto più tardi lo scriba del Papiro Ebers
scrisse spregiativamente la parola ‘asino’ usando il geroglifico di Seth, e d’allora
tale grafia divenne corrente [considerato il controllo che il Tempio egizio aveva della scrittura (“sacra”, hieròs), non vi può esser alcun “caso”
in una tale scrittura: significa che l’asino è animale di Seth]. Quando il
consesso degli dèi assegnò a Horus l’eredità del padre, Seth ottenne in cambio ‘la
Terra rossa’, cioè il deserto, e non solo non fu sottoposto a condanna, ma
venne adottato da Rē-Harahti [Rē è un’altra grafia di Râ, il dio del sole, molto significativo] che disse: ‘ … Mi
venga affidato Seth, figlio di Nut, affinché sieda accanto a me. Egli starà con
me come un figlio e urlerà al cielo, e si avrà terrore di lui’. Era questa la
posizione di Seth nel pantheon egizio”[2].
Interessante il legame
con la tempesta – del deserto – e l’asino, in particolare “l’asino rosso”, che Guénon legò sempre a Seth. Ma,
per venir più vicino al tema, la cosa importante da sottolinearsi è che Seth “in
origine” faceva parte del consesso degli dèi, e combatteva contro Apophis, il
mostro “delle acque (primordiali [cosmiche])”,
per poi, al contrario, dopo allearcisi, come Loki combatteva i giganti dell’Est
con Thor, per poi trasformarsi in nemico degli dèi. E’ il mistero delle forze
un tempo divine che si alleano con “l’anti-divino” – mistero difficile a
sondarsi. L’essere stati separati dalla propria “eredità” è la maschera che consente
a quest’ “intenzione” antica – perché “di prima
del Tempo” – di potersi “incarnare” nel
Tempo. Come che sia ( o sia stato), ciò accadde. Della serie delle cose che “non avvennero mai,
ma sempre sono” (Sallustio). Comunque, la mente umana vacilla qualora vada
oltre una certa soglia: siamo costretti a dire “X”, dobbiamo presupporre tutto
ciò, come se fosse un assioma, indimostrabile.
Altra osservazione: nel
nostro mondo, della “parola imputtantita” (Gurdjieff), abbiamo grandissime difficoltà
nell’immaginarci – anche solo immaginarci – cosa sia un parlare “potente”: un “dio”,
se “parla”, ciò che dice diviene immediatamente. In altre parole: fra “parola”
ed “essere” si ha un’ “intercapedine” molto sottile. Oggi la parola vagheggia,
vaga, passeggia, saltella, un po’ dappertutto, agile, ma senza forza, rapida,
ma senza capacità d’influsso, che si può di questi tempi ottener solo se si “accumula”.
E deve comunque raggiungere una sua “massa critica”: se fallisce in questo,
rientra nel flusso, perché la tecnica ha trasformato la parola in mero flusso. Non
era così un tempo, lontano ormai, senza dubbio, ma rimane che non era così. Ma una
parola potente non può essere “numerosa ed innumerevole”; al contrario, noi,
oggi, abbiamo la necessità, pressoché assoluta, di “cumulare” parole per dar
loro forza. Si noti così la grande distanza fra quei tempi e gli attuali.
Dunque la tempesta (del
deserto, sabbiosa e rossa), l’asino rosso, poi altro animale è il
coccodrillo – ci si ritornerà su – e
l’ippopotamo, col suo sbagliato nome, in quanto quella massa sgraziata niente ha a che vedere con l’aggraziato
cavallo! Inoltre, è uno degli animali che, in Africa, uccidono più uomini! Tra l’altro,
in Africa proprio l’ippopotamo è usato da stregoni che vogliono, con una malìa,
far uccidere un avversario o sono stati prezzolati per ammazzare qualcuno. Ho visto,
tempo fa, un documentario in cui lo stesso documentarista, essendo giunto laggiù
coi suoi bravi pregiudizi europei, non credeva in questo fatto, ma i fatti lì
visti ne hanno incrinato, poi, questa sua credenza europea. Si vede uno
stregone africano che cerca il “pupazzetto” che funge da catalizzatore della
malìa fatta da uno stregone malefico, avverso a quel villaggio in cui molte
morti da parte d’ippopotami si andavano verificando, un po’ troppe anche per l’Africa.
Molto interessante che faccia vedere lo stregone che si trasforma, emettendo
strani singhiozzi e piccoli urli “strani” – eh, va visto, non ne ricordo il
titolo, difficile ridire come sia –, perché è una rara volta in cui si vede
qualcosa di vero, non per i “turisti”, non per gli europei
e nordamericani. Poi, lo stesso documentarista si sorprende quando lo stregone
individua il “pupazzetto”, la “bambolina”, e la gente, cercando di estrarla da
sotto una capanna, e non riuscendoci, chiede aiuto anche a lui, e cioè al documentarista.
Ed egli dà loro una mano, ma il pupazzetto fa resistenza: si rifiuta di essere
strappato; questo mette in crisi il documentarista, che alla fine non sa che
pensare. Naturalmente, tornando da noi, in Europa, ritornerà a “non credere”,
come si dice qua, a dimostrazione del cumulo di pregiudizi che hanno gli
europei e nordamericani quando viaggiano – di pregiudizi ne hanno anche tanti
altri popoli, a cominciare da quelli islamici, per non parlare dei cinesi –: in
realtà, tutti hanno pregiudizi. Quando dico che un “europeo” o un “nordamericano”
ha un “pregiudizio”, intendo qualcosa di molto preciso: ha un pregiudizio al
riguardo del lato “magistico” della vita. Noi viviamo, infatti, dentro un mondo
che rende queste cose poco
credibili; in quel villaggio africano, la sera, queste cose appaiono ben altrimenti credibili!! E chiaramente
non mi riferisco a quella che Guénon
chiamava – con un’ironia che credo molto pochi percepiscano, perché è come “parlare
a suocera perché nuora intenda” – la “stregoneria delle campagne”, che ai suoi
tempi ancora c’era, ma già molto indebolita, ed oggi è ancor più evanescente, ma
mi riferisco, invece, a dei mondi dove il “contatto col mondo sottile” vi è ben
altrimenti rimasto forte, pur se anche lì
in decadenza. Ma in uno stadio anteriore, precedente, della decadenza pressoché
totale che c’è stata qui, da noi, nell’Europicina (“de Canistris” …). Vi è,
dunque, una differenza relativa,
nell’ambito della “potenza”, che non
è affatto uno scherzo, e va considerata, con attenzione.
Ma torniamo al nostro
tema.
Ora lo stesso Ramses
II, pur venendo da “radice sethiana”, non riuscì mai ad imporre il culto di Seth. Una ragione, detta dall’autore
appena citato, si è che Seth era stato scelto dagli Hyksos (ca. 1650 – 1550 a.C.
– ma è disputato, forma grecizzata dell’originario egizio: “Heka khasut”),
che si erano comportati molto male in Egitto[3].
Ma ciò è molto insufficiente: in
realtà, come s’è brevemente cercato di dire, vi è “dell’altro” …
Nondimeno un’osservazione
giusta Cimmino la fa: “Quando gli Hyksos divennero padroni del Delta e forse di
parte del Medio Egitto fecero di Seth il loro dio, probabilmente per alcune caratteristiche al cananeo Baal, pretendendo
d’imporlo come dio unico o almeno come il più importante. La cacciata degli
Hyksos e la rapida ascesa di Amūn di Tebe segnarono ancora una volta l’eclisse
di Seth”[4].
Insomma, Seth ha delle similarità con Baal,
e questo è interessante[5].
In una parola: è una “chiave”
importante, senza che l’autore ne fosse consapevole.
Poi Cimmino dice che Seth
era poco adorato, non è proprio esatto[6].
Vi era Kom Ombo (od Ombos), dove Seth era adorato, in un suo aspetto.
“Kom Ombo – anticamente Ombos e nubet
– nel nômo di Qenset, a metà strada
tra Edfu ed Assuan. Vi si ritrova ancora un tempio [appunto, il tempio di Edfu]
(costruito da Hatshepsut e Thutmosi iii,
e riedificato sotto i Tolomei) anticamente consacrato a Sobek, ma la cui ultima disposizione [quella tolemaica] presenta un’interessante particolarità.
Infatti il carattere di
questo tempio è la dualità: esso è diviso in due parti parallele (accostate),
ciascuna delle quali ha il proprio portico e il proprio santuario, ed è
consacrato a un doppio simbolo: il principio Sethiano e il principio Horiano,
che d’altronde sono spesso associati sotto il nome di Neter-uy, ‘i due Neter’. Essi
sono i due aspetti della Luce Universale cui l’oro – nub – è spesso assimilato: l’aspetto oscuro, materializzato, fisso,
contratto, satanico, Seth; e l’aspetto
irradiante, spirituale, sottile, espansivo, Horus.
Occorre notare che l’antico nome del Neter
di Ombos era Nubty, che può voler
dire ‘quello di Ombos’, ma anche ‘qello dell’oro’, ”[7].
Interessante notare
come, quando Maharaja Parikshit sconfisse il “Kali-Yuga”, all’inizio di questo
ciclo tenebroso che sta terminando, appunto, in una Grande Tenebra, Kali-Yuga personificato in un re shudra
che faceva le funzioni di uno kshatriya, lo shudra chiede perdono e si sottomette, dunque il re deve perdonarlo, ma ne vuol limitare la
“sovranità”; oltre a luoghi alcuni dei quali sono molto “indù”, poi gli dice d’installarsi
dove c’è loro, perché dove c’è loro ci sono necessariamente tutte le altre intemperanze
e trasgressioni del Kali-Yuga. Nella Kabbalah ebraica, poi, l’oro rosso è legato a Geburah, la “sephirah” compressiva e limitante della legge e del Rigore, per cui si ha paradossalmente che
l’argento bianco della Misericordia di Tiphèreth valga di più del rosso
oro di Geburah …. Ovviamente qui
Evola tutte leggerebbe distorcendo,
dicendo che queste sono le religioni “semitiche”, “lunari”, ma sfuggendogli fatalmente
la “legge dell’incrocio” che è la legge strutturale, basilare, fondamentale del simbolismo.
Insomma, Seth è ovunque
si voglia fissare qualcosa, anche quando noi vogliamo “fissare” in una forma
specifica un pensiero. Nessuno forma potrà mai essere il fluire del pensiero
che, appunto, è un flusso, ma veramente fissabile, se non temporaneamente. Oggi
tutti vogliono fissare, determinare, bloccare
in una forma specifica un qualcosa,
che sia pure soltanto la propria situazione economica. Se il fissare diventa di
massa, che cos’hai? Che, per la legge degli opposti, sempre presenti nella
manifestazione, se la fissazione va oltre un certo punto – ed accade pure nelle
fissazioni psicologiche, eh – tutto diventa liquido, perché le fissazioni
divengono inevitabilmente a loro volta un flusso. Si giunge così al solo
apparentemente paradossale risultato di una fissazione che rende il mondo liquido: la natura opera sempre,
infatti, con il gioco degli opposti, “impartavìllo” se potete ….
Tu puoi sì, se vuoi, “far
forza” su di uno dei due capi di un’opposizione: ma l’altro capo non per questo
sparirà, e la reazione verrà, inevitabile come quando tiri una palla da tennis
contro un muro, la palla rimbalza e torna indietro con un moto che è un misto
della forza che ha lanciato la palla e della resistenza che le ha fornito il
muro. Siamo in questa situazione: per questo lo squilibrio generato a sua volta
genera squilibri a catena. Ma la situazione è ancor più complessa, perché la
spinta non si è esaurita ancora.
Ma torniamo al flusso
principale del discorso.
Infine Sobek è, ma guarda
caso, il dio coccodrillo.
A questo punto, si
prosegue con qualche delucidazione in più sul principio naturale ch’è
simbolizzato da Seth. Antefatto è che vi son “tre mondi”, i classici tre mondi della Traditio d’ogni dove, e Seth – con Osiride, Iside, Horus – fa parte
delle funzioni del mondo terrestre. Insomma,
della natura sulla Terra, delle forze che strutturano l’operare della Natura.
Detto questo, si
continua. A quale di questi princìpi (o leggi della natura intesa qualitativamente, non come quantità, come
fa la scienza moderna e la tecnica
che n’è scaturita) corrisponde Seth, allora? Ecco la risposta: “Seth, principio di concretizzazione, fissazione,
separazione”[8]. Dunque non
solo “fissare” una determinata forma, ad esclusione delle altre, ma pure il
concretizzare di per sé – e cosa fa la scienza moderna se non “concretizzare” dei “precipitati”
tecnici e null’altro più? –, modus
operandi che oggi vediamo dominare dappertutto. Non solo fissare, ma pure
separare, che probabilmente è il lato peggiore di Seth, il lato diabolico, perché diàbolos, che è il contrario
di symbolos – vuol dire colui che separa.
Ed oggi – mercè la “potenza”
(shakti deviata) della tecnica – vi è
la più grande separazione mai vista sulla Terra, separazione dell’aspetto qualitativo, sottile, da quello quantitativo,
denso.
Andrea A.
Ianniello
PS.
Cf. “Sheth” in R. Guénon, Simboli della scienza sacra, Adelphi Edizioni, Milano 1975, cap. 20, pp. 127-131, capitolo
immediatamente precedente a quello (il cap. 21) dal titolo “Sul significato delle
feste ‘carnevalesche’”, cf. ivi, pp. 132-135, dal quale si è tratta una
frase più volte citata su questo
blog: cf.
[1] Cf.
[2]
F. Cimmino, Ramses II il Grande, Rusconi Libri, Milano 1984, p. 63, note mie fra parentesi quadre.
[3]
Cf. ivi, p. 65.
[4]
Cf. ivi, p. 64, corsivi miei.
[5]
Tra l’altro, secondo Dostoevskij, la città di Baal sarebbe Londra: “Dostoevskij
ha visto a Parigi qualcosa di rassicurante dietro la leggerezza, e a Londra
qualcosa d’inquietante dietro l’ordine. Ciò testimonia di uno sguardo umano, ma
pure perspicace. Ha visto Baal troneggiare sul Tamigi, che lo spaventava, lo
affascinava, e che prima e dopo di lui ha trovato moti autori che lo hanno
descritto”, E. Jünger, Avvicinamenti. Droghe ed ebrezza, Multhipla
Edizioni, Milano 1982, p. 110. Si tratta
(quest’ultimo libro, di Jünger, intendo) d’un libro “notturno”, nel senso che
va letto preferibilmente di notte.
[6]
Tra l’altro, parla di Ombos in relazione a Seth, ad un suo aspetto, per l’esattezza, cf.
F. Cimmino, Ramses II il Grande, cit., p. 62.
[7] I. Schwaller
de Lubicz, Her-Bak (Cecio). L’Ottava
Edizioni, Milano 1985, p. 400 dell’Appendice di documentazione, corsivi e
maiuscoletti in originale, miei commenti fra parentesi quadre. Tra l’altro, sul
nome di Ramses: “I nomi regali rivelano da una parte la natura del Principio
incarnato dal Faraone, (esempio, Râ-messes
‘prodotto di Râ’), e dall’altra il
suo ruolo simbolico nella genesi della propria terra”, ivi, p. 408, corsivi in originale. Ricordiamo che Râ è traslitterato con Rē da parte di Cimmino, ma è la stessa deità: quella che salva Seth. Ed
allora non stupisce che il “figlio di Seth”, e cioè Ramses II, abbia preso il
nome di ‘Râ’. Si tratta dell’aspetto
nefasto del Sole, il Sole “nero” – quello del centro occulto dei nazisti,
peraltro (ovvio, super ovvio, straovvio che il nazista comune e nemmeno il membro
alto del partito, ma lontano da certi centri, nulla sapesse di quest’aspetto,
quindi quando si fa quest’obiezione si dimostra semplicemente di non capir nulla)
– e cioè il Sole come quello che separa i granelli di sabbia, tutto inaridisce,
succhia via la vita dalle cose, smembra e separa ogni cosa nei suoi componenti
con andamento analitico. Eh sì, è la
ragione come analisi, la forza dietro la scienza moderna che, a sua volta, ha
creato la tecnica che, a sua volta, ha dato il potere al capitalismo che, senza
tecnica, si sarebbe limitato da tempo. E qui rimando agli studi di G. Colli –
qualche brano dei quali si è citato qua e là – sulla ragione e sul suo potere
distruttivo, che lui simbolizzava con Apollo, il suo volto arcaico, quello dell’
Iliade, dove saetta frecce distruttive. L’Apollo di prima dell’estetismo
ellenizzante tardo, l’Apollo di Veio,
per esempio, del quale si è detto in qualche post precedente, in quel tempo,
però, prima della “deviazione razionale” il cui germe sta nell’antica Grecia,
dove però vi fu arrestato da Platone ed Aristotele. E che sarebbe ripreso, ma
stavolta ponendosi nel campo “dell’utile”, come diceva Colli. Ed infine, sarebbe
stato raddensato, densificato, nel “precipitato” di “tecnica più capitalismo”,
e cioè quel che domina oggi questo mondo e lo porta al disastro, perché non può
far altro, perché può sol separare, non unire, può solo bloccare le forme, non
lasciarle fluire.
Si osservi che
il tempio di Edfu, col suo simbolismo molto “particolare”, fu riedificato sotto
i Tolomei (305 – 35 a.C.), quindi siamo in epoca molto tarda della storia egizia: ed ecco com’è potuto avvenire il perpetuarsi del culto di Seth, per
esempio per mezzo del culto del dio coccodrillo Sobek.
[8]
Cf. ivi, p. 439, corsivo in originale.
La parte finale della nota 7 è una scoperta sensazionale, un'intuizione di quelle che vengono solo se passi una vita intera a dedicarti a una cosa...
RispondiEliminaSe oggi c'è la più grande separazione mai vista sulla Terra, allora per la legge dei contrari, a breve bisogna aspettarsi un ritorno deviato del mondo sottile di nuovo integrato al denso?
In effetti, solo se ci si passi la vita su, “certe” cose vengono in mente … Cos’attendersi, chiedi. Sicuramente una “REINTGRATIO mundi”, della quale varie “profezie” trattano” – e ricordo anche il detto ermetico, dove s’interpreta I.N.R.I. (“Iesus Narzarenus Rex Iudaeorum”) come “IGNE NATURA RENOVATUR INTEGRA” (cf. G. TESTI, “Dizionario di Alchimia e di Chimica antiquaria”, Mediterranee, Roma 1980 (e successive ristampe), p. 104 –; ma, ed è **importante**, tutto ciò passerà per mezzo – ed è questa la grossissima difficoltà da capire per i moderni, **anche** religiosi – della fase di “emersione” dello “psichismo inferiore cosmico” (chi ha orecchie per intendere, intenda, in tenda e fuori …), per usare una locuzione da “Il Regno” di Guénon. Anche Guénon diceva: dal più basso, all’alto, ma **informa diversa**, non sarà, né **mai** – mai – potrà essere una “riedizione” delle passate forme, cosa **impossibile** da capirsi per i “tradizionalisti” d’ogni forma, fatta ed “appartenenza” che sia. Quindi la “REINTEGRATIO” – ed è “misterioso” il fatto – passerà per mezzo dell’emersione del “male”, che romperà quei “veli” tra sottile e denso – di cui, “en passant”, trattasi in “Maitreya e il New Age”, cui rimando –, almeno in parte li “romperà”, fratture (nella “GRANDE MURAGLIA”, sì, sono queste cose qui quelle di cui si parla) che già sono **in parte** state fatte, ma non è ancora quella “rupture” su scala superiore cui alludeva “illo tempore” Guénon “lui meme” …
EliminaIeri sera, su di una Tv locale, ho avuto modo, per caso, di veder un filmato su di una crociera sul Nilo. E, ad un certo punto, si arrivava al tempio di Kom Ombo (il “tempio delle due divinità”, Seth – nella forma di Sobek – il dio “dalla testa di coccodrillo”), ch’è piuttosto tardo, post epoca faraonica, cioè dopo che i faraoni **egizi** eran finiti e c’erano i tolemaici. Per la precisione, vi è nell’atrio un’iscrizione di Tolomeo XI (due regni, dall’80 al 58 a.C., e dal 55 al 51, sempre a.C., dal 52 assieme a Cleopatra, la famosa ultima regina d’Egitto). Siam in un periodo abbastanza tardo, per la civiltà egizia, ed dunque ciò potrebbe essere stato un “vettore” del culto del “dio dalla testa d’asino” nel “nuovo mondo” di allora, com’esso è potuto perpetuarsi, insomma.
RispondiElimina
RispondiEliminahttps://www.ees.ac.uk/the-iron-bones-of-seth
https://egyptmanchester.files.wordpress.com/2013/11/beads_coral.jpg
https://i.pinimg.com/originals/5e/eb/19/5eeb1943f3973214c41d343bd65d9f07.jpg
https://cdn.shopify.com/s/files/1/0285/6901/0308/products/815b9281-c094-497b-9df8-0e2809d5f3aa_2000x.jpg
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/85/Antaepolis.JPG
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/8/86/Q%C3%A2ou_el-Kebyreh_(Qau_el-Kebir)_(Antaeopolis)._1-5._Plan%2C_coupe%2C_%C3%A9l%C3%A9vation_et_d%C3%A9tails_du_portique_du_temple%3B_6._Plan_des_restes_de_l'%C3%A9difice_de_l'ouest_(NYPL_b14212718-1268136).jpg
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/15/Q%C3%A2ou_el-Kebyreh_(Qau_el-Kebir)_(Antaeopolis)._Vue_perspective_du_temple_(NYPL_b14212718-1268137).jpg/800px-Q%C3%A2ou_el-Kebyreh_(Qau_el-Kebir)_(Antaeopolis)._Vue_perspective_du_temple_(NYPL_b14212718-1268137).jpg
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b2/Antaeopolis_(Q%C3%A2ou_el-Kebyreh)_(Qau_el-Kebir)._1._Plan_g%C3%A9n%C3%A9ral_du_temple_et_des_environs%3B_2-6._Monolithe%3B_7-9._Bas-reliefs_du_temple_(NYPL_b14212718-1268133).jpg/1200px-thumbnail.jpg
https://i.pinimg.com/originals/82/0f/28/820f28fca3cb816bf10d7c304bda802d.jpg
Nello Speciale “Storica” – collana della National Geographic – n. 54 di agosto 2021, intitolato “La fine dell’antico Egitto”, alle pp. 144-143 si parla – con immagini – proprio di Kom Ombo. Chiaramente, l’egittologia “ufficiale” sta molto lontana da “certe” considerazioni, ma è comunque un’utile “fonte”, anche iconografica, nell’ambito della storia della parte finale dell’Egitto antico, in particolare si legge questo nella parte (della rivista citata) dedicata in modo speciale a “I templi del tardo Egitto”, ivi, p. 138 e sgg. A parte l’epoca tolemaica, è molto interessante la parte dedicata l dominio nubiano. A p. 77 e sgg., invece, vi è un sottocapitolo dedicato a “La magia egizia, un dono divino” …
RispondiEliminaMoltissime visualizzazioni di questo post.
RispondiEliminaSu Seth [Set], cf. “LUXOR e KARNAK”, National Geographic “Archeologia”, Anno 2 – n°3. RBA Italia – Milano, 27-01-2022, p. 76 e p. 80. Immagine di Sobek ed Amenofi III, cf. ivi, p. 86. A Luxor, dal II sec. d.C. il Santuario “della barca” fu usato per il culto imperiale, cf. ivi, p. 75.
RispondiElimina