lunedì 18 agosto 2025

Frasi 3 [di Gengis Khan] – “SIC TRANSIT GLORIA MUNDI” –

 

 

 

 

 

Gli xiongnu erano simili a lupi ed il lupo era il loro totem […].

È noto che i turchi ed i mongoli riconducono le proprie origini a un comune antenato mitico. Nella Storia segreta dei mongoli si sostiene, infatti, che i popoli della prateria discendono da un lupo color della cenere, e lo stesso si legge a proposito dei turchi nelle Memorie storiche degli Oguz: “Un grosso lupo dal mantello completamente grigio uscì d a un accecante fascio di luce”.

René Grousset, L’impero delle steppe”.

JIANG RONG, Il totem del lupo, , Milano 2006, p. 318, corsivi in originale.

Si noti che, fra certi popoli, non si distingueva precisamente tra grigio ed azzurro.

 

E disse Dio:

«Ecco, susciterò un popolo feroce ed impetuoso — i Caldei — che percorrerà i vasti spazi della terra per conquistare le dimore non sue. Popolo feroce e terribile, che dalla forza trae il proprio diritto. I suoi cavalli sono più veloci dei leopardi, più agili dei lupi della sera. Vengono da lontano a cavallo dei loro destrieri, veloci come l’aquila che piomba per divorare. Superano ogni altra gente nella rapina. La loro faccia è color del fuoco come il vento d’oriente; ammassano i prigionieri come sabbia; se la ridono di re e di potenti; e si fan gioco d’ogni fortezza: vi ammucchian contro un terrapieno e la prendono d’assalto».

La Bibbia, Abacuc, 1, 6-10 (600 a.C.)”.

In esergo a G. MANDEL, Gengis Khan. Il conquistatore oceanico, SugarCo Edizioni, Milano 1979, corsivi in originale.

 

 

 

 

 

 

 

Per noi lo Yassaq [o “Jassa” cioè la “Legge di Gengis Khan” cioè un misto dell’ordinamento dell’Impero mongolo più la ricezione del diritto meramente “consuetudinario” mongolo] riveste particolare importanza in quanto costituisce uno dei primo testi scritti della letteratura mongola ed appartiene al gruppo uigurico. Gli esemplari di questo gruppo son rari dopo che il lama Phags-pa per ordine di Qubilaj-Khan creò nel 1269 il nuovo alfabeto mongolo. Meglio ancora è il Lamento di Gengiz-Khan [che fa parte della cosiddetta Storia segreta, dove Gengis Khan si lamenta dei continui tradimenti del suo protettore dell’epoca[1], che fu – POI – da MARCO POLO identificato, ERRONEAMENTE, con il “Prete Gianni”]: talune sue immagini vengono annoverata tra le migliori pagine della lirica mongola, una letteratura che vanta pur sempre opere come la Storia segreta dei Mongoli, paragonabile alla Chanson de Roland. E c’è infine il Biliq, che sono i «pensieri» d’un Gengiz-Khan filosofo.

Eccone alcuni:

- Tutto è proprio, non c’è niente di sporco.

- L’uomo che ha dato la sua parola al mattino e si spergiura la sera è un uomo senza onore.

- L’uomo ubriaco è come uno che ha preso un colpo in testa: la sua saggezza e la sua abilità non gli servono più a nulla. Ubriacatevi solo tre volte al mese. Due volte sarebbe ancor meglio. Una soltanto, beh, sarà sempre più facile che rinunciare a bere del tutto. Non ubriacarsi affatto infine … ma dove trovare un uomo capace di tanto! [E, molto chiaramente, si tratta d’un detto per popoli assai bevitori!]

- L’uomo non può essere come il sole presente dappertutto. Bisogna dunque che la donna, allorché suo marito è alla guerra o a caccia, governi così bene la casa che se un messaggero o un principe o qualunque viaggiatore entra nella sua tenda la veda ben ordinata e vi possa trovare un buon pasto. Ciò farà onore al marito: le qualità d’un uomo si riconoscono dalla sua donna [quant’è vero!]

- Colui ch’è ammesso presso un superiore o un dignitario non deve mai prendere la parola prima d’esser stato interrogato, perché se parla prima lo s’interroghi è un caso che lo si ascolti; e se non lo si ascolta, egli assomiglia ad un uomo che batte un ferro a freddo.

- L’abilità d’un mercante consiste nel dar pregio alla propria merce per trarne il maggior utile. Ogni mongolo che dà lustro al proprio valore può sperare nella buona sorte.

- Il mongolo nasce sotto la tenda ed è abbattuto sul suo cavallo.

- La guerra è la prova del fuoco: bisogna immergervisi corpo e spirito come il ferro che vuol diventare spada[2]. Nel fuoco il ferro muta la sua natura sino a divenir fuoco esso stesso.

- Sulla via della ragione e dell’abbondanza sterminate sempre i vostri nemici e ricolmate di onore i vostri amici [che, poi, quel che sempre fece Gengis Khan].

- Bisogna riempire una tazza completamente, sino all’orlo

«È rimasta di Gengiz-Khan una quantità di massime e di parole di questo genere. Se volessimo riferirle tutte, se ne farebbe un grosso libro» scrive Abul Ghâzi” , F. ADRAVANTI, Gengis Khan, Rusconi Libri, Milano 1984, pp. 312-313, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre[3].

 

Invano s’è cercato il suo corpo, di violare il tabù della sua tomba. Forse perché, come afferma la Storia segreta, alla sua morte Gengiz-Khan «salì al Cielo». Il temporale gengiscanide s’allontanava per sempre lasciando sulla terra il suo epico arcobaleno, «l’arco del Gran Guerriero di lassù», come dicono poeticamente i Pigmei.

Peccato che la gloria sovrumana del suo secolo:

Gengiz-Khan,

abbia solo curvato il suo arco contro le aquile …’

[Mao Tse-tung]

Ma l’Europa non aveva finito di tremare”, ivi, p. 331, corsivi in originale. Ci fu l’Orda d’Oro di Batu Khan, infatti, che giunse sino in Ungheria, sconfisse i teutonici, quindi siamo nell’epoca di Federico II – che, tra l’altro, aveva fondato, appunto, l’Ordine Teutonico … –, e Luigi il Santo, Re di Francia.

 

La rivoluzione culturale di Mao, a differenza di quella sovietica, ha invece consentito che nella Mongolia Interna ed in altre regioni della Cina rossa si perpetuasse il culto di Gengiz-Khan.

[…] molti son i villaggi che ancora si vantano d’aver dato i natali al Conquistatore. E diventa difficile riconoscere nella pacifica indole dei […] cittadini i discendenti d’uno dei popoli più bellicosi della storia […]. Ma nei silenzi degli altipiani di steppe degradanti verso il deserto del Gobi, nella squallida solitudine di fossili che stanno lì a ricoprirsi di tempo che passa, si respira il retaggio di tanta potenza passata”, ivi, p. 337, corsivi in originale, grassetti miei.

 

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Il Cielo ha abbandonato la Cina a causa della sua superbia e del suo lusso eccessivo. Ma io, vivendo nei deserti del Nord, non ho passioni sfrenate. Io odio il lusso ed esercito la moderazione. Ho soltanto un abito ed un sol cibo. Mangio lo stesso cibo ed indosso gli stessi stracci dei miei mandriani.

Io guardo al popolo come mio figlio, m’interesso agli uomini di talento come fossero miei fratelli. Noi concordiamo sempre nei nostri principî, e siamo sempre uniti da reciproca stima. Negli esercizi militari io son sempre in testa, e in tempi di battaglia non sono mai indietro. Nello spazio di sette anni son riuscito a compiere una grande opera, e ad unire tutto il mondo in un Impero … Io credo che fin dai remoti tempi dei nostri shan yü un così vasto impero non si sia mai visto.

Ma come la mia missione è alta, così pure gli obblighi incombenti su di me sono pesanti; ed io temo che nel mio governo possa mancare qualcosa.

Per attraversare un fiume fabbrichiamo battelli e timoni.

Parimenti noi invitiamo uomini saggi e ne scegliamo consiglieri per tener l’Impero in buon ordine. Fin dai tempi in cui salii al trono io ho sempre preso a cuore il governo del mio popolo; ma non ho potuto trovar uomini degni d’occupare i posti dei tre kung e dei nove k’ing. Per queste ragioni io cercai; e ho capito che tu, maestro, conosci la verità e cammini sui sentieri del giusto … Desidero soltanto che tu mi lasci un granello della tua saggezza. Dimmi solo una parola ed io sarò felice.’

Da un messaggio di Gengiz-Khan al venerabile Chiu Ciang-ciun, maestro del «tao»”, ivi, quarta di copertina, grassetti e corsivi in originale. “Dimmi solo una parola ed io sarò felice” … e fu così che “IL SAGGIO” si recò - dunque -, dal “BARBARO CONQUISTATOR” …

Ma il tentativo di “conquistare ‘il’ mondo” SFUGGÌ a Gengis Khan, COSÌ COME sarebbe SFUGGITO a Tamerlano.

SIC TRANSIT GLORIA MUNDI” …

 

 



[1] Si trattava di Toghril, capo – “Wang Khan” od “Ong Khan” – dei Kerayt, o Kereyit, e che NON VA confuso con il Toghril (o Tughril) fondatore dei Selgiuchidi. Appartengono a due secoli differenti.

Sul “Lamento del khan” cf. M. HOÀNG, Gengis Khan, Garzanti Editore, Milano 1992, pp. 135-137. Secondo Grousset, sarebbe anche una fine mossa politica, di un’abilità consumata, per poter liberarsi di un capo, al quale Temujìn – al tempo non ancor proclamato Gengis Khan – aveva giurato lealtà, lealtà che rispettava, ma invece Toghril s’era dimostrato troppo volubile, troppo influenzabile. L’Impero mongolo venne proclamato nel maggio del 1206, l’anno prossimo saranno esattamente 820 anni.

[2] Cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/01/da-il-montaggio-13-punti-tratti-da-sun.html, la citazione all’inizio, “in calce” come suol dirsi.

[3] Vi è poi quella frase tratta da “Conan il Barbaro” di J. Milius, 1982, frase che si attribuisce anche a Gengis Khan: cf. https://it.wikiquote.org/wiki/Conan_il_barbaro_(film)#Dialoghi, il primo dialogo: “Ma qual è meglio nella vita?”.

 

2 commenti:

  1. Cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2020/12/frasi-di-troppi-anni-fa-ripubblicazione.html







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  2. Cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/10/alcuni-passi-sull-astrale.html







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